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La Fabbrica della manipolazione

di Enrica Perucchietti - 16/07/2022

La Fabbrica della manipolazione

Fonte: Italicum

Intervista a Enrica Perucchietti, coautrice con Gianluca Marletta del libro “La Fabbrica della manipolazione”, Arianna Editrice 2022, a cura di Luigi Tedeschi.

1) Il bipensiero è una dissociazione mentale mediante la quale il potere impone una propria verità totalizzante alle masse, a prescindere dalla sua verifica nella realtà. Tale tecnica di manipolazione tuttavia non mi sembra un prodotto originale della tecnocrazia oggi imperante a livello globale. Anzi, il bipensiero ha la sua origine e la sua legittimazione nel contesto dell’ideologia liberale, quale ideologia del progresso illimitato. Infatti, lo stato liberale non si identifica con la democrazia. Il pluralismo non è dunque solo apparente e strumentale? Tra le varie opzioni politiche in contrasto, non vi è sempre una idea che di per sé è destinata a prevalere al di là del consenso popolare, in quanto progressista, democratica e liberale, rispetto ad altre oscurantiste, reazionarie e illiberali? La stessa idea di tolleranza, non si rivela ideologicamente una forma di indulgenza verso idee e persone definibili “terrapiattiste”, in quanto fuori dalla storia e quindi non compatibili con l’idea di progresso neoliberista e tecnocratica?

Mi spingerei ancora più in là nel tempo, nel senso che la strategia di manipolare e falsificare la verità arrivando al punto da generare una vera e propria dissociazione mentale o persino una schizofrenia cognitiva è una modalità innata al potere: imporre la propria ideologia, attraverso tecniche di condizionamento mentale. In fin dei conti il bipensiero serve per impedire che i cittadini pensino liberamente ed esercitino la propria coscienza critica. Oggi questa modalità va ben oltre grazie, proprio come immaginato da Orwell, anche alla neolingua. Il linguaggio viene ridotto all’osso, le parole diventano gusci vuoti, ideali per veicolare i concetti del bipensiero, che in continuazione si possono cambiare, ribaltare, negare, sconfessare. Proprio come si livella la coscienza e si sradica l’identità della persona, “riempiendola” con i precetti del potere, così si svuota il linguaggio impendendo alla persona di avere ancora delle parole per pensare. Il livellamento ideologico avviene oggi con sempre maggiore facilità, in quanto l’individuo è abituato fin dall’infanzia a plasmare i propri interessi, i propri pensieri e le proprie azioni su ciò che gli è richiesto dal sistema. L’individuo, cioè, attraverso una forma di mimesi, si identifica con la società come parte del tutto. Tale identificazione lo conduce però all’alienazione e a essere inghiottito dalla società stessa.

2) Il progresso tecnologico ha determinato un divario di conoscenza incolmabile tra le masse e le élites tecnocratiche dominanti. L’invasività tecnologica oggi domina la vita privata degli individui. La tecnologia, legittimata dall’autorità scientifica, ha creato una società soggetta ad una etero direzione oligarchica. La subalternità consensuale delle masse non ha la sua origine nel sostanziale indifferentismo etico interiorizzato da decenni dai popoli, dato che qualunque decisione (anche della vita privata), viene delegata ad autorità esterne che impongono direttive totalizzanti? E’ giunto quindi al suo definitivo compimento il disincantamento del mondo teorizzato da Weber, cui parallelamente fa riscontro la scomparsa del taumazein (meraviglia), platonico, dato che ogni anelito alla conoscenza viene stroncato sul nascere da risposte già programmate e non sussistono più dubbi e dissensi di sorta, in virtù dell’autocensura spontanea degli individui?

Da un lato siamo immersi nella datacrazia: tutto è dato, algoritmo, informazione. La diffusione sempre più pervasiva delle tecnologie digitali sta radicalmente trasformando la società che è anche sempre più passiva e deresponsabilizzata. L’atteggiamento paternalistico del potere ha spinto milioni, miliardi di persone ad abbandonarsi acriticamente all’autorità, affidando la propria vita in maniera passiva, comprimendo le libertà in e sostituendo i princìpi democratici con dispositivi basati sulla biosicurezza e sul biopotere. Dall’altra le sempre maggiori difficoltà di vita (economiche, sociali, politiche) tengono distratte le persone che per comodità e per semplicità si abbandonano nelle mani del potere, delegando a esso le proprie scelte. Infine, si è gradualmente sottratta agli individui la meraviglia, illudendoli di avere tutto a portata di mano, senza il bisogno di informarsi, di fare ricerca, di interrogarsi. Per creare cloni omologabili che pensano e agiscono tutti allo stesso modo si è distrutta la scuola, livellato l’insegnamento, si sono imposti modelli di riferimento sempre più mediocri, grezzi e volgari e si sono convinte le persone di avere tutte le informazioni a portata di click (pensiamo a wikipedia).

