L’Irgun è un Hamas che ce l’ha fatta
di Federico Mosso - 08/07/2025
Fonte: Federico Mosso
Le spinte, le direttrici storiche che hanno portato alla nascita dello Stato di Israele nel 1948 sono così riassumibili:
- Spinta politica ovvero il sionismo, dottrina per riunire gli appartenenti alla religione ebraica in una sola terra e così porre fine, nell’unificazione del popolo israelita tramite una Stato moderno, alla diaspora ebraica plurisecolare, antichissima.
- Spinta messianica (o teologico-razziale), di elezione e investitura divina, a supporto della spinta politica.
- Spinta migratoria delle popolazioni ebraiche in Palestina nella prima metà del secolo scorso come naturale conseguenza delle prime due spinte.
- Spinta finanziaria come mezzo per gli investimenti di terra sfruttati poi nell’industria agricola, al fine ultimo, tramite acquisto di proprietà privata, di conquistare vaste porzioni di superficie in Palestina.
- Spinta morale a seguito della Shoah durante la seconda guerra mondiale, che ha permesso e permette ancora (seppure con evidente minor forza per via dell’attualità inequivocabile) la ragione e l’assoluzione, il movente granitico all’insediamento in Palestina, tramite occupazione e conquista.
- Spinta diplomatica in sede ONU nella seconda metà degli anni’40 del secolo scorso.
- Spinta militare e di uso del terrorismo: l’uso del termine “terrorismo” non è provocazione ma ammissione diretta e schietta degli stessi fautori della lotta armata ebraica, ovvero i comandanti delle formazioni Irgun e Stern che vantano tra i loro appartenenti ben due primi ministri di quello che diventerà Stato di Israele.
Ecco, mi sono voluto concentrare sull’ultimo punto, sulla spinta terroristica, analizzando storicamente le forze clandestine, che hanno contributo manu militari alla nascita di Israele.
Questa storia inizia a Roma nell’immediato dopoguerra. Per i romani e i forestieri in visita all’Urbe: se passeggiate in via XX Settembre, nei pressi di Porta Pia dove i bersaglieri piemontesi aprirono la famosa breccia nel 1870, noterete un edificio moderno anni ‘70 la cui architettura quasi brutalista, da compound fortificato, che stride con lo spazio circostante di palazzi e ville. Quella è l’ambasciata del Regno Unito in Italia, completamente ricostruita dopo che una potente bomba distrusse la sede precedente, ubicata in una villa romana che fu dei Torlonia. A compiere l’attentato, un commando di terroristi sionisti.
UNKNOW SOLDIERS
Le radici dell’odio
Ognissanti di dopoguerra 1946, cuore di una notte di pioggia violenta sull’Urbe tra il 31 ottobre e il primo novembre. A Roma infuria il temporale. Acqua battente sulle chiese, fulmini sopra i tetti, i tuoni rimbombano tra le vie dei rioni, i bagliori del cielo svelano i volti delle statue antiche come fossero spettri. Per le strade non c’è nessuno, Roma dorme al riparo dalle tenebre fradice. Sul piazzale di Porta Pia c’è solo un vecchio curvo che arranca schiacciato dal nubifragio sotto al monumento al Bersagliere che ricorda la storica breccia.
Via XX Settembre a venti minuti dallo scoccare delle tre del mattino, tra i lampi: è come un palcoscenico dove compariranno figure in movimento nevrotico, di corsa.
Prima, una grossa auto nera a fari spenti si avvicina lenta al palazzo dell’ambasciata britannica dalle persiane sbarrate. Motore a bassi giri, parrebbe uno squalo a caccia sulla strada d’acqua. L’auto si ferma, le portiere si aprono all’unisono, balzano fuori tre uomini in impermeabile. L’auto procede senza di loro, accostando poche decine di metri più avanti. Uno degli uomini in impermeabile trasporta due grosse valigie che abbandona davanti al portone dell’ambasciata. Gli altri due fanno da palo. Sono individui agitatissimi, lo si nota da come si muovono. La stanno per combinare grossa. Il gruppetto poi lesto raggiunge l’auto in sosta, dalla quale è uscita anche la donna che era al volante. Attendono sotto la pioggia, vogliono vedere.
