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Prodromi di guerra civile negli Stati Uniti?

di Eugenio Orso - 23/03/2021

Prodromi di guerra civile negli Stati Uniti?

Fonte: Comedonchisciotte

Il discorso che mi accingo a fare, in estrema sintesi, riguarda la debolezza attuale degli Usa, come principale potenza di riferimento e strumento imperialista per l’élite finanziaria e globale, di ispirazione giudaica e sionista.

Fondamentale sembra essere, per i dominanti, la realizzazione del progetto del club di Davos, chiamato The Great Reset e firmato da un esponente del WEF, Klaus Schwab, ottuagenario e membro attivo della gerontologia elitista, nonché da un suo collaboratore, Thierry Malleret. The Great Reset è il suggello al dominio elitista sul mondo e se dovesse andare in porto sconvolgerebbe la stessa idea che abbiamo dell’uomo e delle società umane. Il Davos “virtuale” di gennaio, rivelatore delle intenzioni elitiste, lette fra le righe, è stato una conseguenza della diffusione del Covid.

In pratica, il “distanziamento sociale” imposto dalla pandemia Covid è funzionale al controllo delle popolazioni, ad accelerare i processi di automazione dell’industria, a rendere gli stati più ricattabili con l’aumento del debito pubblico e i crolli di PIL, i lavoratori più docili a causa della disoccupazione indotta e della progressiva perdita di diritti e di reddito, e via discorrendo. Quanto precede in “armonia” con il piano elitista noto come The Great Reset, che non sarà, come millantato, un nuovo inizio felice per l’umanità, con un colpo di spugna a ciò che di brutto caratterizzava il passato, ma semmai il contrario, più simile alla realizzazione di una grande distopia che darà sostanza al “trasumanesimo” e alla perdita totale di controllo sulla propria vita per miliardi di dominati.

Personalmente dubito che il cambiamento previsto nel piano elitista ci sarà solo se la “gente” lo vorrà, come sostengono lor signori, ma sono certo che implicherà la subordinazione completa degli stati nazionali al potere elitista esteso a gran parte del pianeta, oltre a un forte cambiamento nelle attività produttive, molte delle quali moriranno, lasciando spazio al “green” di Greta e di Gates (roba da ricchi, ovviamente), all’automazione esasperata e alla telematizzazione.

L’arma biologica Covid e tanto più quella legata ai vaccini di produzione americano-occidentale, sono state usate proprio per rendere possibile la realizzazione del piano elitista in tempi brevi e non storici, con qualche effetto “positivo” anche per quanto riguarda la riduzione della popolazione, da molto tempo obbiettivo dei cosiddetti potenti della terra. Gli stessi potenti che esprimono in modo abbastanza chiaro un “imperialismo finanziario privato” assolutamente nuovo, per il pianeta, in prospettiva dell’avvento della (loro) Governance mondiale. La Governance mondiale elitista sarà il vero esito finale del grande reset planetario. In pratica, sviluppo cosiddetto sostenibile e riduzione della natalità rientrano in pieno nel piano elitista in via di realizzazione, assieme alla demolizione della sovranità dello stato, al ferreo controllo delle popolazioni e alla lotta senza quartiere (terrorismo, destabilizzazioni, provocazioni continue e sanzioni), tipica di uno “scontro di civiltà”, nei confronti di stati e nazioni che ancora fanno resistenza.

Il punto che qui ci interessa è che il principale strumento geopolitico elitista per mettere in atto il piano è ancora rappresentato dagli Stati Uniti, con l’appendice militare minacciosa della Nato e la colonia chiamata Unione Europea che segue scodinzolando.

Ritengo che la tenuta degli Usa, ancora per qualche anno, fino a completamento del grande reset, sia fondamentale per gli elitisti, così come è fondamentale sconfiggere, con ogni mezzo e correndo qualsiasi rischio, i principali nemici del loro progetto, piegando anche loro alle ragioni dei detentori del grande capitale finanziario e del grande gioco crematistico in corso.

I nemici del Great Reset diventano di giorno in giorno più potenti, non soltanto militarmente, inoltre hanno già da tempo “mangiato la foglia” e stabiliscono alleanze difensive, perciò per l’élite è vitale “fare presto”, bruciare le tappe e riuscire nel breve/medio periodo a sconfiggerli, destabilizzarli, indebolirli, sottometterli. A tale scopo si manovrano i Naval’nyj & C., oppure la soldataglia ucraina nel Donbass contro la Novorossyia e i civili di etnia russa, non si ritirano le truppe di occupazione illegali dalla Siria e dell’Iraq, manovrando e spostando a piacimento i resti del isis, si predispongono imponenti e provocatorie manovre militari nell’est Europa, come Defender Europe 2021.

