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Piercamillo Davigo, il giudice polifunzionale, e la furbaggine italiana

di Gianni Correggiari - 31/05/2020

Piercamillo Davigo, il giudice polifunzionale, e la furbaggine italiana

Fonte: Gianni Correggiari

Hanno fatto scandalo le dichiarazioni di Piercamillo Davigo. «Se invito a cena il mio vicino di casa e lo vedo uscire con la mia argenteria nelle tasche, non devo aspettare la sentenza della Cassazione per non invitarlo di nuovo».
Davigo è una persona certamente intelligente, colta e preparata. Ma adotta un esempio inconferente, che porta a far confluire in un unico torrente scienza personale e giustizia obbiettiva; un po' alla maniera longobarda – da quelle parti lui sta infatti - dove imperavano faida e guidrigildo.
Se tu inviti a cena il tuo vicino di casa e vedi che esce con la tua argenteria, sicuramente non lo inviterai più e farai benissimo in futuro a diffidare di lui. Ma certamente non potrai presiedere o comporre una corte che lo giudicherà. Magari gli darai una bancata di botte, e il ladro se le sarà anche meritate. Ma non si tratterebbe d'un processo bensì di una vendetta, di una ritorsione, di una lezione sacrosanta.
La “terzietà” ossia l'indipendenza di valutazione di cui il giudice deve dotarsi è però altra cosa .
Lui invece, Davigo, vuole fare un po' come in quel famoso film di Stallone , “Dredd-La legge sono io” dove nella città di Megacity comandano giudici polifunzionali: poliziotto, magistrato e giustiziere, il tutto concentrato nella medesima persona.
Anzi, di più. Perché chi subisce il furto dell'argenteria è anche testimone e parte lesa.
In una cosa Davigo ha comunque perfettamente ragione ossia che la tendenza a rimandare ogni giudizio, ben conoscendo le lungaggini italiane, finisce per premiare i furbi che sulla lentezza dei procedimenti – penali, civili o disciplinari - contano per far finire tutto in cavalleria e continuare così a maramaldeggiare. E che sono appoggiati pure da una decisa e diffusa mentalità nostrana, che tende a premiare solidarizzare giustificare chi fa il furbo, chi sa fregare – soprattutto lo Stato e le autorità – facendola franca.
Lo scriveva Prezzolini “L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi che non fanno nulla, spendono e se la godono”.
Ecco, Davigo ha ragione fino al punto in cui critica quella tendenza, che ben può sintetizzarsi nella forse infelice battuta dell' “errore italiano di aspettare le sentenze”.
Ma oltre non è ammissibile andare, a pena di sconfinare in un intollerabile puritanesimo giudiziario e se in questa attesa vi è un errore ciò dipende quasi sempre dalla lentezza dei magistrati e dalla loro riluttanza ad estendere la possibilità a giudici onorari, reclutandone in numero adeguato, di amministrare giustizia, accelerandone così i tempi.
Davigo insomma vuole una società impregnata di processi sommari, di giudici che fanno giustizia da soli, di giudizi magari senza difensori (lo pensa). Fosse vissuto ai tempi dell'Ancien Régime avrebbe caldeggiato l'uso frequente delle “lettres de cachet”, ordini emessi da ministri con cui, senza bisogno d'altro, si arrestavano persone sotterrandole per anni nelle segrete.
Ma “troppa” ansia di giustizia fa male. “Summus ius summa iniuria” proclamava Cicerone bacchettando gli intransigenti. E la sua sentenza evidentemente vale anche a futura memoria.