Un passante nottambulo rasente al muro dell’ambasciata si incuriosisce di quelle due grosse valigie abbandonate davanti all’ingresso dell’ambasciata. Quando vede che su una di esse è stato appoggiato un cartello con su scritto MINY gli scatta un campanello d’allarme, un brivido gelido lungo la schiena. Avverte il pericolo e urla al di là del cancello del palazzo. Un domestico vestito di tutto punto, un maggiordomo very british inarca il sopracciglio e con tipica flemma gli fa intendere che non capisce un accidente di italiano, mentre l’altro gesticola come un pazzo, e sbraita in romanesco. Fortuna che stava per uscire dal palazzo con la sua bella Packard diplomatica l’autista della sede, italianissimo, che capisce, e sbianca. Pure il maggiordomo capisce e i capelli gli si rizzano bloody hell! Arriva sulla scena il carabiniere di piantone nel cortile, un poco stropicciato dalle ore piccole. Subito, il bravo carabiniere ordina di abbandonare lo stabile: si mettono in salvo quasi tutti, c’è poco personale, l’ambasciatore Noel Charles è in vacanza, così come il suo staff.
Tra i lampi del temporale notturno si distingue quello artificiale, accecante, Porta Pila si illumina a giorno per una frazione di secondo. Lo spostamento d’aria manda gambe all’aria i personaggi del palcoscenico della notte di Ognissanti. E il rumore, un boato d’inferno, potente come mille tuoni, che spacca le finestre di tutto il circondario, e che sveglia la città. La pioggia non è più d’acqua ma di calcinacci. L’ambasciata è ferita a morte, la facciata è squarciata, i piani crollati uno sull’altro, si vede il suo ventre come se l’avessero presa a cannonate ad alzo zero.
I quattro del misterioso commando si sono buttati anche loro a terra, a cercar riparo dai mattoni che volano sopra le loro teste. Quaranta chili di tritolo sono tanti, che botto. Una pattuglia di poliziotti passata da lì proprio alcuni istanti dopo l’esplosione li vede e li intima alt! e poi sparano con mitra. Ma quelli se ne fanno un baffo e fuggono. Bilancio: l’ambasciata britannica è in briciole, si dovrà costruirne una nuova, e poi ci sono due feriti gravi. Poteva essere una strage infinitamente peggiore. Nei giorni successivi vengono arrestati diversi elementi sospetti. Tutti rilasciati per pressioni esterne, tranne che per uno di loro, fatto secco da una guardia penitenziaria durante un tentativo di evasione.
I giornali italiani scrivono di misteriose società segrete ebraiche. Inequivocabilmente, è terrorismo internazionale.
L’Italia sconfitta è porto di mare per gli eserciti alleati e di spie. Interessi palesi ed occulti, tornei di ombre, dalle ceneri della guerra calda sorge il fantasma della guerra fredda. La Penisola è per sua stessa natura geografica ponte verso Africa e Vicino/Medio Oriente, spartiacque Est/Ovest, frontiera Nord/Sud. La nostra delizia storico-culturale, la nostra croce geopolitica; l’Italia è un eterno terreno di scontro e di manovre oscure di forze straniere. Nel dopoguerra il nostro territorio è un trampolino, una base avanzata verso Eretz-Israel, la Terra Promessa per gli ebrei e per l’autodeterminazione del popolo israelita: sionismo, a grandi linee. In brevissimo: favorire l’emigrazione ebraica nella Palestina storica e colonizzarla ad ogni costo, sia finanziario che paramilitare, ad armi in pugno contro le popolazioni arabe lì residenti e contro gli inglesi ancora amministratori delle terre palestinesi grazie al mandato britannico acquisito dopo la cacciata degli ottomani durante la prima guerra mondiale. È un sogno politico e messianico.
Sommario in marcia di sigle, fazioni, terrorismi: al principio è l’Haganah, formazione di autodifesa ebraica per proteggere gli insediamenti dagli arabi furibondi. I kibbutz si fanno fortini. Violenze etnico-religiose si susseguono a un ritmo sempre più incandescente. Pogrom e rappresaglie, cellule clandestine islamiche della Mano Nera, il sangue scorre. Con la grande rivolta araba degli anni’30, la strategia militare dell’Haganah muta, da forza di difesa, si trasforma in forza di offesa. Haganah e britannici sono alleati nel contenere la furia musulmana, nascono le SNS Special Nights Squads per la contro insurrezione al calar delle tenebre. Death squads nella notte di Haifa. I fantasmi sbucano dalle tenebre per uccidere. La predisposizione degli israeliani alle truppe di assassini d’élite è antica. Il destino della Palestina è l’odio.