Con l’avvento di Biden, miglior marionetta democratica in mano agli elitisti, diventa importante il “timing” per la realizzazione del piano, tenendo in debito conto che:

1) Russia, Cina e Iran sono sempre più forti, non soltanto dal punto di vista militare e dei sistemi d’arma, con la Russia che ha ottenuto nel recente passato qualche successo geopolitico, da sola o assieme agli alleati, come la relativa “messa in sicurezza” della Siria, l’appoggio salvifico alla Bielorussia e la liberazione della Crimea, e la Cina che sia avvia nel 2030, o addirittura entro il 2030, a diventare la prima economia del mondo, surclassando gli Usa. Non c’è molto tempo per mettere sotto i paesi resistenti, perché fra non molto saranno troppo forti e più “federati”, grazie alla minaccia Usa.

2) Gli Usa stessi, principale base elitista per la conquista integrale del mondo, non godono di buona salute, se pensiamo alla frattura che si è approfondita nella cosiddetta società americana con l’ascesa temporanea (e anomala) di Trump alla presidenza federale, a partire dal 2016. Una frattura che è ben lungi dall’essere ricomposta, oggi che Trump pare fuori gioco e gli elitisti “ci hanno messo una pezza” facendo eleggere il fidato Biden, democratico “liberal”, con brogli elettorali, due tentativi di impeachment nei confronti di Trump, una lunga campagna mediatica diffamatoria, il Russiagate e chi più ne ha più ne metta.

Per quanto riguarda il primo punto, mi rifaccio a ciò che ha scritto di recente il filosofo russo Aleksandr Gel’evič Dugin: “Da parte di Biden, l’atteggiamento verso la Russia è abbastanza simmetrico. Lui e l’élite globalista in generale vedono la Russia come il principale avversario di civiltà, che rifiuta ostinatamente di accettare il vettore del progressismo liberale e difende ferocemente la sua sovranità politica e la sua identità.” Aggiungo solo che la Russia rischia di diventare ogni giorno più forte e di ottenere altri successi geopolitici, così il tempo stringe, per Biden e i suoi padroni elitisti e questo spiega non solo la frenesia nel voler circondare la Federazione Russa, minacciandola ai suoi confini, ma anche gli insulti di Biden nei confronti di Putin, senza precedenti nella storia postbellica delle relazioni Usa-Urss, prima, e Usa-Federazione Russa dopo.

Quello che ci interessa, però, è il secondo punto, cioè i fermenti interni agli Stati Uniti e la prospettiva di scollamento dell’unione o, addirittura, nelle più ardite previsioni di vera guerra civile, che diverrebbe la seconda guerra civile americana. Anche questa possibilità, credo, è stata contemplata dagli elitisti, che hanno ancora bisogno della potenza Usa per raggiungere i loro obbiettivi planetari, oggi sintetizzati nell’espressione Great Reset. Infatti, l’aggressività insultante di Biden rappresenta, non un problema gerontologico di demenza senile come sostenuto da alcuni, ma anche un tentativo di scaricare verso l’esterno le tensioni interne, non più tanto sotterranee dopo l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio scorso e la militarizzazione della capitale federale, in occasione dell’insediamento di Biden.

Ho sempre sostenuto che nel caso di implosione degli Stati Uniti, che sarà diversa per caratteriste e esiti da quella dell’Unione Sovietica avvenuta nel triennio 1989-1991, si sovrapporranno tre conflitti altamente disgreganti e forse molto sanguinosi:

1) Il conflitto razziale, mai sopito in USA, nonostante gli Obama e le Kamala Harris giunti sulla vetta. La memoria corre inevitabilmente a Los Angeles 1995 (Rodney King) e ai più recenti disordini per la morte del nero George Floyd, nel 2020. Con l’aggravante che dall’altra parte, in un prossimo futuro, ci potrebbe essere il proletariato bianco che ha sostenuto Trump nel 2016.

2) Il conflitto fra i sostenitori di Trump, che qualche volta sono usciti in strada armati, e i democratici “liberal”, utili idioti dell’élite al potere e sostenitori, anche se non troppo consapevoli, della globalizzazione e della conseguente distruzione delle vecchie identità collettive, che invece i supporter di Trump difendono. Donald Trump è sopravvissuto all’attacco elitista e all’impeachment, che mirava ad annichilirlo politicamente, sta prendendo il controllo del vecchio partito dell’elefante, o almeno di una parte di esso e, pur espulso e tacitato dai grandi social sotto il controllo elitista, sta già pensando a un suo social network alternativo, segno che non ha alcuna intenzione di mollare la presa.

