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Odio e razzismo? Sono quelli contro gli italiani

di Francesco Lamendola - 28/11/2019

Odio e razzismo? Sono quelli contro gli italiani

Fonte: Accademia nuova Italia

L’altro giorno una signora di ottant’anni si è beccata un pugno in faccia da un immigrato bengalese di quarantuno, in una via centrale di Pieve di Soligo, provincia di Treviso. Lui ha aperto un bazar etnico e lei, che abita da anni al piano di sopra, si lamentava della sporcizia sul marciapiede; perciò era scesa e si era messa a spazzare la strada con la scopa. Lui si è infastidito dei rimproveri e prima le ha strappato la scopa dalle mani, spezzandola, poi le ha sferrato il pugno in pieno viso, mandandola al pronto soccorso. Sì, avete capito bene: un immigrato si è permesso di picchiare brutalmente una signora ottantenne, rea di pretendere un po’ di decoro sul marciapiede del caseggiato in cui abita. Nella nostra cultura alzare le mani su una donna, specialmente su una donna anziana, è considerata una cosa particolarmente spregevole, e infatti ci risulta che neanche i peggiori delinquenti lo fanno; ma evidentemente in altre culture non è così, specialmente se la donna anziana in questione è una italiana, presumibilmente di fede cattolica. Ci sono immigrati islamici i quali non si considerano affatto ospiti di un Paese straniero, che generosamente ha aperto loro le porte e dato una possibilità di vita, di lavoro e d’inserimento, ma  che sono venuti con la precisa intenzione di imporre al nostro Paese le loro usanze e la loro cultura. Alla signora che minacciava di querelarlo (cosa che poi ha fatto), il bengalese ha risposto di non temere affatto una tale eventualità, perché era certo che i carabinieri non gli avrebbero fatto nulla. Del resto, basta girare per la strada e vedere che certe donne islamiche possono girare tranquillamente indossando il burqa, che lascia scoperti solamente gli occhi, anche sotto il naso dei vigili urbani  e degli uomini delle forze dell’ordine, senza essere fermate e identificate; cosa che certamente avverrebbe se a girare per la strada con il viso contraffatto fosse un cittadino italiano. Dunque un fondo di verità nelle parole del bengalese c’è sicuramente: non solo questi soggetti non hanno la benché minima intenzione d’integrarsi, ma sanno perfettamente che, per tutta una serie di ragioni – non intendiamo gettare la croce addosso ai vigili, ai poliziotti o ai carabinieri, perché sappiamo bene che essi, a loro volta, devono stare attenti, più che ai delinquenti, a certi procuratori di sinistra che incriminerebbero loro alla prima occasione – sanno di poter fare tutto quel che vogliono e anche di poter imporre, nelle nostre città, un razzismo all’incontrario. Sanno, cioè, di potersene infischiare bellamente delle nostre leggi, per non dire delle nostre usanze, e di poterle sfidare senza dover temere alcuna conseguenza. Fra parentesi, poche settimane prima, sempre a Pieve di Soligo, un insegnante di una scuola coranica era stato inquisito e allontanato dal comune perché è risultato che picchiava di santa ragione i bambini a lui affidati, tanto che i piccoli si presentavano poi a scuola con i segni delle battiture e con dei disturbi comportamentali che hanno finito per insospettire le maestre. Ma sarebbe lunghissimo l’elenco dei comportamenti degli immigrati islamici dai quali traspare il massimo disprezzo e una totale chiusura nei confronti della cultura e delle regole del Paese che li ospita, e nel quale si comportano come se fossero degli occupanti vittoriosi. Per esempio, è frequente che, a scuola, studenti o genitori sollevino difficoltà se i professori si permettono di far studiare la Divina Commedia, nella quale Maometto è posto all’Inferno; accade anche che dei ragazzini si rifiutino di fare la lezione di educazione fisica perché, essendo in periodo di digiuno per il Ramadan, si sentono troppo stanchi per sottoporsi agli esercizi come tutti i loro compagni. Negli asili e nelle scuole elementari e medie, poi, non si contano i reclami nei confronti del menu delle mese scolastiche. Benché godano già di un trattamento di favore, perché quasi tutti pagano la tariffa ridotta sulla base di una semplice autocertificazione (mentre le famiglie dei cittadini italiani devono presentare la documentazione relativa al loro stato patrimoniale per aver diritto allo sconto), protestano vivacemente per la presenza, nel menu, della carne di maiale e  pretendono che ai loro figli venga servita la carne halal, che non solo è priva di carne suina, ma è stata fatta mediante una particolar macellazione secondo le prescrizioni della legge islamica, particolarmente crudele per le bestie.