L’Haganah da una parte dei suoi membri viene visto come un movimento troppo moderato, troppo accomodante con gli inglesi, troppo socialista, troppo poco determinato. La spinta del sionismo revisionista, di visioni di Muraglia d’acciaio ebraica, di una Grande Israele biblica che inglobi Cisgiordania, Gaza, Giordania e chissà che altro, di un nazionalismo ebraico tentato dal fascismo europeo degli anni ‘30, porta alla nascita dell’Organizzazione Militare Nazionale Irgun. Morte agli arabi, morte agli inglesi che vorrebbero lasciare la Palestina agli arabi. Movimento indipendentista o terrorismo? Membro illustre: Menachem Begin, poi Primo Ministro d’Israele dal 1977 al 1983.
Con l’ascesa del nazismo in Germania e le persecuzioni contro gli ebrei in Europa la storia di Israele accelera così come i flussi migratori verso la Palestina. La stessa Germania incentiva, spinge gli ebrei tedeschi verso il Medio Oriente, lontano, anche se l’esodo è osteggiato dal mandato britannico. La seconda guerra mondiale cambia la prospettiva dell’Haganah e dell’Irgun: il momento critico impone un’alleanza coi britannici contro l’Asse antisemita, nemico comune. Emergenza Hitler: i due nemici, inglesi e sionisti, raggiungono una tregua di comodo. Ma non tutti sono d’accordo.
È il caso di Avraham “Yair” Stern, già studente di letteratura greca a Firenze, esteta dell’eros della morte, fondatore della Lehi, ricordata come la Banda Stern.
"Siamo soldati anonimi, senza uniforme,
e tutt'intorno a noi è il terrore e l'ombra della morte,
Per tutta la vita siamo arruolati:
solo la morte può congedarci dal nostro dovere".
È l’ala più radicale del sionismo armato. Gli inglesi li definiscono terroristi, altri sionisti meno estremisti li definiscono terroristi, loro stessi con orgoglio si definiscono terroristi. Il terrore è il mezzo, da diffondere macchia d’olio fino alla vittoria finale. Membro illustre: Yitzhak Shamir, poi Primo Ministro d’Israele dal 1986 al 1992. Il nemico numero uno a cui rivolgere la massima energia d’odio è la Gran Bretagna. Per raggiungere il totalitarismo ebraico in una Palestina libera dagli arabi occorre cacciare per prima cosa i vecchi padroni di Londra, con le cattive. Si ispirano all’IRA d’Irlanda, e al suo ricco bagaglio culturale di guerriglia. Qualsiasi nemico degli inglesi, può essere alleato nell’obiettivo supremo sionista, persino Adolf Hitler. Gennaio 1941, Stern scrive all’ambasciatore tedesco a Beirut. Stralci della lettera, condensati:
"Nei loro discorsi e dichiarazioni, importanti uomini di stato della Germania Nazionalsocialista hanno spesso messo in evidenza che un Ordine Nuovo in Europa necessita come requisito primo una soluzione radicale del problema ebraico con l'evacuazione. (“Un'Europa libera dagli ebrei”). L'evacuazione delle masse ebraiche dall'Europa è una condizione primaria per risolvere la questione ebraica. Tuttavia, l'unico modo in cui ciò può essere realizzato del tutto è attraverso l'insediamento di queste masse nella patria del popolo ebraico, la Palestina, e con la costituzione di uno stato ebraico nei propri confini storici.
Lehi,che conosce molto bene la benevolenza del governo del Reich tedesco e dei suoi funzionari verso le attività sioniste in Germania e nei confronti del programma sionista per l'emigrazione, osserva che:
1. Possono esistere comuni interessi fra un Nuovo Ordine Europeo basato sulla concezione tedesca e le vere aspirazioni nazionali del popolo ebraico incarnate dal Lehi.
2. È possibile una cooperazione fra la Nuova Germania e un ebraismo nazional-popolare rinnovato.
