La politica si è arresa alla Tecnica
di Massimo Cacciari - 03/11/2025

Fonte: La Stampa
Imperator absconditus… C’è chi comanda? La mascella di Trump sembrava promettere bene – ma poi? È bastato un giorno per trasformare la pace a Gaza in meno di un fugace armistizio. Sono gli Usa a dettare la politica di Israele o viceversa, o non vale né l’una né l’altra, e potenti fattori endogeni condizionano e destinano la politica di questi Paesi senza che più nessuno al loro interno abbia la forza anche solo di indicare una rotta per raggiungere nuovi equilibri?
L’impotenza europea, si dice, la sua subalternità all’America, ma dove quest’ultima manifesterebbe oggi la propria egemonia? Per difenderla con efficacia – ed è del tutto logico che a questo miri la politica internazionale di un Impero – essa dovrebbe poter concentrare obbiettivi, strategie e risorse nella competizione con la Cina, anzitutto cercando di impedire che questa finisca con l’assumere un ruolo di leader nel vastissimo gruppo di quei Paesi ormai poco propensi a credere che il benessere dell’Occidente sia in armonico rapporto con il proprio sviluppo.
A tal fine sarebbe necessaria una sistemazione del conflitto israeliano-palestinese, e la conclusione della guerra in Ucraina. Ora invece Nethanyahu – e temo la maggioranza delle forze politiche di Israele – pretende semplicemente l’annientamento della Palestina in quanto entità politica, e ciò implica una guerra permanente, condotta magari con altri mezzi, capace di incendiare di nuovo, in ogni momento, l’intera area medio-orientale.
E in Ucraina si prosegue col massacro e le distruzioni fingendo di credere che lo scenario possa consentire una soluzione radicale, sul campo, con la resa del Nemico, senza l’entrata in guerra della stessa Nato, e cioè degli Usa, da un lato, e il dispiegamento dell’intera forza militare russa, dall’altro. Nessuno abbastanza potente, nessun Imperator a dettare o almeno consigliare quegli accordi, quei patti che la politica dovrebbe vedere come i soli ragionevoli.
Più la politica rivela la sua impotenza, più il Re si presenta nudo, più le maschere che vorrebbero rappresentarlo si esercitano in frasi a effetto, declamano nobili parole. Alle quali non sembra più corrispondere alcun significato reale. Il linguaggio politico è anche, necessariamente, quello del dover-essere, ma guai se questo dover-essere diventa puro fantasma retorico, e guai ancora più se con esso non facciamo che ripetere idee di un tempo ormai perduto.
Quanto nostalgicamente risuonano oggi gli amati termini di diritti, democrazia, libertà, nella bocca di coloro che credono onestamente siano valori da conservare, e non principi che di momento in momento vanno ripensati e rinnovati. Molto peggio quando si trasformano nella vana ciarla di classi dirigenti non più rappresentative, parole buone soltanto a coprire vuoti di strategia e programmi.
Forse ciò accade proprio per dimenticare il doloroso fatto che se manca l’Imperator politico, non mancano affatto i padroni. Non più quelli della Manchester dell’Ottocento, certo, e tuttavia quel Sistema che Marx, seguito da molti altri anche di scuola liberale, aveva in qualche misura profetizzato: Sistema economico-finanziario-scientifico-tecnico, fondato su colossali corporations inglobanti in sé mondo terracqueo e aereo.
Il suo straordinario impeto innovativo ha bisogno per esprimersi di un capillare controllo dei movimenti, dei comportamenti, dei desideri di ciascuno di noi. Ha bisogno di conoscerci meglio di noi stessi per determinare, in base ai dati che noi stessi gli forniamo di continuo, il nostro futuro. Chi si rifiutasse di partecipare a questo Grande Gioco verrebbe ostracizzato, gli sarebbe semplicemente impedito di vivere.
L’idea di una qualsiasi privacy in questo Sistema è negata a priori. E c’è allora da chiedersi che ne è del vecchio Diritto se non esiste più “foro interiore”? Vi fu un’epoca in cui risuonò minaccioso in tutta Europa il decreto dei giuristi: tacete teologi, diritto e politica non sono affari vostri. Ora, altrettanto potente, suona quello dei Musk: tacete giuristi, gli affari miei, come le faccende di Gaza non vi riguardano. Tutto deve rientrare nella logica dei rapporti di forza economica, tecnologica e militare, e chi non vuole vi sarà costretto.
Si tratta di imponenti trasformazioni. La Tecnica contemporanea ha prodotto un salto qualitativo rispetto a quella dominante nell’età manifatturiera. È la Tecnica in grado di “costruire la vita” e non solo di sorvegliare ma condurre i nostri comportamenti senza bisogno di bastoni e camicie brune o nere. Qualsiasi posizione si voglia assumere nei confronti di questo stato di cose, sarà necessario anzitutto riconoscerne la novità e comprendere che volerlo contrastare resistendo sugli assetti democratici e le idee di Diritto del mondo di ieri può portare soltanto a nobili sconfitte. Un pensiero critico è prima di tutto un pensiero realistico e disincantato.
Torniamo ai rapporti di produzione: centinaia di milioni di persone soffrono delle disuguaglianze non solo economiche che produce il “libero sviluppo” della rivoluzione capitalista; tutti siamo stati messi al lavoro fornendo dati per il suo meraviglioso progresso, lavoro non pagato, ma che anzi paghiamo; lo Stato, e cioè il Politico ancora residuo, si è trasformato in stazione appaltante di servizi, distruggendone l’universalità. Nella resa a questo presunto destino destra e sinistra hanno marciato, o meglio arretrato, insieme.
Tuttavia, all’interno dei vecchi schieramenti si sono anche formate prospettive critiche comuni. I vecchi slogan polemici non servono a nulla; prendersela con nostalgici di destra o sinistra ancora meno. O collochiamo la nostra azione politica all’interno degli attuali rapporti sociali ed economici, o riusciamo a far comprendere alle nuove generazioni il destino post-democratico e neo-autoritario che la rivoluzione capitalista sta loro preparando, o il quaresimale sui “diritti violati” e la deprecazione dei quattro idioti che cantano faccetta nera diventeranno le favole per addormentare i pupi.

