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La censura? È liberale

di Antonio Terrenzio - 24/07/2025

La censura? È liberale

Fonte: Antonio Terrenzio

Vittoria è fatta! La censura ed il boicottaggio liberale si abbattono sul più grande direttore d'orchestra Mondiale, Valéry Gergiev, al quale dopo giorni di polemiche, è stato impedito di esibirsi in un concerto in programma per il 27 di Luglio presso la Reggia di Caserta. La canaglia liberale col codazzo di giornali in quota Cairo ed Elkann hanno lanciato l'usuale linciaggio giornalistico fatto di illazioni: fondi opachi, evasione fiscale, società a scatole cinesi, ville in Versilia o in costiera amalfitana. Quanto basta per dipingere Gergiev come agente della propaganda putiniana. Niente di diverso da quello che avevamo già visto subito da atleti russi boicottati dalle Olimpiadi, corsi su Dostoevskij cancellati dalle Università, o Valentina Lisizta, pianista di calibro internazionale, che ha dovuto subire il medesimo trattamento riservato al Direttore d'orchestra russo. La propaganda dei regimi liberali e dei loro megafoni dell'informazione, non teme lo sprezzo del ridicolo e dell'assurdo se trasforma anche esecutori di partiture di Prokoviev e Stravinskij come espressione di soft power russo. Così, quel che resta della carta stampata italiana denuncia la cultura come strumento di guerra ibrida, e direttori d'orchestra, musicisti, pianisti, agenti sotto copertura di un sistema capillare che diffonde la propaganda del Cremlino. Ogni occasione o evento culturale diviene pretesto per attaccare Mosca con le accuse più imbecilli e pretestuose. Possiamo ben dire che le differenze apparenti tra i regimi liberali e le autocrazie nei metodi di censura sono saltate da tempo. Quanto più si fa contraddittoria la narrativa democratica, quanto più la boria ed intolleranza dei suoi chierici diventa insopportabile. Boria dicevamo, che non ha bisogno nemmeno di coprirsi di malafede, perché sorretta da una autoreferenzialità che è il sintomo delle élite sclerotizzate e moralmente corrotte. Come pensare minimamente di poter ancora esercitare dei distinguo tra ciò che succede a Gaza e a Sumy? Solo pochi giorni fa l'IDF ha realizzato l'ennesima carneficina su oltre cento Palestinesi in attesa di ricevere viveri. E questi pennivendoli, dal Giornale a La Stampa, i cui editoriali sui principali temi internazionali sono praticamente intercambiabili, insistono sui due pesi e due misure, strillando al Dittatore che minaccia di arrivare fino a Lisbona, o sulla minaccia di Hamas quando si parla di oltre centomila civili morti palestinesi. Ma siamo noi che rischiamo ogni volta di fare retorica sulla linea editoriale dei gazzettieri dei quotidiani liberali, che da tempo si sono venduti l'anima per non dire qualcos'altro. 
La politica, in questa cappa alimentata dall'editoria conforme, non riesce a distinguersi e ad avere scatti di orgoglio. Nel caso del boicottaggio di Giergiev, PD e FdI si sono mestamente allineati al coro di falsa indignazione per l'organizzazione dell'evento. Il Savonarola ex sindaco di Salerno, ha prima difeso la posizione di difensore della libertà di espressione artistica e della cultura come veicolo di dialogo tra i popoli, per poi cedere alle pressioni degli organi di potere menzionati. Il MdC Sandro Giuli non ha nemmeno provato una resistenza di facciata e si è subito accodato al coro di coloro che invocavano la censura. Segnali che rivelano come il clima resti ancora pesante, e che se con l'elezione di Trump speravamo si potesse muovere qualcosa, il conformismo a certi diktat del pensiero unico rimane inscalfibile. In Europa appunto, vige ancora una "cappa" per dirla con un libro di Marcello Veneziani, che detta i canoni conformistici ai quali adeguarsi, siano questi i dettami culturali o la linea da adottare in poltica estera. A questo punto non sappiamo se sia più per opportunismo da piccolo cabotaggio, codineria intellettuale, o ragioni di real politik che abbiamo facilità ad immaginare ma non a giustificare, data la composizione politica dei Governi Europei ed i poteri finanziari ed economici che regnano a Bruxelles. Possiamo stare certi che le provocazioni e gli attacchi dell'apparato mediatico-giornaliatico continueranno nella loro ferocia contro il nemico russo con pretesti sempre più demenziali, ricusando qualsiasi tentativo di mediazione e spingendo per un riarmo ed un intervento diretto dell'UE contro il barbari alle porte. Altri eventi culturali, concerti, iniziative di  ritorno ad un dialogo saranno fatti sabotare dai manutengoli dell'editoria di potere. Anche a Bologna, un pianista ucraino filo russo ha subito il medesimo trattamento e gli è stato impedito di esibirsi per le stesse ragioni di Giergiev. "Perle ai porci" è stata la reazione di Maria Zacharova che giustamente ha sottolineato come ormai ci sia una propaganda russofoba che dai banderisti di Kiev arriva fino al Quirinale. Una classe politica ridotta a ruota di scorta, che ha abbandonato ogni velleità di azione, se non quella dettata da chi l'ha ridotta a soggetto eterodiretto dai guerrafondai europeisti. Intanto una lezione alle società aperte e liberali, arriva propria dalla Russia, dove il remake del film "Il Maestro e Margherita", ha avuto un chiaro richiamo alla politica attuale russa, con riferimenti al carattere repressivo del Cremlino, sotto la metafora del capolavoro letterario di Bulgakov. Il film ovviamente ha suscitato forti critiche dal potere centrale, ma intanto non è stata vietata la visione, segno che molti pregiudizi e stereotipi sulla mancanza di libertà di espressione e di dissenso nella deprecate autocrazie, vanno quanto meno rivisti e sganciati dalle facili dicotomie (Democrazie= società libere; Autocrazie= sistemi repressivi). Quisquilie per i fanatici dell'ortodossia liberale la cui corruzione intellettuale è pari solo alla loro nullità morale.