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Ma in che razza di mondo viviamo?

di Francesco Lamendola - 16/06/2020

Ma in che razza di mondo viviamo?

Fonte: Accademia nuova Italia

La vicenda dell’emergenza sanitaria ha posto nella massima evidenza una questione che riguarda tutti e molto da vicino, e che già da almeno vent’anni avrebbe dovuto occupare il primo posto nella nostra mappa concettuale, come il più grande pericolo che minaccia la nostra integrità sia in quanto persone, sia come comunità. Intendiamo parlare dello slittamento, dapprincipio graduale ma, da ultimo, sempre più veloce, del mondo in cui viviamo, dalla dimensione della realtà reale a quella della realtà virtuale. Era inevitabile che ciò accadesse, dopo la nascita dei mass-media elettronici: radio, televisione, internet. Lo si era intuito fin dagli esordi di questi potentissimi media, ad esempio con la famosa trasmissione radiofonica La guerra dei mondi nella quale l’attore americano Orson Welles descrisse, in toni drammatici e concitati, come se fosse un evento reale e presente, una massiccia invasione di creature aliene sul nostro pianeta. Erano le otto di sera del 30 ottobre 1938 e milioni di ascoltatori udirono la voce spezzata dell’attore annunciare che gli extraterrestri erano usciti dalla loro astronave, che era in corso una vera battaglia fra essi e le forze militari degli Stati Uniti, e che alla fine l’intera città di New York era caduta nelle mani degli invasori. Si scatenò un panico di massa quale mai si era visto fino ad allora. Si disse che milioni di persone persero letteralmente la testa, ci fu chi caricò le sue cose in macchina e partì per cercare la salvezza non si sa dove, e che qualcuno si era perfino suicidato: notizie che non hanno però trovato riscontri effettivi. E già questa constatazione proietta ulteriori ombre inquietanti sull’intero episodio. Welles disse in seguito che si era trattato di un semplice scherzo di Halloween e che era stato, per lui, come infilarsi un lenzuolo bianco, uscire dal cespuglio e gridare buh!; e aggiunse che solo l’indomani si era reso conto dell’impatto  che quel programma aveva avuto sul pubblico, e di aver sottovalutato, così disse, il grado di follia cui era giunta l’America. Non il grado di follia e d’irresponsabilità cui era giunta la radio, grazie a uomini cinici e spregiudicati come lui; no: il grado di follia cui era giunto il popolo americano. Ecco l’intellettuale progressista della East Coast che guarda con sufficienza e una punta di malcelato disgusto il popolo bue, credulone e isterico. E intanto lui fa gli ascolti, lui fa i soldi, e li fa giocando precisamente sull’emotività del popolo bue: però il popolo bue è pazzo, mentre lui è intelligente, un grande attore e un fine intellettuale. Non una parola di scuse o di rammarico per il caos provocato dalla sua bella pensata. Ma siamo proprio sicuri che le cose siano andate come lui ha detto e come poi si è voluto far credere al pubblico? Davvero era solo un “innocente” programma radiofonico, una finzione senza malizia, che lasciò stupiti e perplessi quelli stessi che l’avevamo pensata e realizzata? Sta di fatto che appena tre anni dopo, il 7 dicembre 1941, si verificò l’attacco a sorpresa dei giapponesi sulla base aeronavale di Pearl Harbor, nelle isole Hawaii, e la notizia rimbalzò sui media con modalità simili a quelle del programma di Wells: al punto che stavolta, qualcuno si rifiutò di crederci, pensando che fosse un replay dello scherzetto “innocente” di Halloween del 1938. Ma anche in quel caso, quanti dubbi, quante stranezze, quante zone d’ombra! Oggi, il minimo che si possa dire è che il governo degli Stati Uniti, dopo aver fatto letteralmente di tutto per trascinare il Giappone in un conflitto, rifiutò di credere all’imminenza di un attacco contro la base militare più esposta, e quindi più il probabile bersaglio del nemico; che rifiutò di prendere in esame i rapporti che portavano a quella conclusione e trascurò di far adottare le necessarie misure di prudenza per la flotta e l’aviazione, tanto che le navi vennero affondate in porto e gli aerei, distrutti sui campi d’aviazione. Quell’evento, tuttavia, permise a Roosevelt di dichiarare guerra al Giappone, sfruttando un moto di fortissima emozione popolare, benché egli avesse promesso ai suoi elettori che l’America sarebbe rimasta neutrale (Hitler e Mussolini completarono l’autogol dichiarando guerra agli Stati Uniti senza alcuna necessità, e servendo a Roosevelt, su un piatto d’argento, quel che maggiormente desiderava: poter andare in soccorso di Churchill in Europa, col pretesto della difesa del Pacifico).

