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L’eterno ritorno della sardina

di Marcello Veneziani - 17/12/2019

L’eterno ritorno della sardina

Fonte: Marcello Veneziani

Se leggete bene la confezione, le sardine scadono il 27 gennaio del 2020. Tra poco più di un mese. Scadranno, per la precisione, con le elezioni regionali emiliane. In fondo sono nate là, cantando una canzone nuova di zecca, Bella Ciao; si sono mobilitate per impedire la vittoria della Lega nell’Emilia rossa. Poi, certo, benché scadute potranno ancora circolare. Di merce avariata ce n’è tanta in giro, figuriamoci… Ma se l’esperienza non ci inganna, finirà come è sempre finita. Nel nulla. Ciò che nasce dal nulla finisce nel nulla, per la sua inconsistenza. Come il popolo viola, arancione, rosso, verdognolo, giallastro, giacobino, girotondino. Ne abbiamo visti di tutti i colori. Dedicavano loro inchieste, interviste, analisi generazionali, documentari alla Piero Angela e poi flop, spariti. Qualcuno ricorderà i nomi dei loro caporioni; poi finì tutto nel nulla o nel banale, salvo qualcuno che riuscì ad arrampicarsi. Quando finisce il caffè resta la posa. C’è chi per una stagione sulle barricate si garantisce un vitalizio permanente.
Qualcuno ricorderà un vecchio film di Totò, Uomini e caporali. Cambiavano i regimi ma i caporali erano sempre gli stessi, con divise diverse, look modificati, linguaggi mutati. Ma erano sempre loro a caporaleggiare. L’Eterno ritorno della Sardina. In mutate forme.
In principio fu il ’68, con i suoi gruppuscoli variopinti, metà contestatori e metà hippie, spranghe e cannoni. Ma avevano una loro spontaneità, una loro autenticità, e soprattutto contestavano il Sistema, il Potere politico, capitalistico, l’informazione, la borghesia, i parrucconi. I ragazzi contro i Palazzi.
Invece, col passare del tempo, i camaleonti di piazza sono passati gradualmente dall’altra parte della barricata, anzi del bancone. Sono diventati docenti, borghesi, a volte registi, attori e intellettuali, snob e chic o figli di snob e di chic. La parabola arriva fino alle sardine che – unico movimento di piazza al mondo – non vuole il cambiamento ma lo teme e lo combatte; non attacca il governo in carica, non attacca i media dominanti e i giornaloni di regime, non attacca i potentati interni e internazionali, non attacca la Chiesa e il Papa, non attacca il mercato globale o il capitalismo. Ma attacca chi li attacca. Ovvero se la prende coi sovranisti, con quel pesce rombo di Salvini, con quella triglia della Meloni. Cioè si oppone alle opposizioni. Un tempo li avrebbero chiamati non sardine ma cani da guardia del sistema, che abbaiano e mordono a chi si avvicina alla proprietà o ai proprietari.
Ma lo fanno per prevenire una dittatura, dicono i pescivendoli riuniti, spacciatori di sardine. Non vedete il loro antifascismo? Strana però una dittatura che non ha altro potere al di fuori del consenso popolare, non dispone di altra forza che quella di libere e democratiche elezioni… Le parole che usano, il lessico che adottano, i “valori” che sbandierano le sardine sono un remake del politically correct, di tutto ciò che ripetono ogni giorno le fabbriche dell’opinione pubblica riguardo alla parità dei sessi, l’accoglienza dei migranti, l’antirazzismo, l’antifascismo perenne, il femminismo, i gay, l’eurocrazia e la solita tirata contro i muri, i confini, l’odio… Lo stesso campionario di banalità. Si nascondono dietro un decalogo così scialbo e privo di contenuti che potrebbe essere scritto, che so, da Trenitalia o da Ryanair.
L’establishment canta commosso l’arrivo nelle piazze, sulla terra, di una popolazione nuova, extraterrestre, mai vista. Ma sono sempre loro, anche se stavolta si chiamano sardine; c’è dietro di loro tutto l’episcopato della sinistra, l’Anpi, la Cgil, l’elettore medio della sinistra, la compagnia cantante, il solito giro di scrittori sinistresi, l’antica compagneria del corso. Usano la mascherina di sardine. Facciamo che io ero una sardina…
Una piazza intera usa lo pseudonimo per non farsi riconoscere che è di sinistra e si nasconde dietro quei ragazzi che per ragioni anagrafiche non hanno un passato e dunque possono passare per marziani, novizi e vergini in politica. Allora la domanda non è più sulle sardine, ma sul perché per rianimare la sinistra si debba periodicamente ricorrere a questa trasfusione transgender e mutazione facciale. Il problema è che la sinistra vive ormai nel Palazzo, è una Cupola dell’Establishment, non riesce più a farsi piazza. Perciò ha bisogno di travestirsi o di nascondersi dietro qualcuno. Greta, Karola, Ursula, Olga, Liliana. Oggi si attacca alle sardine. Illusione ottica, anzi ittica.