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Politica, corruzione, giustizia

di Marco Della Luna - 20/05/2019

Fonte: Marco Della Luna

La diffusa credenza popolare che chi conquista un potere pubblico non lo usi a vantaggio proprio e della propria fazione è illogica, seppur umanamente comprensibile. Questa credenza viene regolarmente sfruttata per raccogliere voti con la promessa di debellare la corruzione. È ingenuo o ingannevole deprecare indignati la corruzione (il peculato, l’abuso di potere) commessi dai politici di mestiere, perché prendersi a torto o a diritto denaro e altre utilità è al contempo lo scopo e lo strumento del fare politica, assieme alla capacità di camuffare questa e altre realtà e di eliminare i concorrenti. I politici di carriera sono selezionati e formati in base a ciò. Alcuni ingenui si mettono in politica per ideali, ma, non producendo dividendi, finiscono presto, tranne i rari che vengono presi e usati come icone di onestà, foglie di fico.

Non esiste e non può esistere una politica onesta, che non rubi e non inganni – il che legittima moralmente e legalmente l’evasione fiscale-contributiva e in generale l’arrangiarsi, come legittima difesa o azione in stato di necessità. Esistono invece -ed è questo che fa la differenza per le sorti di un paese- classi politiche che sanno solo ‘rubare’ e servire lo straniero, e classi politiche che ‘rubano’, ma sono competenti, sanno organizzare e gestire lo sviluppo del paese, come avviene nei BRICS, che combinano alto tasso di crescita ad alto tasso di corruzione. In Italia quello sviluppo è venuto meno, manca da circa 25 anni, appunto perché la sua classe politica è del primo tipo, per ragioni storiche, legate al tradizionale asservimento dell’Italia e di molti stati preunitari a potenze straniere dominanti. Asservimento che continua nell’Unione Europea e che non lascia spazio a statisti veri, a una politica vera, con possibilità di scelte reali, bensì solo a una pseudopolitica di promesse illusorie, servilismo, clientele e ruberie.

Può inoltre bene esistere un servizio giudiziario che colpisce il rubare di certuni e copre quello di certaltri, per dare un certo indirizzo agli affari e al governo e per tutelare il sistema reale di forze e interessi, legittimandolo o nascondendolo. Un servizio giudiziario che da sempre conosceva e lasciava proseguire quel medesimo andazzo di corruttela che poi, tutto d’un tratto, ha tirato fuori come Tangentopoli quando si è trattato -a seguito del Britannia Party del 2 Giugno 1992- di coprire con un polverone di scandali la mille volte più grave svendita allo straniero degli interessi e degli assets nazionali mediante la destabilizzazione finanziaria dell’Italia, a iniziare con l’insider trading valutario da 30.000 miliardi di Lire del Settembre 1992, e continuando col far fuori giudiziariamente tutte le forze politiche popolari tradizionali, necessariamente ladre nel senso sopra indicato ma legate e legali all’interesse nazionale, lasciando in auge solo quella che si era convertita dall’internazionalismo dei lavoratori al sovranazionalismo dei banchieri, ossia al liberismo, e che quindi sarebbe stata collaborativa. Questo era il disegno, riuscito in buona parte. Inasprire le conseguenze per gli indagati, gli accusati e i condannati per corruzione, escludendoli dalla politica, non riduce la corruzione, ma riduce il ruolo delle elezioni in favore di alcuni uffici giudiziari.

Solo due magistrati, a quanto mi consta, hanno avuto l’ardire di indagare e cercare di perseguire il sistematico e molteplice tradimento degli interessi nazionali in favore di quelli stranieri, la corruzione in affari esteri, quella di cui, guarda caso, non si parla mai.