3) la pandemia ha senz’altro accelerato i processi evolutivi della società neoliberista e tecnocratica già in atto. Il totalitarismo sanitario impostosi con il terrorismo mediatico atto a suscitare uno stato di angoscia collettiva, non ha generato una concezione patologica della vita stessa? È stato altresì criminalizzato il dissenso, configurandolo come una patologia. Si è invocata la salvezza dalla scienza. Sulla base ideologica positivista, la scienza non si è sostituita alla religione, quale nuova rivelazione salvifica? Così come nei secoli passati si faceva ricorso alla religione per la redenzione dal peccato. La patologia oggi non si identifica con il male, con il peccato? Quindi, se per la religione il dissenso rappresentava il male e l’eresia doveva essere estirpata, per la scienza il dissenso è una patologia che può essere curata con il ricorso a misure terapeutiche. Ma mentre la religione faceva riferimento ad un orizzonte trascendente la vita umana, la scienza non dispone di tecniche di manipolazione assai più pervasive e repressive perché fondata su analisi di dati tecnologici, statistici e matematici, comunque di immediata percezione, al di là della loro fondatezza? Dio è invisibile, mentre invece il progresso ha prodotto il culto dell’immagine virtuale che si sostituisce alla realtà.

La pandemia da Covid-19 ha svelato come i germi di un cambiamento di paradigma – una mutazione sociale, economica, politica e antropologica – fossero in potenza nella nostra società, pronti ad affiorare alla prima emergenza globale (in questo caso sanitaria). La paura per l’emergenza sanitaria ha portato alla costituzione di una specie di psicopolizia in cui i cittadini hanno vestito con solerzia i panni dei delatori, pronti a segnalare chiunque, secondo i parametri del catechismo scientocratico, non rispettasse le norme. Abbiamo assistito a una esacerbazione del clima di terrore che spinge la popolazione ad adottare comportamenti di sottomissione che ricordano gli effetti inquietanti del celebre esperimento di psicologia sociale condotto nel 1961 dal professore statunitense Stanley Milgram, che indagò sul livello di obbedienza di persone a cui veniva ordinato di fare del male ad altri esseri umani con l’elettroshock. L’esperimento Milgram dimostrò che è probabile che le persone comuni, dietro gli ordini impartiti da una figura autoritaria, arrivino a fare del male a un altro essere umano innocente fino al punto di ucciderlo, e che l’obbedienza all’autorità è radicata in tutti noi, per il modo in cui siamo cresciuti e ci hanno educati da bambini. Il dissenso è una patologia che, come nei sistemi totalitari, si pensa di poter estirpare con qualche pillola o con qualche forma di riabilitazione psichiatrica dopo aver criminalizzato e perseguitato coloro che ne sono affetti. Chi dissente, chi esprime un dubbio, chi si permette ancora di pensare altrimenti o ancora peggio, di occuparsi di ricerca e giornalismo indipendente, è una strega moderna. È un eretico. Oggi non si possono più bruciare fisicamente i dissidenti e gli eretici (non sarebbe politicamente corretto), pertanto li si perseguitano e si censurano, impedendogli di esprimere democraticamente il loro pensiero. L’autoritarismo sanitario in cui viviamo, ci ha condotti a consolidare un nuovo culto di Stato basato sul biopotere e ad adottare uno specifico catechismo con la sua liturgia. Definendo moralmente e spiritualmente “sbagliate” le forme di critica, analisi o dissenso rispetto al nuovo catechismo e ai suoi dettami, il culto impedisce ogni confronto sulla propria validità e impedisce ai membri di indulgere in riflessioni senza cadere in “eresia”. Chiunque esprima dissenso e si macchi pertanto di eresia, viene etichettato come “nemico assoluto” in una altrettanto moderna forma di manicheismo che comporta la demonizzazione, la persecuzione e l’esclusione degli eretici dal gruppo: costoro vengono pertanto bollati come mentitori seriali, pazzi e paranoici (complottisti e NO vax), untori (in quanto non rispettano le regole perché le rifiutano). Il linciaggio del dissenso avviene rispolverando a sproposito terminologie del tutto prive di attinenza logica, come quella di “negazionista”. Il dubbio non è consentito ed è pericoloso perché può “contagiare” il resto della popolazione, portando a un calo di consenso.