3. La costituzione dello storico stato ebraico su basi nazionali e totalitarie, unito da un trattato al Reich tedesco, sarebbe nell'interesse del mantenimento e del rafforzamento della futura posizione di potere tedesca nel Vicino Oriente".
La lettera è un’offerta di alleanza alla Germania di Hitler per combattere contro gli inglesi. Si propongono unità di combattenti ebrei per prendere parte a operazioni per conquistare la Palestina. Secondo Stern il Reich ne guadagnerebbe anche in immagine: il nazismo che si erge a fautore della libertà del popolo ebraico, aiutandolo a creare il proprio Stato totalitario in Palestina, rafforzando enormemente le fondamenta morali del Nuovo Ordine agli occhi di tutta l’umanità. Dopotutto, come si ricorda nella lettera, Hitler ha sottolineato che utilizzerebbe qualsiasi combinazione e coalizione allo scopo di isolare e sconfiggere l’Inghilterra.
È una bozza di patto con il diavolo. La Storia talvolta sa essere bizzarra, gioca pestifera, produce beffe paradossali, incroci perversi. La stella di David nera inserita su cerchio bianco in campo rosso, come una svastica da indossare con fasce al braccio, su divise nere … suggestioni naziebraiche, blasfemie. Assurde, ma oggi, 2025, così tanto assurde?
La proposta di Stern ai tedeschi rimane lettera morta. I nazisti preferiscono confabulare con il mondo radicale islamico e nazionalista arabo rappresentato dal Gran Muftì di Gerusalemme Amin al-Husseini, nemico giurato di ebrei, inglesi, bolscevichi. Indubbiamente, i musulmani in armi sono potenzialmente una forza ben maggiore rispetto a una gang criminale di pazzi sionisti, e il Jihād potrebbe dare seri grattacapi agli Alleati non solo in Palestina, ma dal Nord Africa ai Balcani di fez e bosgnacchi, dalla Mesopotamia ricca di petrolio fino ai territori d’Asia Centrale a maggioranza musulmana, addirittura fino al Belucistan dell’impero anglo-indiano occidentale, ora Pakistan. Il nemico del mio nemico è mio amico.
Yair Stern lascia questo mondo e le sue idee incendiarie nel 1942, quando agenti britannici lo scovano nella sua tana di Tel Aviv, nascosto rannicchiato dentro ad un armadio tra i vestiti appesi, lo tirano fuori per la collottola, e lo freddano a revolverate seduta stante. Stern muore, il suo clan gli sopravvive.
"Siamo decisamente lontani da scrupoli di ordine morale sui campi di battaglia nazionali. Vediamo davanti a noi il comando della Torah, il più alto insegnamento morale del mondo: cancellate – fino alla distruzione!"
Dall’articolo Terrore, del foglio di lotta clandestino He Khazit (Il Fronte), agosto 1943.
La rinnovata stagione di lotta ha la sua vittima di prestigio nell’attentato mortale al Cairo del 1944 contro Lord Walter Guinness Moyne, ministro britannico. I due terroristi colpevoli dell’agguato vengono acciuffati e fatti penzolare con le corde al collo. Trent’anni dopo le loro salme tornano in Israele con gli onori riservati agli eroi.
Con la fine della seconda guerra mondiale e dell’incubo Hitler, per il partito armato sionista dell’Irgun e della Banda Stern scocca l’ora fatidica per fare quadrato, e dare una decisa spallata alle stanche forze coloniali. Prendersi lo spazio vitale ad ogni costo. La Shoah ha plasmato il popolo ebraico, il paradosso storico che è proprio il nazismo, sterminatore del giudaismo, ad avere reso gli ebrei forti. I nazisti pensavano di cancellare gli ebrei dalla faccia dalla Terra, hanno fallito, invece di annullarli hanno creato una forza di sopravvissuti d’acciaio, temprati dalla sofferenza. Quasi un passaggio di testimone di ferrea violenta determinazione, indicibile, dai carnefici alle vittime. Risorge il popolo eletto, la razza pura non è ariana, ma è la stirpe di David. Ora, è il tempo del mito del guerriero ebraico, conquistatore e aggressivo, non più del povero ebreo, fatalista e gracile, un misero ciabattino di Cracovia o un rabbino di un piccolo villaggio baltico, un semita sperduto in cento Stati d’Europa non suoi, che non gli appartengono e dove è da sempre indesiderato e disprezzato, dove si deve togliere la kippah o il cappello di pelo shtreimel al passaggio di eserciti teutonici dagli stivali chiodati in segno di sottomissione, prima di finire in cenere. Adesso gli stivali chiodati li indosserà lui. L’attuale progetto di sterminio etnico ai fini di spazio vitale Lebensraum ebraico per l’alba della Grande Israele ha radici cresciute in tragedie novecentesche.
