Le vere ragioni delle guerre contemporanee
di Francesco Petrone - 15/06/2025
Fonte: Francesco Petrone
Una grossa parte della classe dirigente italiana, ed anche della stessa opinione pubblica è costituita da una moltitudine di personaggi molto simili al nostro Roberto Benigni. Il livello intellettuale non è molto dissimile come non è dissimile la logica, la retorica, l'utilizzo delle stesse frasi fatte ad effetto e pronunciate con tono grave e stentoreo, quasi sillabando, ma del tutto prive di un senso compiuto. Sono concetti molto poveri che rimbalzano dagli studi televisivi al Parlamento, dai bar ai mercati rionali, discorsi che vengono ripetuti fino sotto gli ombrelloni. Sono concioni tranquillizzanti come il Tavor. Uno di questi luoghi comuni ripetuti fino alla nausea dalla politica e che Benigni col suo fiuto istrionico ha preso al volo, è quello sulla utilità di istituzioni quali l’Unione Europea e la stessa NATO, organismi che ci avrebbero dato il più lungo periodo di pace mai conosciuto nella storia. In effetti negli ultimi ottant'anni l’Italia non ha fatto guerra alla Svizzera. Anzi alla Svizzera la guerra poteva, al limite, anche essere fatta perché non fa parte della UE e tantomeno della NATO. Però ci siamo scordati che abbiamo una pericolosa guerra in corso in Europa in cui la NATO si scontra per procura con la più grande potenza nucleare del mondo. Inoltre abbiamo avuto la guerra dei Balcani e la guerra della NATO contro la Serbia, un'aggressione gratuita per staccare il Kosovo dalla Serbia contro la volontà delle Nazioni Unite. Ma non è questo il discorso. Infatti nessuno ha replicato al signor Benigni che oggi non vengono più fatte guerre per modificare i confini. Per Trento e Trieste o per l’Alsazia e la Lorena. Però dalla fine della seconda guerra mondiale, il mondo è stato costellato di guerre col costo umano complessivo corrispondente ad una guerra mondiale, una vera grande strage. Solo nella guerra del Vietnam morirono cinque milioni di persone. Le guerre sono state quella di Corea, Indocina, Vietnam, Afghanistan, Iraq-Iran, anglo-argentina, arabo-israeliane, Libia, Siria, del Golfo, d’Algeria, greco-turca, guerra civile greca, indo-pakistane, Grenada, Panama, Nicaragua, Corno d’Africa, del Congo, del Biafra ecc. L’elenco è lungo. Non si possono catalogare come guerre extraeuropee, scontri fra popolazioni a noi estranee. In ognuna di queste guerre esistono dei precisi interessi riguardanti la NATO, o Paesi europei o Statunitensi. Guerre fatte direttamente con le forze armate o anche per procura, eseguite utilizzando conctractor, mercenari, servizi segreti o manovalanza del luogo. Generalmente prevalgono interessi di tipo neocolonialista che frequentemente sono la causa di queste guerre. Talvolta per difendere determinati interessi basta un semplice golpe, o il metodo classico della corruzione della classe dominante. Altre volte basta provocare un moto popolare eterodiretto servendosi di Onlus o ONG. Solo come estrema ratio si arriva alla guerra di tipo classico. Molte guerre si sono rese necessarie anche per alimentare le industrie energivore occidentali e per accaparrarsi le materie prime indispensabili che sono molte, lasciando però nell’indigenza molta parte del terzo mondo e permettendo ai tanti Benigni di vivere nel lusso di un vecchio milionario, elargendo luoghi comuni in televisione. Mi verrebbe voglia di rivolgermi a Benigni con le medesime parole che nel film “Finché c’è guerra c’è speranza”, il protagonista Pietro Chiocca, mercante di armi, interpretato da Alberto Sordi, proferisce alla famiglia esigente e moralista: "Le guerre non le fanno solo i fabbricanti d’armi e i commessi viaggiatori che le vendono…ma anche le persone come voi , le famiglie come la vostra che vogliono, vogliono, vogliono e non si accontentano mai:.. le ville, le macchine, le moto, le feste, il cavallo, gli anellini, i braccialetti, le pellicce e tutti i cazzi…qualcuno bisogna pur depredare, ecco perché si fanno le guerre!”. Sordi semplifica per esigenze sceniche ma una verità molto simile esiste. Per essere più esaurienti occorre riassumere alcuni fatti per capire il mondo in cui viviamo. Con la rivoluzione industriale in Europa quando ebbe inizio la superproduzione e nacque l’esigenza di molta manodopera a basso costo e della fornitura di grande quantità di materie prime. Oggi, però, molti altri Paesi producono beni e i consumatori nel mondo sono cresciuti a dismisura e c’è la corsa alle materie prime che talvolta sfocia nello scontro armato. Poi, esiste la volontà di egemonia su vasta parte del mondo di potenze globali talassografiche che hanno fatto del pianeta il loro orto di casa. Le basi americane sono talmente tante e in così tanti Paesi che unendole con una linea immaginaria, come fosse un filo, abbiamo la cosiddetta collana di perle in cui ogni perla è una base militare e ci accordiamo che attraversa gli oceani dalle Americhe, cingendo l’Asia, arrivando al Medio Oriente, fino all’Europa. Le vere ragioni delle guerre a cui assistiamo sono molto prosaiche ma vengono occultate abilmente dietro fittizi casus belli, considerazioni, in apparenza altamente morali, sembra agli occhi di coloro che Draghi ha denominato “i normali” e a cui si rivolge Benigni, che le guerre avvengano per la nobile causa dei diritti umani o dei diritti individuali, contro l’oscurantismo di alcuni regimi e per affermare la democrazia che è diventata solo uno dei miti mobilitante come quelli teorizzati da Sorel. In un recente passato questi miti sono stati, il socialismo, i sacri confini della patria, l’illuminismo, le idee della Rivoluzione, tutti pretesti per mobilitare le masse. Oggi la parola d’ordine è la lotta contro il velo e la liberazione delle donne o il diritto di Israele di esistere e la lotta al patriarcato. La tecnologia ha sostituito le masse di soldati mobilitati. Questo per dire che è ridicolo pensare che basti fare un trattato neoliberista come quello europeo per mettere fine alle ostilità. Oggi, in realtà, le tensioni esistono perché una parte del mondo è cresciuta culturalmente ed economicamente e vorrebbe nuovi equilibri internazionali più equi perché pensa di averne diritto. È contrapposta ad un’altra parte che vorrebbe mantenere i privilegi, lo status quo ante e non vuole mutare una virgola dagli equilibri usciti nel 1945, anzi, senza il blocco sovietico, l’Occidente vorrebbe avere più peso specifico facendo pesare la superiorità militare.