Le guerre di oggi sono di sterminio
di Massimo Cacciari - 11/11/2025

Fonte: Il Fatto Quotidiano
Il filosofo, in una lectio magistralis alla Biennale di Venezia, denuncia la fine del diritto nella guerra contemporanea, con frecciate varie alla ‘libido pugnandi’ di certa stampa e politica.
“No, tutto non torna come prima quando una civiltà ha messo a morte i principi fondamentali della sua cultura. Ripristinare un tessuto umano, sociale, culturale che ci permetta di ricostruire un diritto internazionale oggi appare un compito pressoché impossibile. Ma è un compito che occorre affidare alle nuove generazioni, perché le attuali e le precedenti hanno fallito. Solo da una diagnosi spietata si può sperare qualcosa. Sappiamo soltanto che la speranza oggi è oltre le montagne più impervie“. Con questa pensiero, lapidario e dolente, Massimo Cacciari ha concluso la sua lectio magistralis “La morte dello ius belli. Le guerre e la pace”, alla Biennale di Venezia. Un intervento denso di erudizione e inquietudine, introdotto dal presidente Pietrangelo Buttafuoco e salutato dal patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, che ha richiamato l’attenzione del pubblico sul tema più tragico del nostro tempo: la guerra e la pace.
Cacciari ha aperto la sua riflessione con una domanda radicale: “Esiste la guerra? No, non esiste la guerra: esistono tante guerre, tante forme di guerra.”
Da qui, una lunga genealogia del concetto: dal pólemos greco, che per Eraclito significava anche relazione, opposizione, armonia, al bellum latino, inteso come duello.
“Il bellum, per i latini, implica sempre il riconoscimento dell’altro – ha spiegato il filosofo – Un aristocratico non accettava il duello con un servo: i duellanti devono essere pari. C’è un’offesa e io esigo una riparazione. Ma l’altro resta un nemico riconosciuto, non un barbaro da eliminare”.
La civiltà europea, prosegue Cacciari, ha costruito nei secoli un faticoso tentativo di “contenere la barbarie della guerra”, cercando di dare forma giuridica e morale a quella furia pugnandi che, da Erasmo a Kant, viene indicata come la più oscura pulsione dell’uomo. “Perché la pace viene sempre respinta e disprezzata? – ha chiesto, citando Erasmo – Neppure Cristo è valso a impedirla. La guerra sembra connaturata alla nostra condizione caduta. Ma qualcosa ci è stato dato in dono: una parvenza di ragione, che forse ci può permettere di contenere questa furia pugnandi“.
Poi, il passaggio centrale: “Quindi contenere che cosa? Contenere la barbarie della guerra, fare in modo che la guerra, per quanto possibile, non sia un atto di hybris, di superbia, di prepotenza, ma rispetti un qualche ius”.
E ancora: “De iure belli et pacis. La grandezza della tradizione giuridica e politica europea sta tutta intorno a questa espressione: cerchiamo un diritto non solo della pace, ma anche della guerra”.
Da qui, Cacciari entra nel nodo kantiano del diritto e della sua “terzietà”: “Il diritto ha un principio fondamentale: o c’è un giudice o non c’è diritto. Ma come facciamo a individuare il terzo nei conflitti tra Stati? Come trovare un giudice che non sia una delle parti in causa?”.
E osserva: “Lo sforzo disperato della cultura giuridica e politica europea è sempre naufragato su questo scoglio. Tutti gli sforzi, dalle Nazioni Unite fino alle Corti internazionali, sono naufragati, perché il diritto vuole una sanzione, non una predica”.
Poi sottolinea: “Kant non pensava a uno Stato mondiale, ma a una Repubblica mondiale, a una federazione di Stati che mantenessero la loro identità. Una grande federazione europea, non gli ‘Stati Uniti d’Europa’, che è una scemenza, ma una federazione reale, fondata sulla responsabilità e sulla ragione.”
E ammonisce: “In tutte queste questioni la destra e la sinistra non c’entrano. C’entra solo l’intelligenza delle cose, la capacità di un ragionamento realista.”
Tolte queste prospettive, prosegue, non ci si può semplicemente “arrendersi” all’idea che la terzietà del diritto internazionale sia impossibile: “Ci possono essere patti tra Stati, accordi, volontà comuni di contenere la violenza. Non è necessario arrendersi alla guerra come destino.”