29 giugno ’46, le forze di sicurezza del mandato britannico della Palestina lanciano l’Operazione Agatha. Qualcuno ricorda quel giorno come Black Sabbath. Le autorità attuano una gigantesca retata, un rastrellamento volto alla distruzione delle formazioni terroristiche sioniste, per riportare ordine in seguito a continui attacchi dell’Irgun e della Banda Stern, che impazzano, rapiscono, uccidono. L’operazione non raggiunge il suo scopo controinsurrezionale. La risposta dell’Irgun è feroce. Il 22 luglio i terroristi riescono a intrufolarsi camuffati da inservienti arabi e da camerieri nel seminterrato del famoso King David Hotel, a Gerusalemme, la cui ala sud all’epoca era la sede dell’amministrazione britannica. Spingono un carrello di bidoni del latte imbottiti di esplosivo. L’ordigno è potentissimo. La detonazione squarcia l’albergo, è una ecatombe. Oltre novanta i morti. La violenza nelle strade e nelle terre di Palestina si riaccende di rinnovato furore. La “difesa preventiva” dell’Agenzia Ebraica è ora pura offensiva. Il fronte è anche estero: come abbiamo visto all’inizio di queste vicende di lotta armata sionista, in autunno tocca all’ambasciata britannica a Roma andare in briciole. Il governo di sua maestà Giorgio VI non è più in grado di mantenere il controllo del mandato. La patata bollente passa nelle mani dell’ONU. Nel 1947 si vota per il piano di partizione dei territori. Per i sionisti più accesi è solo una tappa per raggiungere il vero obiettivo del popolo ebraico, cioè la Grande Israele. E mentre nuovi Stati vengono abbozzati nei palazzi con campagne diplomatiche, sul terreno parlano le armi. I sionisti ripuliscono porzioni della Palestina dalla sua popolazione indigena. Le loro milizie sono bene armate e addestrate. Centinaia di migliaia di palestinesi vengono cacciati dalle loro case.
"La guerra ci darà la terra. I concetti di “nostro” e “non-nostro” sono soltanto idee del tempo di pace, e perdono significato durante la guerra."
Ben Gurion, primo ministro d’Israele 1948-53.
Al-Nakba, la catastrofe: l’esodo degli esiliati tramite baionetta. Il terrore è cosciente strumento strategico di conquista: i massacri perpetuati in alcune zone inducono le popolazioni delle altre zone a fuggire nel terrore. Centinaia di villaggi vengono rasi al suolo. Accadono atrocità che ricordano i ben più riconosciuti e ricordati massacri nell’ex Jugoslavia. L’odio tra le parti è ormai incancrenito, e si sfoga con violenza estrema – ma l’odio è solo un movente di facciata, perché la natura delle operazioni di pulizia etnica è strategica e ragionata: prendere spazio, subito. Il 9 aprile 1948 il villaggio di Deir Yassin viene attaccato e assediato dall’Irgun e dalla Banda Stern. Gli arabi si difendono, e per conquistarlo interviene la forza d’urto dell’Haganah, l’unità Palmach. I vincitori si accaniscono sui vinti con una carneficina senza freni. Stupri, esecuzioni di massa, bambini sgozzati, fosse comuni. Non è un episodio isolato: Duwayima, Safsaf, Lydda, Dahmash, la terra di Palestina è bagnata dal sangue dei suoi abitanti. Nomi oscuri dimenticati e nascosti nelle pieghe della Storia, come polvere sotto a un tappeto, che andrebbero ricordati, se le regole della memoria storica fossero uguali per tutti.
