Pagine gialle della conoscenza
di Lorenzo Merlo - 17/07/2025
Fonte: Lorenzo Merlo
Lo scientista non sa di esserlo.
“Comunque, si cade subito in errore, se si scambia per legge viva dello sviluppo umano in generale uno schema di sviluppo”. (1)
Lo scientista non sa di esserlo. Arriva a pensare di poter scrivere qualcosa che sia solo scientifico perché non è consapevole del suo stesso credo, quello che gli impone di
- non avere altra scienza al di fuori di quella meccanicista,
- di non chiamare scienza nient’altro che quella in mano sua,
- di ricordare di santificare Descartes, Newton e Einstein,
- di onorare padre e madre ovvero il razionalismo e la logica,
- di uccidere ogni pensiero contrario a questo decalogo,
- di non lasciarsi andare a prendere in considerazione altro che non sia entro il campetto di gioco del meccanicismo,
- di non appropriarsi di prospettive di conoscenza altrui,
- di mentire liberamente o inconsapevolmente pur di difendere la propria fede,
- di non desiderare una scienza altra dalla propria,
- di non desiderare concetti diversi da quelli imposti dalla logica.
In sostanza, ritiene che scrivere e pensare scientificamente lo sottragga dall’essere un devoto all’altare scientista, ovvero al principio secondo il quale oltre alla scienza non v’è modo – né ragione – di perseguire la conoscenza e la verità.
Va da sé che dal suo punto di vista deridere il resto dell’universo, ovvero ciò che sta fuori il piccolo recinto del suo campetto di gioco, non comporta essere scientista, ma essere semplicemente vero e giusto.
«L’ordinamento dialettico è il più mobile di tutti, poiché ordina soltanto concetti. Assolutizzando i puri ordinamenti e tralasciando affatto gli oggetti dell’osservazione esso non assolutizza nessun particolare processo dello spirito, delle forze e delle posizioni in cui si esprimono le visioni del mondo. [...] Come pura sistematica dei concetti di vita e di esistenza concreta esso non è una sistematica della vita e della esistenza concreta medesime (che sarebbe impossibile, e condurrebbe al vicolo cieco di una prevaricazione razionalistica, che estrania gli uomini dall’esistenza). [...] Si può soltanto evitar l’errore di credere che l’ordinamento dialettico sia più di quel che è». (2)
Insomma la matrice scientista del suo pensiero, generata dalla fede nell’idea della scienza, non gli è nota e se lo è se ne vanta, per questo è capace con nonchalance di sfidare chiunque a trovare cosa ci sia di scientista nel suo commento. CVD.
Ma è proprio nel suo sfidare chiunque che lo scientista va premiato con la S lunga del supermercato. Che le prospettive sul mondo – l’aveva già detto Platone, e tanti altri, ma lui della filosofia se ne frega – siano ontologicamente parziali se ne fa un baffo, in nome e in difesa della scienza. Va detto!
Ecco cosa arriva a dire lo scientista ignaro del ruolo che copre:
“Visto che Merlo mi ha chiamato in causa direttamente (citando un mio commento in cui sfido chiunque a rintracciare tracce di «scientismo»), ne riporto un altro, fatto a seguito del primo.
Io non voglio dare del cialtrone a nessuno, e men che meno a chiunque sia curioso delle novità e degli stimoli che derivano dagli sviluppi recenti (ormai, recenti di un secolo) della fisica, quantistica o meno che sia. Vorrei solo che si avesse un po’ più di contezza di ciò di cui si parla, se se ne vuole parlare, e non ci si limitasse all’uso arbitrario di metafore suggestive quanto fuorvianti”. (3a)
“Sfido chiunque” è una formula il cui habitat di nascita e vita riguarda il dualismo, ovvero quel territorio creato dal pensiero logico-meccanicista che genera e sancisce la separazione tra oggetto e soggetto. È, ontologicamente, l’affermazione della presunta superiorità di ogni affermazione a sostegno del soggetto che la pronuncia. Ed è perciò, contemporaneamente, anche la costante rivelazione di non avere consapevolezza della sua ineludibilità, in quanto convivente del soggetto che ritiene – come da sussidiario – di poter guardare neutralmente il mondo. Ed è anche, purtroppo, l’origine della pretesa di superiorità, minimo comun denominatore dell’arroganza e della sopraffazione. Per la prova del nove, così cara allo scientista ignaro di se stesso, si veda il prodotto sociale e politico delle ideologie o anche quello delle relazioni sofferenti.
