Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Le medie potenze si fanno largo

Le medie potenze si fanno largo

di Ivan Krastev - 04/12/2022

Le medie potenze si fanno largo

Fonte: Internazionale

Gli appelli occidentali alla solidarietà con l’Ucraina sono spesso caduti nel vuoto. Il sud del mondo fa fatica a vedere la resistenza di Kiev a Mosca come una guerra anticoloniale. Le identità postcoloniali sono state forgiate dalle lotte contro gli imperi europei o contro l’egemonia statunitense, non contro la Russia o la Cina.
La guerra in Ucraina ha reso evidente il ruolo delle medie potenze nella ridefinizione dei rapporti di forza internazionali. Di questo gruppo fanno parte degli improbabili compagni di viaggio che hanno poco in comune: Sudafrica, India, Corea del Sud, Germania, Turchia, Arabia Saudita e Israele, solo per fare qualche nome. Alcune sono democrazie, altri regimi autoritari e altri ancora si trovano in una zona grigia intermedia. Questi paesi hanno forgiato la loro identità dopo la guerra fredda in un mondo interconnesso, in cui i maggiori partner commerciali spesso non sono i più stretti alleati e il disaccoppiamento tecnologico tra Stati Uniti e Cina può rivelarsi più importante del divario ideologico tra i due paesi.
Alcune medie potenze sono paesi in via di sviluppo in crescita demografica, altre sono economie avanzate che lottano contro il calo della natalità. Alcune sono ben integrate nella comunità internazionale, altre no. Ma tutte condividono una caratteristica fondamentale: vogliono sedersi al tavolo delle trattative e non ai margini, perché hanno l’ambizione di plasmare le regioni d’appartenenza. Come sostiene Shannon K. O’Neil nel libro “The globalization myth” (Yale University Press 2022), nella maggior parte del pianeta la globalizzazione si traduce in una regionalizzazione. È questa la chiave dell’influenza delle medie potenze.
L’attivismo delle medie potenze può essere salutare, come nel caso delle iniziative dell’Unione europea sul clima, o sanguinoso, come quello a sostegno dell’invasione russa dell’Ucraina. Ma è la nuova normalità, il marchio di fabbrica dell’ordine internazionale. Una cosa è certa: non ci sarà una nuova conferenza di Bandung (la città indonesiana dove nel 1955 si riunirono i paesi contrari al colonialismo) né la resurrezione di un movimento dei non allineati. Non c’è un’ideologia che accomuni le medie potenze. Anzi, spesso hanno interessi divergenti. E il loro non è nemmeno un movimento.
Le medie potenze aspirano ad avere l’influenza globale di Washington o Pechino, ma sanno che è un’eventualità improbabile. Ma se durante la guerra fredda si dovevano adattare ai capricci delle superpotenze, oggi sono Stati Uniti e Cina a dover fare i conti con loro.