Attenzione: non stiamo dicendo che gli immigrati islamici siano tutti così; ma è innegabile che non pochi lo sono. Quando il cardinale Biffi disse, più di dieci anni fa, che l’Italia avrebbe dovuto esercitare un minimo di selezione rispetto agli immigrati e dare la preferenza a quelli di religione cattolica, come filippini o sudamericani, o meglio ancora polacchi o croati, venne subissato da un coro di critiche e, naturalmente, accusato di xenofobia e islamofobia; eppure si può vedere adesso quanto aveva ragione. Se i comportamenti aggressivi e illegali di questi soggetti sono così frequenti, per non dire abituali, adesso che si tratta ancora di una minoranza della popolazione, non ci vuol molta fantasia per capire cosa succederà quando si avvicineranno ad essere la maggioranza: il che non avverrà fra duecento ani, ma fra meno di cinquanta, visto il differente tasso di natalità fra essi e noi. E ci siamo limitati a segnalare alcuni comportamenti incompatibili con le nostre leggi e con la nostra civiltà che sono riconducibili direttamente ad una stretta osservanza delle leggi islamiche; tacendo, peraltro, alcuni dei più scabrosi, come le mutilazioni genitali femminili, che per certi gruppi etnici, come quello somalo o quello eritreo, riguardano praticamente la totalità delle donne; ma ci sono anche comportamenti incivili e aggressivi che non dipendono direttamente dall’appartenenza religiosa, bensì da quella culturale nel senso più ampio. I ragazzini islamici che tengono in ostaggio alcune linee di autobus urbani e corriere provinciali, fenomeno ormai cronico in tutto il Nord-Est e, crediamo, anche in molte altre parti d’Italia, i quali giungono a picchiare e mandare all’ospedale i conducenti se appena questi si azzardano a richiamarli a un comportamento più corretto, spadroneggiano ormai in maniera tale che quasi non passa giorno senza che si verifichi un nuovo brutto episodio. In questo caso si tratta di bullismo alimentato da un senso di superiorità nei confronti degli imbelli italiani, malati di buonismo e garantismo, ma, in fondo - ed essi lo capiscono benissimo – semplicemente paralizzati dalla paura. Quante volte i carabinieri sono stati chiamati sul posto da un conducente esasperato, costretto a fermare il mezzo e a chiedere aiuto, e si sono trovati davanti dei ragazzi spavaldi e strafottenti, del tutto insensibili al senso dell’onore o al pentimento, e pienamente coscienti del fatto che le leggi italiane praticamente non puniscono i minorenni, a meno che si macchino di reati particolarmente gravi, per cui si sentono assolutamente liberi di far quel che vogliono e d’imporre la legge del branco sugli altri viaggiatori, sugli altri studenti e sugli stessi bigliettai e conducenti dei mezzi pubblici. E ne hanno ben d’onde. Se un capotreno si permette di far scendere un africano  sprovvisto di biglietto, gli arriva una denuncia per abuso d’ufficio e alla fine si vede infiggere una condanna a due mesi da un tribunale italiano, con tutti i crismi della legge, come se il delinquente fosse lui. Questo specifico episodio è accaduto realmente, a esserne protagonista è stato il tribunale di Belluno e la vittima era il capotreno di un convoglio proveniente da Padova, che, fra l’altro, aveva rimediato anche un paio di ceffoni da parte del povero migrante nigeriano da lui costretto a smontare alla prima fermata.