Rievocando Agostino, Cacciari ha ricordato il principio della recta intentio: “La guerra deve essere condotta per giungere alla pace col vinto, non per eliminarlo. Se il vinto io lo elimino, non posso fare la pace.” In questa idea — ha spiegato — sta la grandezza della civiltà europea, che distingueva tra il duello e la barbarie.”
La frattura definitiva avviene con la modernità napoleonica e poi con la Prima guerra mondiale: “Kant sosteneva che la guerra non può come fine l’eliminazione del nemico e la distruzione dell’altro Stato. Se la guerra viene condotta con questo fine, allora è bellum internecium. E Kant lo traduce in tedesco come ‘guerra di sterminio’. La guerra di Napoleone però non è di sterminio – ha precisato – Napoleone ha fatto più molti morti percentualmente di quanti ce ne siano stati durante la Prima e la Seconda guerra mondiale, ma lui mostrava ancora la giusta causa. La giusta causa era la liberazione dei popoli dalla tirannide. E ci credevano in tantissimi, come Ugo Foscolo, ma rimane molto ferma l’idea di uno ius in bello“.
Tutto cambia con la Prima guerra mondiale, “che molti hanno chiamato l’epifania dell’Anticristo: la prima guerra condotta senza alcuna remora”.
Da quel momento, spiega il filosofo, “la guerra ha come scopo, come intenzione vera e tremenda, l’abbattimento del barbaro, del criminale. Lo Stato nemico non è più uno Stato: è un criminale.” È qui che, secondo Cacciari, “si trasforma totalmente lo spirito europeo con cui era stata concepita la guerra.”
Il nemico, da soggetto politico, diventa incarnazione del male. “Va eliminato, da una parte e dall’altra. È una guerra assoluta, che non ha nella sua logica il giungere a un patto. Resa incondizionata e poi la condanna del nemico come criminale.”
Nascono così i tribunali di guerra, che giudicano il vinto come colpevole, non come avversario: “La Prima guerra mondiale è una novità assoluta, rivoluzionaria rispetto a tutta la tradizione giuridica, religiosa, filosofica del pensiero europeo.”
Da quel punto in avanti, la guerra non è più un duello regolato da norme, ma una missione morale. “Diventa un giudizio di Dio,” ha detto Cacciari. “Da una parte c’è il bene, dall’altra il male. Il nemico è il male. Ma col male non si fa un patto: il male si elimina. E la guerra serve a eliminarlo, non a fare accordi con lui”.
Una concezione che, secondo il filosofo, esplode definitivamente nella Seconda guerra mondiale e arriva fino ai conflitti di oggi. “Se la politica, l’etica comune, i nostri giornali e i nostri media ragionano così, riducendo ogni scontro alla lotta tra bene e male, come si può pensare ancora a uno ius pacis et belli? Da dove può venire fuori il diritto? Da Marte? No: il diritto può nascere solo dalle nostre menti e dai nostri cuori. Un diritto che ci consenta ancora di poter pensare, perlomeno a contenere questa libido pugnandi che sembra connaturata”.
Poi il passaggio più drammatico, che suona come un atto d’accusa contro il nostro tempo: “La novità più terribile, anche rispetto alla Seconda guerra mondiale, è che è crollato anche l’ultimo piccolo baluardo di difesa: lo ius in bello. Oggi non distinguiamo più tra militari e civili.”
E aggiunge, con un tono quasi profetico: “Io quel nemico che ritengo minacci la mia integrità non lo riconosco più come soggetto politico: tratto la sua popolazione come nemico diretto. Butto giù un missile per colpire quattro militari, e pazienza se muoiono cento civili. È una guerra assoluta, una guerra di sterminio, come la chiamava Kant. Una guerra in cui non si può più distinguere tra combattenti e popolazione civile.”
Da qui la conclusione più cupa: “È questo il passo nuovo che si sta compiendo. Non è più solo un principio del diritto a crollare ma la civiltà europea stessa. Se non reagisce a questa apocalisse, franerà. Non è pensabile che si possa sorvolare su novità così rivoluzionarie come quelle a cui stiamo assistendo sul piano del diritto, sul piano politico, sul piano diplomatico, dicendo, con un crocianesimo da due soldi, che è una parentesi e poi tutto ritorna come prima. Facciamola finita con l’illusione che, eliminato Putin o Hamas, tutto tornerà come prima”.

