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L'Italia oligarchica

di Umberto Bianchi - 22/09/2020

L'Italia oligarchica

Fonte: Umberto Bianchi

Uno strano clima di euforia sta accompagnando i risultati che man mano, stanno uscendo dalle urne, al termine di un confronto elettorale impostato sulle amministrative da un lato e sul referendum sul taglio dei parlamentari dall’altro.
A sentir loro, han vinto tutti: a cominciare dai quei Cinque Stelle che, nonostante i disastrosi risultati a livello regionale, gongolano per il risultato referendario, assieme a quel Piddì zingarettiano che, schieratosi all’ultimo momento per il Sì, ha avuto l’unica concreta tenuta elettorale di rilievo in cinque regioni, di cui Toscana, Campania e Puglia, le più preclare e strategiche. Ma, a goder di più, è il centro-destra che vede ribaltarsi in proprio favore i risultati elettorali regionali nella maggior parte della penisola, con la novità delle Marche passate a Fratelli d’Italia e del sostenuto rafforzamento della coalizione con i risultati di Veneto e Liguria, non senza poter vantare la propria adesione alle istanze referendarie, sin dai tempi della loro iniziale formulazione e proposta. Insomma, sorrisi e champagne urbi et orbi…Ma è proprio così?
In un’Italia anestetizzata e cloroformizzata da mesi di battage sul “Coronavirus”, nessuno, a parte qualche sparuta ed inascoltata minoranza, ha avuto il coraggio o la capacità di effettuare un’analisi obiettiva sul reale significato del quesito referendario. Votando per il “Sì” , la maggior parte del corpo elettorale, ha pensato di fare un dispetto alla classe politica, tagliando i posti e, magari, cacciando via una parte di quella inutile pletora di politicanti di professione che, ahimè, affollano il nostrano proscenio politico.
Il tutto, senza rendersi conto dell’insidia nascosta dietro a questa consultazione referendaria. La prima, classica affermazione che viene propalata è che, nella maggior parte d’ Europa, sulla falsariga delle solite Germania, Gran Bretagna o Francia, gli eletti alle Camere, sono in misura minore rispetto all’Italia, dimentichi del fatto che, l’Italia non è né la Germania, né la Gran Bretagna né, tantomeno, la Francia. Il nostro è un paese che è uscito da appena centocinquant’anni, di secoli e secoli di dominazioni straniere supportate da vari stati e staterelli a caratterizzazione oligarchica, retti da casate e principati i cui privilegi e le cui prebende, si può dire furono definitivamente aboliti, solo a seguito della riforma agraria del dopoguerra.
Un sistema bicamerale con un minor numero di eletti, qui in Italia, altro non farà che ridar forza ad una tendenza mai veramente sopita nel nostro paese e che ora, invece, troverà nuovo vigore, stavolta corroborata dalle istanze globaliste. Una minor partecipazione popolare ai processi decisionali della politica, realizzata attraverso la creazione di una casta di pochi eletti e prescelti, tra persone prone ai desiderata dei grandi gruppi economici e finanziari sovranazionali, altro non farà che adeguare definitivamente (ed ignominiosamente, sic!) il nostro paese agli standard internazionali. Con una radicale differenza rispetto a Germania, Francia o Usa.
Il risultato delle elezioni regionali, rappresenta la cartina di tornasole di un’altra altrettanto preoccupante tendenza della politica nostrana. I risultati di Campania, Veneto, Puglia e Liguria, ci mostrano una sempre più spinta tendenza alla perdita di qualsiasi connotazione ideologica, di converso accompagnata ad un processo di personalistico accentramento dei poteri decisionali a livello regionale, a discapito degli interessi nazionali, che sempre più, ne escono offuscati. Personaggi come un De Luca, uno Zaia, un Toti o un Emiliano, hanno ben poco di “centro sinistra” o “centro destra”, che dir si voglia. Ma molto di personale ed esasperatamente localistico, come più volte da questi personaggi espresso in varie occasioni pubbliche.
Nulla di male a voler meglio organizzare, magari attraverso un sano decentramento, la macchina burocratica italiota. Altro è, invece, una sempre più accentuata spinta alla parcellizzazione ed al frazionamento della politica nazionale, in tante e sovente contrastanti, istanze particolaristiche di stampo regionale o macroregionale, che dir si voglia. In certe istanze autonomistiche, qualcuno crede di poterci guadagnare in benessere e ricchezza locali, senza rendersi conto che, mancando un supporto organizzativo macrocomunitario, nazionale, una entità statale di ridotte dimensioni, al giorno d’oggi più che mai, è destinata ad immiserirsi ed a soccombere.
La “dittatura sanitaria” a conduzione Piddino-Pentastellata, ha fatto da volano per una riforma in senso sempre più oligarchico della vita politica del nostro paese, accompagnata ad un suo sempre più spinto processo di localizzazione e
personalizzazione, che si accompagnano ad una sempre più decisa esclusione della gente, dai processi decisionali della politica e dell’economia.
Ride Di Maio. Ride Zingaretti. Ride il Centro Destra. Ridono felici e contenti i Poteri Forti, di fronte ad un paese sempre più asservito. Piangono, invece, gli italiani, sempre più esclusi, immiseriti, tartassati, cloroformizzati da una ossessiva cantilena buonista e “mainstream”, dietro a cui si cela una prospettiva di miseria e degrado generalizzati.