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La miseria dei censori di regime

di Antonio Terrenzio - 12/12/2025

La miseria dei censori di regime

Fonte: Antonio Terrenzio

L'ennesima farsa dei progressisti da salotto è andata in scena alla fiera del libro "Più libri, più liberi". L'appello miserabile lanciato da 80 firmatari tra giornalisti di regime, storici social, intellettuali bolliti e fumettisti mediocri, arriva puntuale in ogni occasione che veda l'editoria non conforme farsi spazio con la forza delle idee come la "Casa editrice Passaggio al bosco". È un rito collettivo che serve anche a rinsaldare i ranghi di una intellighenzia che fa nell'antifascismo in assenza di fascismo la propria ragione d'essere. Tra i firmatari colui che spicca di più è lo storico Alessandro Barbero, che tradisce il compito primo di ogni storico: quello di guardare ai fatti storici senza faziosità e con distacco ideologico. E non è un caso che sia stato anche colui che ha ricevuto i commenti più negativi da parte del pubblico che contrariamente alla boria progressista, è meno stupido di come pensano, e sa riconoscere dove si nascondono l'ipocrisia e l'impostura. 
Dicevamo, tale rito di indignazione collettiva serve da una parte a consolidare il ruolo di guida morale dell'intellighenzia progressista che altrimenti si eclisserebbe, e dall'altra a ricompattare la base del gregge idiota di chi canta "Bella ciao" ma poi nega spazio a chi la pensa diversamente. A ciò si aggiunge l'ignoranza e la stupidità conclamata di chi per esempio, alla domanda di un Giubilei:"Ma in altri stand ci sono libri di Josip Stalin?" si sente rispondere:"Ma in Italia c'è stato il Fascismo!". È naturale che prima o poi questo tipo di retorica demenziale quanto intrisa di malafede vada a scontrarsi con l'opinione della gente normale, che più aumentano le manifestazioni di intolleranza e di volontà di reprimere le idee altrui, più si indigna con il risultato opposto a quello immaginato dai professionisti dell'antifascismo, con la pubblicità regalata a "Passaggio al Bosco" che sbanca nelle vendite, e con la diffusione di quelle idee che si volevano boicottare.
La pantomima andata in scena al salone del libro, con stand coperti a lutto e processione di quei trecento imbecilli che hanno sfilato davanti agli stand di case editrici di destra, intonando "bella ciao" e "fuori i fascisti dalle università, dalle scuole e dalle fiere" serve da sola a descrivere il livello degli astanti e dei guitti che li capeggiano.
Chi dice "con i fascisti non si parla" è un coglione in partenza e qualifica il livello intellettuale di chi pronuncia una frase del genere. Ricordo sempre la frase di Indro Montanelli per il quale: 
"il male assoluto esiste solo nella mente di chi lo concepisce". Il fascismo si è macchiato di crimini così come il Comunismo e come le Democrazie liberali che per durata storica l'hanno anzi superato. L'etichetta ideologica "Antifascista" è il grimaldello moralistico di chi ha idee deboli e che ha bisogno di negare l'esistenza dell'altro per darsi una sostanza ideologica. Chi scrive non negherebbe mai a chi la pensa diversamente di esprimere le proprie idee per quanto detestabili risultino, perché pensa che la soddisfazione di vincere o anche di perdere in un confronto dialettico sia un'occasione irrinunciabile di crescita personale e politica. Ma alla stragrande maggioranza dei liberal-progressisti non interessa tutto ciò. Vedono l'altro come un mostro da eradicare e spesso e volentieri la proiezione immaginaria di tutte le loro insicurezze e paure, una sorta di capro espiatorio di Girardiana memoria per rinsaldare il vincolo collettivo della tribù. 
Oggi infatti cos'è la sinistra se non una tribù, o anzi una setta impermeabile al confronto con l'altro? E questa impermeabilità è portata avanti nel nome della democrazia e dell'"intolleranza dei tolleranti", la mega supercazzola di Popper, un cortocircuito ideologico che non a caso a mandato in tilt la narrazione dei sinistri. Ma di liberale rimangono solo le categorie dell'individualismo economico e dell'edonismo consumistico, mentre nel metodo i pretoriani della correzione politica rimangono dei marxisti-leninisti che vedono in chi ha idee diverse rispetto alle categorie del globalismo dei nemici da silenziare, da emarginare ed in estrema ratio da eliminare. La democrazia e la costituzione, diritti ecc, sono solo orpelli ideologici, espedienti narrativi per giustificare una propria superiorità morale talmente cieca da non vedere che sega i rami dell'albero su cui siede.
Per fortuna la propaganda progressista più si radicalizza e più perde consenso, creando emorragie e crisi di identità anche al suo interno. La sinistra più si contorce nelle sue contraddizioni più si polarizza, non comprende, o fa finta di non farlo. Accusa l'elettorato conservatore o di destra di sbagliare a non votarla o si arroga il diritto di dire cosa è giusto leggere e cosa no. 
In questo cortocircuito mediatico-narrativo finiscono vittime gli stessi censori a cui viene vietato di parlare di Russia allo stand dei Salesiani, giusta contrappasso per chi invoca di bandire le idee altrui. Alain De Benoist sostiene che in quest'epoca di "caccia alle streghe" che mette al rogo i libri e le idee come fatto da Barbero ed i suoi sodali, si finisce per essere vittime a propria volta. Ed anche in ciò si riscontra una certa analogia con il passato, solo che adesso il loro comunismo non ha il colore rosso né il volto di Berija, ma il rosé ed il volto da bambino sorridente di Alessandro Barbero o la ambagia falsamente rassicurante di un Corrado Augias. 
Tuttavia c'è da dire che nella retorica dominante qualcosa si è finalmente inceppato, se non rotto. I cordoni sanitari e gli appelli all'isolamento dei nostalgici di Mussolini e di Leon Degrelle non funzionano più e sarà quindi necessario farsi sempre più spazio, occupare quelle caselle culturali occupate dalle sinistre per diritto acquisito. Adesso è possibile rompere quella cappa ideologica tenuta in piedi dalla mafia dei progressisti per dare spazio ad idee identitarie così da creare un risveglio culturale. Aumenteranno di pari passo le provocazioni, i flash mob ed il tentativo di escalare la tensione, come la teppaglia Pro-Pal unita ai maranza per creare una stagione di tensione neosessantottina con l'intento di disarcionare il Governo e far ritornare i fascisti nelle fogne. Il Governo Meloni dovrebbe invece di approvare leggi dell'agenda progressista, come sul femminicidio ed il consenso libero ed attuale avere il coraggio di sostenere apertamente case editrici vicine alla propria area per sensibilità e valori. E di mettere fuori legge quei gruppi terroristici di sinistra che minacciano di morte la Premier o i membri del Governo, aggrediscono forze dell'ordine e devastano il demanio pubblico. Infine troppo poco è stato fatto nel sostegno alle aree culturali e le case editrici di ambiente, mentre dall'altra parte si regalano edifici pubblici per centri sociali e finanziamenti a pioggia per ogni tipo di iniziativa editoriale o cinematografica. La Destra di Governo faccia lo stesso dato che adesso può farlo e non tema nessun giudizio morale da chi è l'ultimo a poter parlare di democrazia, vista l'ennesima infamia andata in scena alla fiera del libro.