4) Il predominio dell’ideologia liberale ha determinato un processo di progressiva desacralizzazione nella società. La Chiesa cattolica ha però rinunciato al ruolo di baluardo di difesa della civiltà cristiana dinanzi al dilagare del materialismo modernista. È anzi riscontrabile che da almeno 50 anni l’esigenza primaria della Chiesa è quella di adeguarsi alla società laicista e progressista. La Chiesa aspira ad assumere una funzione di supporto umanitario ed assistenziale (del tutto simile ad una ONG), nel contesto del mondo globalista. Ma la globalizzazione non è un simposio a cui la Chiesa non è stata invitata? Il processo di destrutturazione spirituale della Chiesa è evidente. L’universalismo è stato sostituito dal cosmopolitismo, la salvezza dell’anima dalla salute corporea, la trascendenza dall’umanitarismo, la dimensione ultraterrena dal globalismo, la carità cristiana dalla solidarietà, la conversione dei popoli dall’assistenza. Sui temi del gender e dell’LGBT il suo atteggiamento è spesso ambiguo. A proposito, il cyber uomo sarebbe dotato di anima o no? Non appare quindi verosimile l’ipotesi di una progressiva scomparsa del Cristianesimo in Occidente? O di una sua graduale dissoluzione in un umanitarismo di matrice culturale modernista – immanentista?

Sì, ne parlo e ne scrivo da anni nell’indifferenza di chi preferisce non cogliere i segnali ormai macroscopici dello smantellamento interno della Chiesa che sta spianando la strada a un culto progressista, ambientalista, politicamente corretto, fintamente inclusivo, che possa fungere da stampella all’ordine nuovo che si vuole costituire. Dopotutto, nel bene e nel male, le religioni si sono poste spesso come ostacoli all’unificazione, omologazione e spersonalizzazione dell’umanità, andavano quindi abbattute, strumentalizzate, cooptate per potere perseguire gli obiettivi del mondialismo. I poteri che controllano la società contemporanea si sviluppano da un alveo ideologico fortemente anti-religioso; inoltre, un potere globale non potrebbe accettare di “condividere” il dominio sulla mente e sul cuore degli uomini con altri poteri. Infine, più d’ogni altra cosa, le religioni tradizionali (e soprattutto quelle del ramo abramitico, come il Cristianesimo e l’Islam) difficilmente avrebbero potuto – almeno un tempo – digerire l’obiettivo di un’umanità sradicata, privata dei corpi intermedi come la famiglia, asessuata, transgender, dimentica delle proprie radici. La strategia più efficace per disinnescare il problema delle religioni è stata quella di svuotarle dall’interno. Rendere la religione un “guscio vuoto”, incapace di veicolare un messaggio spirituale capace di informare di se il mondo, appiattirla su dimensioni orizzontali o esclusivamente mondane, può essere un mezzo ben più efficace di distruzione. E proprio questo sembra essere avvenuto negli ultimi decenni: perché l’arte della manipolazione è efficace sia sui singoli che sulle masse ma, di fatto, ha dimostrato di esserlo anche riguardo millenarie istituzioni come le religioni. Quando si parla, al giorno d’oggi, di disintegrazione della religione, la mente non può non andare, prima che altrove, allo scenario offerto attualmente dalla Chiesa Cattolica: una religione che, fatte salve alcune isole di resistenza, appare ridotta ad una sorta di ONG post-confessionale, appiattita su un piano orizzontale e incapace di comunicare qualsivoglia messaggio spirituale. Questo naufragio, che oggi sembra giunto al suo culmine, ha in realtà una lunga storia alle spalle che ripercorriamo nel libro.