Strano, vero? Un evento molto simile a quello “sperimentato” in maniera virtuale da Orson Welles nel 1938 permise al presidente degli Stati Uniti di trascinare in guerra, con convinzione ed entusiasmo, quello stesso popolo che fino al giorno prima, nella stragrande maggioranza, aveva mostrato di non voler affatto scendere in guerra, né contro i giapponesi, né contro l’Asse, e al quale lui, il presidente, aveva promesso che non l’avrebbe fatto. Cominciava a cadere la netta distinzione tra mondo reale e mondo virtuale; negli annui successivi, essa non avrebbe fatto che assottigliarsi sempre di più, per scomparire alla fine quasi del tutto. Del resto, non solo l’informazione, ma l’economia e soprattutto la finanza sono andate sempre più in quella direzione, sostituendo il denaro prodotto dal lavoro e dai servizi con del “denaro” virtuale, creato dalle banche, ma senza alcun corrispettivo nell’economia reale. E intanto le autorità fanno di tutto perché i cittadini smettano servirsi per i pagamenti di denaro contante, e si servano direttamente del conto online. Nel campo della politica, annunci, promesse e dichiarazioni hanno via via sostituito i provvedimenti veri, le leggi, le misure effettive, così come i tweet degli uomini politici hanno sostituito, o quasi, le deliberazioni ufficiali del parlamento e gli atti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. La scuola e l’università, specie dopo le vicende di questi ultimi mesi, si sono vigorosamente indirizzate verso la cosiddetta didattica a distanza, con esami e perfino discussioni di laurea mediante la piattaforma informatica. Anche la censura dell’informazione si è spostata sulla rete: se scatta un certo algoritmo, a causa della presenza di un’immagine, un commento, un accenno, anche del tutto casuale, a qualche tema politicamente scorretto, scatta la rimozione dell’articolo, la chiusura del canale, o peggio; e spesso al destinatario di tali provvedimenti non è dato sapere o capire chi o cosa abbiano fatto partire un così severo provvedimento. Forse è stata questa cosa, forse quest’altra; ma di sicuro, nessuna certezza. Da ultimo, anche l’ambito che credevamo più legato alla realtà reale, quello medico-sanitario, ha mostrato di poter diventare, da un giorno all’altro, il campo di battaglia privilegiato delle forze che vogliono sostituire ad essa una realtà immaginaria, un po’ come nel film Matrix. La pandemia di Covid-19 c’è stata o non c’è stata? Il virus c’era davvero, ed era davvero così pericoloso? Era naturale o artificiale? È decaduto o esiste tuttora, pronto a ritornare? La terapia basata sull’intubazione dei pazienti era giusta o sbagliata? Aveva ragione Burioni o avevano ragione Tarro e Montanari? Ha fatto bene la Svezia a non prendere praticamente nessun provvedimento restrittivo, o ha avuto ragione l’Italia, a mettere in quarantena sessanta milioni di persone? Aver negato le visite ai parenti dei ricoverati, aver mandato i deceduti direttamente al forno crematorio, senza neppure uno straccio di esequie, è stato giustificato, dal punto di vista della salute, oltre che dei diritti costituzionali? La decisione di chiudere in casa, per due mesi e mezzo, tutto il popolo italiano, è stata giusta o sbagliata? Considerare pericolosa una passeggiata all’aperto, una gita al mare, un’escursione nel bosco, è stato giusto o sbagliato? E la famosa mascherina, che milioni di persone continuano a portare, perfino in macchina, perfino in bicicletta, benché non sia più obbligatoria nei luoghi aperti o quando si è da soli, fa bene o male, serve a qualcosa o non serve a nulla? Domande, domande, ancora domande; alle quali, molto probabilmente, non verranno date risposte, almeno per adesso. Se poi ci spostiamo nell’ambito direttamente legato al trascendente, o che tale dovrebbe essere, cioè la Chiesa cattolica, troviamo una situazione d’incertezza e di confusione non minori, anzi se possibile ancor più grandi. Chi è Gesù Cristo: il Figlio di Dio o un uomo, un profeta, un taumaturgo? Esiste il diavolo, esiste,  l’inferno, esiste la vita eterna? Perché, a sentire certi teologi, certi vescovi, si direbbe di no. E la Presenza Reale di Gesù nella santa Messa, c’è o non c’è? Ci si può contagiare con il virus facendo la Comunione? Il Corpo di Gesù può essere infetto e dare la morte, anziché la vita? A giudicare dai provvedimenti presi dal clero, in pieno accordo col governo, si direbbe proprio di sì. Strana religione, però. E il vero papa, chi è: Bergoglio o Ratzinger? E la vera chiesa, qual è: quella di Enzo Bianchi o quella di don Minutella? E il peccato, cos’è? Esiste o non esiste? Se io lascio mia moglie e vado a vivere con un’altra donna, posso poi accostarmi all’Eucarestia? Se la mia coscienza mi dice di sì, allora lo posso fare: lo dice Amoris laetitia, un documento ufficiale del magistero. Che però contraddice il Magistero di sempre. E allora, a chi dobbiamo credere? E da quando la sodomia è passata da uno dei quattro peccati più gravi, quelli che gridano vendetta davanti a Dio, a una ricchezza che deve essere accolta, valorizzata e benedetta in forma sacramentale? Forse da quando la lobby dei cardinali gay e massoni si è impadronita del Vaticano e ha posto sulla cattedra di Pietro uno dei suoi?

