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Macron – Le Pen: una contrapposizione pro e anti UE, tra estblishment e populismo. Si delineano nuove conflittualità sociali   

di Luigi Tedeschi - 26/04/2017

Macron – Le Pen: una contrapposizione pro e anti UE, tra estblishment e populismo. Si delineano nuove conflittualità sociali   

Fonte: Italicum

 

 

L’assuefazione europea al terrorismo e alla precarietà
Le primarie francesi hanno avuto un esito quasi scontato. Ha prevalso di stretta misura Macron sulla Le Pen in virtù di un sostegno mediatico che ha coinvolto tutta l’Europa. Le presidenziali francesi sono un evento che travalica la Francia, assumendo il carattere di un referendum pro o contro l’Europa.
L’effetto shock dell’attentato di Parigi da lungo tempo temuto, non si è verificato. Tutto ciò era largamente prevedibile. Il terrorismo infatti non ha determinato un dirottamento in massa dei consensi verso la Le Pen. Ma gli attentati non hanno sempre favorito il consenso delle masse a favore dell’ordine costituito, (per definizione da sempre ammortizzatore del panico di massa) garante della sicurezza e della stabilità a discapito di una opposizione foriera sempre di instabilità e imprevedibili salti nel buio? Anzi, a destare i maggiori timori e incertezze da parte dei mercati e delle classi dirigenti europee è stato il paventato successo della Le Pen, piuttosto che il terrorismo.
In questa contingenza storica si è assistito alla progressiva assuefazione delle masse alla perenne minaccia del terrorismo. Una pedissequa adattabilità all’insicurezza e alla emergenza investe ormai l’Europa, sia in tema di terrorismo che in un contesto sociale dominato dalla precarietà del lavoro. Una emergenza perpetua che suscita la propensione delle masse all’assuefazione alle condizioni del presente, vissuto in funzione di uno spirito di sopravvivenza che si traduce in subalternità dei popoli all’oggettività del presente e al dominio delle classi oligarchiche dominanti.

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Europeismo, populismo e divaricazione sociale della Francia

 

Dai risultati del primo turno delle presidenziali francesi emerge comunque una avanzata delle forze populiste anti europee: i voti di destra della Le Pen, sommati a quelli della sinistra di Mélenchon arrivano al 40% e, se ad essi si sommano una larga quota degli astenuti, il dissenso raggiunge verosimilmente quasi il 50% della popolazione. E’ lecito affermare che si sta verificando in Francia una verticale spaccatura interna nella popolazione tra filo – europeisti e anti – europeisti. Inoltre, dato che il partito di Macron è stato costituito da appena un anno, nelle elezioni legislative di giugno è assai improbabile che raggiunga la quota di 289 seggi necessari per conseguire la maggioranza, e pertanto, per formare un governo, potrebbe rivelarsi necessaria la formazione di una maggioranza di coalizione composita, differenziata, potenzialmente conflittuale e ad elevato rischio di instabilità.
In realtà, oltre alla contrapposizione pro o contro l’Europa, da questa tornata elettorale emergono contrapposizioni di carattere sociale e territoriale assai più profonde. Infatti il voto anti – sistema si concentra nella provincia e nella parte est e sud del paese, nelle aree agricole e industriali colpite dalla crisi e dal conseguente dissesto sociale. Inoltre il voto anti – sistema è maggioritario nelle classi operaie e impiegatizie, su cui si sono rovesciati i costi sociali della crisi, mentre nelle grandi città nelle classi medio alte e negli immigrati si è concentrato il voto favorevole a Macron.
E’ stato rilevato (A. Cazzullo “Il Corriere della Sera” 25/04/2017), che la protesta nei confronti dell’immigrazione si incentra nella lotta tra poveri francesi e immigrati scaturita per l’assegnazione delle case popolari, i posti negli asili nido e i posti letto in ospedale. Ma soprattutto la protesta anti – sistema trae origine dalla disoccupazione che in Francia ha raggiunto il 10,5%, dalla deindustrializzazione del paese conseguente alla delocalizzazione delle fabbriche, oltre che dalle penalizzazioni subite dall’agricoltura con la concorrenza selvaggia imposta dalla importazione massiccia dei prodotti esteri, che ha determinato il crollo dei prodotti francesi. Secondo l’ideologia neoliberista dominante, trattasi della reazione dei ceti marginalizzati, perché incapaci di inserirsi nel nuovo corso della storia istituito dalla globalizzazione economica. Quindi ogni forma di critica sociale è per definizione antistorica. Ma nel nuovo modello sociale neoliberista, dominato da crescenti diseguaglianze sociali, vediamo invece delinearsi una spaccatura profonda nella popolazione in cui si ravvisano le potenzialità incipienti di nuovi conflitti di classe, di una dissidenza anti – sistemica i cui sviluppi travalicano le problematiche inerenti queste elezioni presidenziali, peraltro assai diverse negli uomini e nelle tematiche rispetto a quelle precedenti.