Pertanto, alla domanda che tanto piace ai progressisti e ai fautori della legge Segre contro gli istigatori di odio e di razzismo, se in Italia esiste realmente un’emergenza di questo tipo, la risposta è senz’altro positiva: ma ad essere il bersaglio dell’odio e del razzismo sono in primo luogo gli italiani, presi tra due fuochi. Da una parte, degli immigrati sempre più aggressivi, che non rispettano le regole, che non pagano l’affitto, che viaggiano senza biglietto, che insultano e  minacciano perfino gli uomini delle forze dell’ordine, se questi si permettono di chieder loro i documenti nel corso di normali controlli contro gli spacciatori di droga; dall’altro i giudici di sinistra che non perdono una sola occasione per far vedere che stanno dalla parte degli ultimi, cioè, secondo loro, dei poveri stranieri, mentre sono gli unici a non essersi accorti che gli ultimi, ormai da diversi anni a questa parte, sono gli italiani delle fasce sociali più deboli, costretti a vivere nei quartieri degradati, abbandonati dalle autorità dello Stato e presi letteralmente in ostaggio dalla delinquenza d’importazione e da tutta una serie di comportamenti incivili e violenti di questi sedicenti profughi o immigrati di varia provenienza. L’episodio della signora ottantenne di Pieve di Soligo brutalmente aggredita, che abbiamo riferito sopra, è solo uno dei tantissimi che avvengono in continuazione ma è, a suo modo, esemplare. Ci chiediamo cosa sarebbe successo se ad essere aggredita fosse stata una donna islamica; se un cittadino italiano l’avesse presa a pugni e minacciata sulla pubblica via. È fin troppo facile dire quel che sarebbe accaduto: che i giornali avrebbero dedicato al fatto i loro titoloni, i telegiornali avrebbero puntato il dito contro il razzismo insorgente negli italiani, e Bergoglio e gli esponenti del governo e delle istituzioni si sarebbero precipitati ad ammonire, a promettere la massima severità e a domandare scusa a destra e a manca dinanzi a un simile sfregio alle norme della civile convivenza. Senza dubbio, poi, le forze politiche di sinistra se ne sarebbero servite per affrettare l’approvazione del disegno di legge contro il razzismo, il fascismo e Dio solo sa quanti altri orribili vizi e oscuri sentimenti che giacciono in fondo alla coscienza del popolo italiano. Un giornalista con dichiarate simpatie di sinistra, Federico Rampini, ha raccontato in un’intervista che fino a qualche anno fa viaggiava tranquillamente in treno e si recava con grande piacere a Roma o a Milano, ma che da qualche anno a questa parte si sente sempre più a disagio, e, per dirla tutta, ha paura quando esce dalla stazione, perché si rende conto di quel che tutti gli italiani comuni possono vedere e sperimentare sulla loro pelle: che le zone attorno alle stazioni ferroviarie sono ormai terra di nessuno, o meglio, sono terra di occupazione, dalla quale gli italiani sono esclusi e, se per caso vi si vogliono avventurare, lo fanno a loro rischio e pericolo. Qualche tempo fa, in pieno giorno, non lontano dalla stazione ferroviaria di Padova è stata aggredita dagli spacciatori che vi si trovano stabilmente, una famigliola di cinque persone: il papà aveva rifiutato di acquistare la droga che gli veniva offerta e lo spacciatore ha reagito prendendolo a pugni sotto gli occhi dei bambini, della moglie e della cognata. È in queste condizioni che milioni di italiani sono costretti a vivere, in omaggio al dogma buonista dell’accoglienza indiscriminata; ma pare proprio che a non accorgersene siano solo i giornalisti dei principali mass-media, i politici e il clero della chiesa che un tempo era cattolica di nome e di fatto, mentre oggi è divenuta preda di una manica di cardinali massoni i quali stanno imponendo l’agenda dell’immigrazionismo selvaggio, spacciandola ai fedeli come una sorta di dovere cristiano e addirittura come un nuovo Vangelo, più vero e più misericordioso di quello di Gesù Cristo, perché viene da un uomo che, secondo molti, è ancora più buono e più accogliente di Gesù Cristo: il signor Jorge Mario Bergoglio, colui che i suoi superiori non volevano neppure come vescovo e che, in quanto gesuita, non avrebbe mai e poi mai potuto essere eletto papa.

Come siamo arrivati a questo punto? E che cosa possiamo ancora fare? Le due domande si integrano a vicenda: se non capiremo che cosa ci abbuia condotti in questa situazione, non potremo neppure elaborare delle strategie di difesa e di sopravvivenza. Perché a questo siamo ridotti: a sperare di poterci difendere e sopravvivere; non di ripristinare la situazione che esisteva appena venti anni fa, ma che sembra ormai lontana anni luce, e nella quale l’Italia era degli italiani, la chiesa dei cattolici, i risparmi dei risparmiatori, la cittadinanza dei cittadini e la legge operava in difesa di chi la rispetta e non di chi la calpesta. In primo luogo, ci ha fregati e ci frega il buonismo smerciato continuamente dai mass-media. Un giornale di oggi recava la fotografia di tre bambine africane vestite di bianco come per una solenne cerimonia, colle coroncine di fiori nei capelli, recanti tre grandi fogli con la scritta: Diritto di fraternità: il tutto a corredo di un articolo a sostegno dello ius, soli, dove si fa il conto di quanti bambini immigrati nella nostra provincia “sperano” in una rapida approvazione della legge sullo ius soli. Sfruttando la naturale tenerezza di qualsiasi persona normale verso l’infanzia, si suggerisce che solo dei mostri di egoismo e degli energumeni razzisti possono esser contrari a una legge così umana e doverosa. È lo stesso buonismo che ha fiaccato la coscienza morale dei cattolici. Preti modernisti hanno lanciato ai fedeli, dal pulpito, la domanda struggente della bambina di un genitore divorziato e risposato, che non può ovviamente fare la Comunione: Cosa ha fatto di male il mio papà, da non poter ricevere Gesù? Certo: negare la Comunione a un uomo che vorrebbe farla è una crudeltà inaudita; e poco importa se costui ha rotto una sacramento, cioè un solenne impegno che si era assunto dinanzi agli uomini e dinanzi a Dio. Ma il buonismo, è chiaro, non basta a spiegare quel che è accaduto: non è la causa, ma l‘effetto del baratro in cui siamo scivolati. La causa risiede nel potere globale della grande finanza, che si serve degli immigrati, specie islamici, per destabilizzare la nostra società, provocare una sostituzione di popoli e creare le condizioni per un generale abbassamento del costo del lavoro. Il vero nemico è lì. E lo si capisce allorché si vedono Gentiloni o Bergoglio dire proprio le stesse cose che dice Soros. Se non si capisce ciò e non si reagisce contro quel potere, tutto il resto risulterà inutile e velleitario…