Ma “sfido chiunque” è anche una formula idonea per essere incompatibile e inconcepibile in contesto quantistico, la cui prima natura è quella di far divenire la realtà in funzione di chi ne è al cospetto.
Ma torniamo a noi. Un po’ più di “contezza” dice. Ma secondo quali regole? Quelle in possesso suo? Quelle che danno per scontata e certa la separazione tra oggetto e soggetto? Quelle cartesiane? Quelle newtoniane? Quelle della vulgata illuministica che parla della supremazia della ragione? Quelle del metodo scientifico, che separa il mondo in pezzetti credendo di studiarlo? Di più, di conoscerlo? Quelle uguali per tutti? Come la legge? E, soprattutto, perché? Non possono essercene altre, con dinamiche differenti che le distorcono e contengono, che delle sue non sanno che farsene se non per giocare a scala quaranta? La situazione è drammatica!
Come può quindi un io sfidare tutti senza ergersi sprovvedutamente sopra gli altri? Come si possono ergere a legge assoluta banali convenzioni arbitrarie e autopoietiche, e utilizzarle come martelli divini impropriamente utilizzati per tutti i chiodi del pensiero logico, ma purtroppo anche di quello estetico, lirico, contemplativo, meditativo, non duale?
Passare col rosso è sempre sbagliato solo e soltanto per il codice della strada e solo se qualche specifico probiviro della legge ti denuncia.
“Ogni volta che abbiamo parlato della vita ci siamo accorti subito che facendo ciò coglievamo soltanto un elemento, un involucro o un processo di dissoluzione. [...]. Noi costringiamo, nei limiti del possibile, pur sapendo di sbagliare, tale inconcepibile in concetti che sono pensabili complessivamente come concetti in termini paradossali, solo nella forma del metodo dialettico. [...] Le forze supreme che debbono essere ora il nostro oggetto sono infinite, sono totalità, e per questa loro natura non possono essere oggetto per noi nello stesso modo degli altri oggetti. Il nostro sarà perciò un continuo parafrasare e girare attorno. Due risultati appaiono tuttavia possibili alla nostra conoscenza: in primo luogo la coscienza dell’esistenza di questi termini supremi che non sono mai raggiungibili e compiutamente concepibili; e in secondo luogo la chiarificazione di un patrimonio di concetti specifici, paradossali, che sono sempre lo strumento (corrente nella bocca di ognuno) mediante il quale la nostra ratio parla dell’incomprensibile nel tentativo di comprendere”. (4)
“Fuorvianti”? Dunque, il giudizio fa testo, ma descrive una realtà che è solo nel pensiero di chi la descrive. Oltre a quelle del bravo scolaretto, il dubbio che esistano prospettive differenti dalla sua non assale lo scientista. Le streghe ci sono sempre. Povero Popper e compagnia.
“E lo ribadisco. Poi, se Merlo non può fare a meno di dividere l’umanità in scomparti separati e appiccicare etichette (per cui da «scientisti» si diventa anche affossatori delle verità altrui, vocati alla prepotenza e alla sopraffazione, prevaricatori culturali del prossimo, tecnici al servizio di chiamate vanitose e materiali, affiliati di un «clero civile votato alla chiesa del determinismo, del riduzionismo, del razionalismo e del meccanicismo», fino alla vergogna suprema di essere laureati e intellettuali) questo è un problema suo e non mio. Vale sempre l’antica saggezza (che sfugge al dominio logico-razionale) secondo cui spesso «ciò che Pietro dice di Paolo non descrive Paolo ma Pietro»”. (3b)
Ci sarebbe da divertirsi se la faccenda riguardasse me e chi ce l’ha con quello che scrivo. Ma la questione diviene seria quando dentro il campetto giocano anche i campioni.