3) Il conflitto “secessionista”, come lo chiamo io, che potrà rivelarsi importante nell’epoca critica del Covid e di Biden, perché diversi stati sono governati da repubblicani e in diversi stati si rifiutano le misure anti-Covid di Biden e altri suoi decreti. Sembra che la protesta si concentri in una decina di stati federati, o poco più, ma fra questi c’è il Texas e ci sono “disobbedienze” anche in Florida, due stati importanti, se non cruciali per la persistenza dell’unione.

I tre conflitti citati nascono dal profondo della società americana e sono proprio le politiche e le manovre elitiste a suscitarli e ad aggravarli progressivamente, tanto che ormai non sono definibili come latenti, cioè nascosti, ma tendono a diventare manifesti.

Se i “liberal” abbattono o sfregiano statue e monumenti, in quanto simboli razzisti e del “suprematismo bianco”, i sostenitori di Trump idealmente li difendono, se Biden impone le mascherine e stringenti misure anti-Covid, in certi stati si disobbedisce e le mascherine si bruciano, talora con la popolazione armata per le strade. Da un momento all’altro può esplodere un nuovo caso come quello di Floyd con conseguenti riots. Tutto questo mentre Biden se ne sta alla Casa Bianca difeso con le armi da quello che dovrebbe essere il suo popolo, minacciando mezzo mondo, a partire da Russia e Cina.

Quanto precede dovrebbe far comprendere la gravità della situazione, con una presidenza federale screditata fin dal quadriennio di Trump, per gli attacchi al presidente in carica orchestrati dagli elitisti, e un nuovo presidente, odiato dagli sconfitti, che potrebbe risultare più guerrafondaio di Hitler.

Una situazione potenzialmente esplosiva quanto quella che portò alla prima guerra civile americana 1861-1865, anche se in contesti culturali, economici e sociali molto diversi. Quando provo a fare questo tipo di parallelismi storici sono generalmente molto cauto, ma non c’è dubbio che la vittoria alle elezioni presidenziali di Abraham Lincoln sul sudista John Breckinridge, il 6 novembre 1860, mise in moto definitivamente un processo di disgregazione che condusse rapidamente alla guerra, scoppiata il 12 aprile del 1861 con l’attacco confederato alle truppe unioniste di Fort Sumter, vicino al porto di Charleston.

Le ragioni della prima guerra di secessione americana non maturarono in pochi mesi, ovviamente, perché il divario fra un nord industrializzato, sempre più ricco, che non aveva necessità di schiavi e un sud agricolo che ne aveva bisogno era già evidente da tempo, gli interessi degli unionisti ormai divergevano da quelli dei secessionisti, ma l’elezione di Lincoln fu il fattore scatenante che accese la miccia.

Così, oggi osserviamo che il confronto fra l’élite onnipotente, supportata soprattutto dai democratici “liberal”, da una parte, e l’”America profonda”, il ceto medio impoverito e il proletariato bianco, i “populisti” locali diventati sostenitori di Trump, dall’altra parte, non data da ieri, ma l’elezione di Biden (che non voglio paragonare a Lincoln, sia chiaro!) potrebbe fungere da detonatore, forse addirittura con Trump nelle vesti di Jefferson Davis, che fu presidente dei confederati (anche qui senza paragonare le due figure!).

I tre conflitti prima ricordati si sovrapporrebbero e la situazione potrebbe degenerare, anche se al momento è difficile dire quale dei tre potrebbe (sottolineo potrebbe) scoppiare per primo, innescando gli altri. Personalmente, con Biden e Kamala Harris al vertice per c/elitista, fido sul conflitto “secessionista” vero e proprio e sui governatori che ancora seguono Trump, ma anche su uno scontro aperto e diffuso fra “trumpisti” e sostenitori dell’attuale presidenza.

La guerra di secessione americana 1861-1865 causò più di seicentomila morti in un campo di battaglia che era quattro volte la Francia, molte vittime, fin troppe per la demografia di allora. Se scoppierà una nuova guerra civile americana, quanti potranno essere i morti, visto che il campo di battaglia sarà ancora più esteso e i motivi dello scontro più complessi e profondi?