 

Macron: un nuovo conservatorismo europeista che avanza
La prevedibile vittoria di Macron, secondo i media ufficiali, rappresenta l’avvento dell’uomo nuovo che ha determinato la crisi irreversibile dei partiti tradizionali francesi e che vede nell’integrazione europea la via obbligata al progresso del paese.
Ma in cosa consiste la “il nuovo” di Macron? Egli ha 39 anni, è stato ispettore delle finanze, poi nel 2008 banchiere d’affari presso i Rothschild, nel 2012 segretario aggiunto e consigliere economico di Hollande, nel 2014 ministro dell’economia nel governo Valls e quindi figura di primo piano nel processo di riforme liberiste e antisociali varate dal governo socialista uscente. Nel contesto della decadenza dei partiti tradizionali, Macron ne ha ereditato i consensi, fondando un partito centrista (“En Marche” costituito nel 2016).
Macron, in quanto europeista convinto si è dichiarato né di destra né di sinistra: è facile interpretare tale scelta, come una forma di decostruzione della vecchia politica di stampo ideologico, in favore di una nuova politica che sia sufficientemente adeguata e subalterna alle decisioni della oligarchia finanziaria europea, che non necessita di programmi politici, né di consenso popolare. L’europeista Macron gode del sostegno della Germania di Schäuble e dei marcati finanziari.
Afferma di voler rifondare l’Europa, con la riaffermazione dell’asse franco – tedesco che comunque sancisce la continuità dell’attuale UE. Probabilmente la politica di Macron perseguirà il programma di riforme in senso liberista prescritto dalla UE e già imposto dal governo socialista di Valls. Negozierà con la Germania una interpretazione meno restrittiva dei parametri europei in tema di bilancio, in cambio delle riforme liberiste. E’ prevedibile quindi un asse franco – tedesco palesemente sbilanciato a favore della Germania, con la Francia in posizione subalterna. Non è in programma alcuna revisione dei trattati europei.
Progresso e integrazione europea sono le parole d’ordine di Macron, nuovo astro politico impostosi grazie allo strapotere della cultura dell’immagine mediatica e del personalismo del leader piuttosto che in virtù dei suoi programmi politici. Macron è sostenuto dalla Germania e dall’oligarchia tecno – finanziaria europea, in difesa della continuità della attuale politica economico – finanziaria europea contro i populismi euro – scettici. E’ evidente che la novità si traduce in continuità e il progresso si tramuta in conservazione dell’ordine oligarchico europeo.
Il suo convinto europeismo si contrappone alla rappresentatività popolare, poiché il dogma della integrazione europea presuppone il primato nella UE di organi tecnocratici non elettivi congiuntamente alla espropriazione della sovranità degli stati e dei loro ordinamenti democratici.

 

 

Il ritorno prossimo venturo della conflittualità politico – sociale
In Europa l’europeismo non è un ideale, né una dottrina politica, né tanto meno un modello socio – economico originale. L’europeismo si identifica con un establishment oligarchico, blindato nei suoi organi tecnocratici, autoreferente, teso alla conservazione e alla difesa di sé stesso. Nel contesto politico si traduce in anti – populismo. Si esprime in Francia in una mera coalizione elettorale antilepenista.
Le forze anti – europeiste, il “Front National” della Le Pen e “La France Insoumise” di Mélenchon, pur interpretando la diffusa protesta sociale francese, non possono essere definite anti – sistemiche. Esse possono essere considerate delle riproduzioni delle destre e delle sinistre novecentesche, adeguate alla realtà del secolo XXI°. Sono tuttavia forze politiche depotenziate politicamente e culturalmente della forza propulsiva antisistemica che ebbero le ideologie novecentesche. Costituiscono comunque un elemento di rottura necessario contro l’eurocrazia finanziaria, in difesa della sovranità degli stati e della democrazia politica. Al “né di destra né di sinistra” di Macron dovrebbe essere contrapposta l’idea di Alain de Benoist “e destra e sinistra”, perché non può esservi alcun futuro per l’Europa se non attraverso la continuità politica e culturale con il novecento: occorrono nuove sintesi per costituire alternative sistemiche all’eurocrazia e soprattutto al dominio neoliberista americano.
Si è comunque realizzata una divaricazione sociale e politica che produrrà nuovi conflitti di classe poi destinati a riprodursi in nuove conflittualità nell’ambito europeo tra stati dominanti e stati subalterni. Si delineano nuovi percorsi di un processo storico di trasformazione che è solo alle fasi iniziali, ma che è suscettibile di sviluppi, per ora non prevedibili, in un futuro non troppo lontano.