“Ovviamente la sua [di Stephen Hawking, nda] fede è riposta nella scienza, che da sempre studia l'universo per capire com'è stato creato e trovare una risposta scientificamente comprovabile alle domande dell'umanità. In contrapposizione con l'indicazione delle religioni che, a sua detta, sono così sospettose verso la scienza da scoraggiarla attivamente. «Cosa faceva Dio prima della creazione? Preparava l'inferno per le persone che si ponevano queste domande?» ha chiesto ironicamente Hawking, per poi scherzare sul fatto di essere contento di non essere perseguito dall'inquisizione”. (5)
Forse al professore inglese sfugge che l’esperienza non è trasmissibile, che ricreare è necessario, che nelle parole ci sono infiniti universi, uno per ogni persona che le sentirà e le pronuncerà, che come dice Hegel, “ogni contenuto della coscienza è pensiero” (6) che ridurre tutto entro una sola semantica è il più grande problema delle culture a derivazione cartesiano-illuministica-scientista. “Le singole forme della coscienza [...] hanno la loro verità solo in quanto sono e rimangono in lui stesso”. (7)
“Ciò che può prendere atto solo come viva esperienza, e al quale nessuno può essere indotto da motivi razionali, e il cui processo avviene nelle forme dell’esperienza come sentimento, intuizione, rappresentazione, ciò è per Hegel «pensiero». Quando si descrivono tali processi nella forma costituita dalle prove dell’esistenza di Dio, le descrizioni non vogliono, come ci si potrebbe attendere dal pensiero, convincere colui che non fa esperienza del processo, non vogliono condurre a Dio il senza Dio. «Le prove dell’esistenza di Dio», scrive Hegel, sono «spacciate per tali, che sembra quasi che, mediante la loro conoscenza e la convinzione operata da esse, possa essenzialmente, e così soltanto, operarsi la fede e la convinzione dell’esistenza di Dio. Tale affermazione farebbe tutt’uno con quella che a noi non sia possibile mangiare finché non abbiamo ottenuto la conoscenza delle proprietà chimiche, botaniche o zoologiche degli alimenti».” (8)
Come la realtà di ciò che crediamo di essere, di ciò che crediamo essa sia, si concretizza nel pensiero, così la scienza seguita a sbattere contro un muro che si è fatto da sola. Non è attraverso la domanda che si può trovare la risposta. Un intento simile al fare cilecca, visto che ha ragione d’essere unicamente nel ristretto campetto della logica formale e, soprattutto, in quello microscopico in cui gli uomini credono che solo il campo logico possa dare risposta. Un guaio!
Infatti, è la domanda stessa (preceduta dal corrispettivo pensiero) che vorrebbe indagare la natura del mistero, che genera il mistero stesso. Un buon emblema rivelatore della realtà come pensiero.
Da quell’incipit che sfida il mondo, sfacciato e sprovveduto, pregno di fideismo logico-razionalista, segue una catena con cui la nostra cultura è costretta a terra, incapace di volare. È l’assurdità per la quale stando entro i criteri della logica si possa scientisticamente credere di dare una risposta universale a qualcosa.
Una cultura che costringe entro la sua rete tutti i pensieri e tutta la creatività; dalla quale deriva il male e il degrado che possiamo osservare costantemente a tutti i livelli, politici, geopolitici, sociali, individuali, educativi, legislativi, scolastici, economici, relazionali, biologici, di salute; terminale somatizzazione di corrispondenti dinamiche spirituali, le quali la scienza e gli scientisti non sanno che ridicolizzare e deridere. In ogni caso, il malessere, che come un velo nero ricopre tutti gli orizzonti vicini e lontani, è la manifestazione di un sistema egoico-meccanicistico-materialistico, perché il mondo, l’infinito, la vita non stanno sotto un vetrino, né su un piano cartesiano, né dentro la piatta geometria euclidea. Tutti espedienti bambineschi, come i castelli di sabbia e le piste per le biglie con Anquetil e Balmamion, che del mondo potranno solo fare cataloghi, categorie ed elenchi, proprio come la Pagine gialle (9).
“Coloro cui sfugge completamente l'idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica” (10).
Note
- Karl Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo, Roma, Astrolabio, s.d. p. 42.
- Karl Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo, Roma, Astrolabio, s.d. p. 43-44.
- a) https://gognablog.sherpa-gate.com/ops/#comments
b) https://gognablog.sherpa-gate.com/ops/#comments
- Karl Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo, Roma, Astrolabio, s.d. p. 378-379.
- https://altrarealta.blogspot.com/2015/01/stephen-hawking-vi-spiego-perche-dio.html
- Karl Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo, Roma, Astrolabio, s.d. p. 425.
- Karl Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo, Roma, Astrolabio, s.d. p. 426.
- Karl Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo, Roma, Astrolabio, s.d. p. 423-424.
- Raccolta cartacea delle aziende commerciali, artigianali e di servizio, suddivise per categoria e per comuni e zone d’Italia.
- Gregory Bateson, Mente e natura, Milano, Adelphi, 1894, p. 42.