5) L’avvento dell’era digitale si rivelerà una nuova e più avanzata distopia elitaria. Emergerà una nuova oligarchia detentrice del potere economico e tecnocratico, cui farà riscontro la proletarizzazione dell’intera società. L’ideologia del progresso illimitato è dalle sue origini animata dalla hybris, quale anelito dell’uomo a oltrepassare i limiti della condizione umana. Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale condurrà al transumanesimo, inteso come potenziamento tecnologico illimitato delle facoltà umane e al postumanesimo, quale radicale ibridazione tra l’uomo e la macchina. Transumanesimo e postumanesimo non sono comunque, secondo me, assimilabili a quell’aspirazione antica quanto l’uomo, di identificarsi e sostituirsi al Dio creatore, quale origine e significato ultimo della vita umana. L’uomo che volle farsi Dio delle utopie dei secoli trascorsi, si identifica nel mito, nell’idea di trascendere se stesso, mentre il transumanesimo è il risultato di un processo evolutivo che si attua nella riproduzione sempre più potenziata dell’identico. La sacralità del mito è degenerata in virtualità mediatica. Transumanesimo e postumanesimo non sono utopie che implicano l’idea di un irraggiungibile modello di perfezione della condizione umana emendata dai suoi mali. Sono invece espressione di mera volontà di potenza. Rappresentano l’esito finale di uno sviluppo evolutivo di carattere neodarwiniano. Il progressismo presuppone una concezione deterministica della storia, intesa quale sviluppo meccanicistico necessario e illimitato che esclude ogni finalità etica. Afferma Alexandr Dugin: “La scelta di uccidere Dio era stata già fatta, la morte di Dio è alla base fondamentale della modernità, ma oggi c'è un'altra scelta: uccidere l'uomo”. La deriva postmoderna, connaturata all’ipercapitalimo, non ha quindi il suo epilogo nella catastrofe nichilista, nella decomposizione della natura umana? Cosa pensi a tal riguardo?

Concordo, anche perché, come già mostravo in Cyberuomo (Arianna Editrice), le origini del trasumanesimo affondano nel darwinismo sociale. Come osservavi, il “titanismo” (e più in generale l’hỳbris) è una caratteristica fondamentale per inquadrare il transumanesimo e il post-umanesimo. L’impressione è che oggi l’Uomo tenti volutamente di umiliare il divino e la Natura ponendosi contro di essi con un atto di orgoglio, senza però pensare alle possibili conseguenze. È come se fossimo nelle mani di giovani Icaro attratti dall’anelito dell’infinito o sedotti dal canto delle sirene della tecnica. Il sogno prometeico che ha sedotto l’Uomo è quello di abbattere la natura, potenziare il corpo, cambiare il proprio destino biologico e trascendere i propri limiti. Ciò avviene perché ci troviamo dinanzi a un pensiero scientista che ha cancellato l’anima, riducendo la coscienza a dati, a mente. Qua nasce l’ossessione dell’Uomo, di strappare alla Natura il privilegio di creare e divenire egli stesso creatore, di fabbricarsi un proprio universo, di superare i limiti imposti dalla propria specie ed essere egli stesso Dio. L’uomo, però, come osservava Günther Anders, è anche arrivato a invidiar le cose che produce, come se questo fossero perfette a differenza dell’Uomo stesso che le fabbrica. Insisto anche sull’importanza che ha il corpo (a discapito dell’anima) per mostrare come il transumanesimo abbia estremizzato la svalorizzazione platonica/gnostica/neognostica del corpo mirando a superarne i confini umani e a potenziarlo tramite protesi/impianti cibernetici fino alla sua completa sostituzione tramite dispositivi antropomorfici. Questo è un punto chiave del transumanesimo: l’uomo è corpo, è mente, non ha più un’anima, e deve escogitare dei modi per poter sopravvivere e potenziarsi lasciando fuori qualunque culto, religione, iniziazione, misticismo. Qualunque anelito per l’infinito. Il tecno-progressismo da un lato esalta l’applicazione della tecnologia come il mezzo per risolvere tutti i problemi dell’Uomo (compresi la vecchiaia e la morte), dall’altra si pone come una versione moderna dello gnosticismo. Se per gli gnostici la redenzione dell’anima coincideva con la liberazione dal corpo/prigione, il transumanesimo ne eredita la visione di fondo riducendo però l’anima a mente e la mente a “informazioni”, come conferma lo scrittore Mark O’Connell nel suo Essere una macchina: «Il transumanesimo viene talvolta inteso come una rinascita contemporanea delle eresie gnostiche, un modo di ripensare in termini parascientifici un’idea religiosa». L’esclusiva valorizzazione dell’anima si è infatti gradualmente involuta in quella che oggi è la “mente”: il corpo è inteso come un orpello interscambiabile, modificabile attraverso la chirurgia e nel prossimo futuro attraverso gli impianti dermali. Se siamo qualcosa, per i transumanisti siamo “informazione” e il substrato che contiene la mente è inferiore al suo contenuto che può per questo essere replicato e trasferito indipendentemente dal sostrato. Questo processo è figlio dell’epoca, dell’attuale involuzione culturale e antropologica che stiamo subendo e del distacco da qualunque forma di spiritualità, della decadenza della nostra società che è finita per aspirare a diventare, in virtù del “dislivello prometeico”, una macchina. Abdicando all’essenza stessa dell’essere umano.