L’esperimento decisivo per traghettarci dalla dimensione reale a quella virtuale è stato, comunque, quello dell’11 settembre 2001: esperimento pienamente riuscito, sia pure al prezzo di circa 3.000 morti e 6.500 feriti. Da quando il governo degli Stati Uniti si è reso responsabile, o quantomeno complice, di un così gigantesco inganno ai danni dei propri cittadini, qualsiasi altro inganno dello stesso genere diventa possibile in qualunque luogo e in qualsiasi momento. Non conta più la realtà vera; conta la realtà narrata dai media. E se i media dicono che un gruppo di terroristi assassini ha dirottato degli aerei e li ha scagliati contro le Twin Towers, facendole crollare, allora quella cosa è vera: e pazienza se centinaia di ingegneri abbiano detto, scritto e controfirmato che nessun grattacielo può cadere a quel modo, verticalmente, per una sollecitazione orizzontale, ma solo e unicamente per una demolizione controllata. Pazienza anche se decine di pompieri hanno udito le esplosioni prima dell’impatto degli aerei dirottati, e lo abbiano testimoniato. Pazienza, infine, se alcuni giornalisti sono stati miracolosamente avvertiti di non sostare in quella parte del Pentagono che poco dopo sarebbe stata attaccata dal terzo aereo “dirottato”, straordinario esempio di preveggenza medianica. La  maggioranza dei cittadini e la totalità dei media credono alla versione ufficiale del governo e non a ciò che hanno detto numerose persone che erano lì presenti e hanno visto e udito coi propri occhi e i propri orecchi, non per interposta persona. C’è ormai uno sdoppiamento coscienziale, molto simile alla schizofrenia: i sensi e la ragione dicono una cosa, ma i mass-media ne dicono un’altra, completamente diversa; e, fra i due, scegliamo di credere ai mass-media. Il nuovo criterio di verità è quel che dice la televisione, non quel che dicono gli occhi, gli orecchi e il buon senso. E se il governo dice d’indossare la mascherina la s’indossa, senza tante storie; anzi, la s’indossa perfino dopo che il governo ha detto che se ne può ormai fare a meno. Io potrei anche sbagliarmi, ma la televisione di certo non sbaglia e sa quello che dice. E se dice che decine di migliaia di persone sono morte di Covid-19, sarà pur vero; anche se è chiaro che morire con il Covid-19 non è la stessa cosa che morire del Covid-19. E se il governo dice che bisogna chiudere le scuole, benché nessun bambino, nessun ragazzo in età scolare sia morto neppure con il Covid-19, allora si accetta la decisione e anzi si chiedono misure ancor più severe: perché tornare in aula a settembre, quando si possono fare le lezioni online? Esperimento pienamente riuscito, appunto. La gente non solo crede a tutto, ma crede perfino a qualcosa di più. Tra poco, per sapere se si deve uscir di casa con l’ombrello, non guarderemo più fuori dalla finestra, come facevano i nostri obsoleti genitori, ma ascolteremo ciò che dice in proposito il meteo della televisione.

Le cose sono giunte a un punto tale che ciascuno si fa la propria realtà virtuale e vive con essa, dentro di essa. Ci s’inventa un ruolo, un nome, un volto, una professione, e ci si presenta con quelli sui social. Tutto è possibile, le frontiere fra la vita di ogni giorno e la vita inventata si attenuano, sfumano, spariscono. Una nota showgirl s’inventa un grande amore miliardario e un prossimo felice matrimonio, ne parla ovunque, e ci vogliono alcune settimane perché la gente si renda conto che non c’è alcun fidanzato, alcun matrimonio in vista (parliamo, ovviamente dell’attrice Pamela Prati e del suo fantasmatico Mark Caltagirone). Perché lo ha fatto? È cosa che riguarda lei, non vogliamo entrarci. Ci rifiutiamo di stare al gioco: diventare dei voyeur che spiano dal buco della serratura nelle camere da letto altrui. Non c’interessa. Ma se in questo caso è possibile liquidare il tutto come una trovata di dubbio gusto, in fondo innocente e anche un po’ patetica, vista la non più verde età della donna, non è certo lo stesso quando si tratta di cose che ci toccano da vicino, e che entrano pesantemente nelle nostre vite. In autunno, per esempio, questo sciagurato governo farà di tutto per convincerci a farci vaccinare; e se non saremo consenzienti con le buone, ci prenderà con le cattive. I vaccini sono già stati ordinati, acquistati, pagati: nessuno sa a cosa serviranno, dato che il Covid-19 non c’è più e dato che il picco di morti è stato registrato a Bergamo, guarda caso proprio là dove erano state fatte delle vaccinazioni antinfluenzali a tappeto sulla popolazione anziana. Che cosa deve pensare, allora, il bravo cittadino che paga le tasse e crede che il proprio governo abbia a cuore la sua salute: vaccinarsi o no? Se non è vero quel che è vero e se non conta più quel che suggerisce il buon senso, ma è vero e conta solo quel che dice mamma tivù, la risposta non può essere dubbia...