Il 14 maggio 1948 nasce lo Stato d’Israele, la Banda Stern ha ancora il tempo per compiere un attentato di alto livello. L’obiettivo è il conte svedese Folke Bernadotte, aristocratico di sangue reale, inviato ONU in Palestina come mediatore nella prima guerra arabo-israeliana (1948-49). Bernadotte, un uomo giusto e di pace, durante le ultime fasi della seconda guerra mondiale, in veste di diplomatico e di alto funzionario della Croce Rossa svedese, si adopera per salvare dalla morte migliaia di prigionieri ancora internati nei campi di concentramento nazisti, tra cui molti ebrei. I sionisti lo ringraziano a colpi di mitra.
Il suo piano di pace è visto come un pericolo. La sua intenzione di favorire un ritorno in patria per i profughi palestinesi è una minaccia. Il 17 settembre la jeep sui cui viaggia per le vie di Gerusalemme viene fermata da un gruppo di fuoco della Banda Stern che indossa le divise ufficiali dell’Haganah, inscenando un controllo. Lo crivellano assieme all’ufficiale francese che lo accompagna. Nonostante le parole di condanna e di sdegno, le neonate autorità israeliane garantiranno l’immediata amnistia ai killer.
Gli uomini dell’Irgun e della Banda Stern, gli unknow soldiers – i soldati anonimi, vengono poi inquadrati nelle neonate forze militari israeliane ufficiali, l’IDF, il moderno Golem. Non più terroristi, ma soldati.
Lo studio del passato permette di comprendere il presente. La Storia, nostra Signora amata e temuta, ha il vizio di ripetersi. Déjà vu storici. Gaza 2023-24-25 = Varsavia 1943-44-45. Insurrezioni schiacciate con cingoli, ghetti in fiamme. Il governo di Netanyahu sta realizzando il suo spaventoso progetto di Grande Israele, il suo Reich ebraico. L’uso di certi termini non è solo provocazione, ma ha attinenze con la Storia del Novecento, attinenze che mostrano l’indicibile paradosso di un’eredità del male, tramandata dai carnefici a vittime. È come se Hitler, con la sua spietata volontà disumana di totale cancellazione del popolo ebraico, non solo non fosse riuscito nel suo intento mostruoso, ma avesse provocato l’effetto opposto, ovvero di rendere le vittime forti e capacissime nel difendersi, militarmente, politicamente e moralmente – e questo è sacrosanto, cioè la difesa del proprio popolo dopo sofferenze terrificanti – ma quando la difesa è condotta con il massacro indiscriminato costante, l’usurpazione territoriale, la vendetta brutale realizzata quasi con gioia e la determinazione nello sterminio dei propri vicini e dei propri coinquilini, significa che sì, c’è un’eredità del male. Dal male nasce altro male, che poi si diffonde in tutto il Medio Oriente.
Ein Volk
Ein Reich
Ein Bibi Netanyahu
Il movente ufficiale di tutto questo sangue versato a Gaza è la distruzione del partito terrorista di Hamas, costi quel che costi. Un terrorista morto in un ospedale vale cento vittime civili palestinesi innocenti che si trovano nello stesso ospedale. Questa è la giustificazione israeliana: lo facciamo per combattere il terrorismo, lo facciamo per la nostra sopravvivenza, ma lo facciamo anche per tutto il mondo libero, per liberarlo dalla minaccia del terrorismo. Noi siamo gente civile dell’unica democrazia del Medio Oriente che non tollera i terroristi. Morte al terrorismo.
E in questo studio sulle radici dell’odio in Palestina ci si domanda sull’etimologia del termine terrorismo. È il metodo di lotta di gruppi e movimenti politici che vedendosi negata la possibilità di conseguire i loro fini con mezzi legali, cercano di rovesciare l’assetto politico-sociale esistente con atti di violenza organizzata. Lotta armata dunque, rivoluzionaria, per perseguire obiettivi politici o religiosi e/o di indipendenza nazionalista di un territorio dalla sovranità di uno Stato e/o di lotta di libertà e di sopravvivenza di un popolo soggiogato da altri. La differenza tra l’estremista sovversivo e il patriota si esaurisce quando il secondo vince. L’azione terroristica smette di essere tale quando ottiene la vittoria diventando azione di legittima resistenza. Il terrorista che ce l’ha fatta diventa patriota, come gli unknow soldiers dell’Irgun e della Banda Stern.
L’Irgun è un Hamas che ce l’ha fatta.