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Prossima la fine di Erdogan?

di Eugenio Orso - 22/10/2019

Prossima la fine di Erdogan?

Fonte: Italicum

 

Se Erdogan-Mehmet VII deciderà di continuare l’azione a ogni costo, per strappare al legittimo governo siriano più che ai curdi, ancora qualche lembo di territorio, potrebbe fatalmente scontrarsi con il muro difensivo russo-siriano, innescando così conseguenze imprevedibili nell’area e per lui stesso e la Turchia, comunque, molto negative.

Quando uno spietato autocrate crolla, in un paese importante per posizione strategica e per lo status acquisito di potenza regionale, si aprono due possibilità, nell’area geopolitica interessata e in quelle circonvicine:

1) L’inizio di un grande caos, che potrebbe diventare molto sanguinoso e endemico, avviando un lungo periodo di instabilità, foriero di guerre e di grandi cambiamenti, almeno in quel quadrante geopolitico.

2) Una certa ma temporanea instabilità nel paese e nell’area di riferimento, che si concluderà in breve tempo per la comparsa di un nuovo autocrate/uomo forte, oppure per il rapido affermarsi di un nuovo governo che riuscirà a “prendere in mano la situazione” riportandola alla “normalità” (normalizzazione con le buone o le cattive, intendo). Così è stato con la caduta dell’impero ottomano alla fine della prima guerra mondiale, grazie alla comparsa sulla scena del generale Mustafa Kemal, che ha impedito negli anni venti il completo smembramento della Turchia. Così non è stato per la povera Somalia, nel Corno d’Africa, che dopo la caduta del generale Siad Barre (1991) non ha più avuto pace.

Erdogan prima ancora di essere uno statista è uno spietato criminale, disposto a pubblici e repentini voltafaccia, come ha ampiamente dimostrato al mondo in questi ultimi anni, passando dal sostegno determinante al piano di destabilizzazione violenta della Siria e dai rapporti cordiali con i “ribelli moderati” in Siria e con l’isis, a un presunto cambio di fronte, avvicinandosi alla Russia e all’Iran e allontanandosi, almeno in apparenza, da Usa e Nato.

Il tentato colpo di stato da operetta del 2016 lo ha fatto uscire ancor di più allo scoperto, rivelandone le vere intenzioni, e ha avuto soltanto l’effetto di permettergli di consolidare la presa sulla Turchia con una feroce repressione interna, non più rivolta soltanto contro la minoranza curda locale.

Oramai tutti dovrebbero aver compreso che “avvicinandosi” a Russia e Iran, senza uscire dalla Nato e senza rompere definitivamente con gli Usa, Erdogan non ha fatto soltanto il doppio gioco, ma bensì il triplo gioco, come testimonia l’invasione del settentrione siriano, a maggioranza curda, dello scorso 9 ottobre, favorita dal repentino e sospetto ritiro delle truppe americane da quell’area, che nell’euforia i turchi hanno rischiato persino di bombardare …

Ricordiamoci che nonostante l’opportunistico “avvicinamento” turco a Russia e Iran e le piccole “baruffe chiozzotte” con gli Usa, ad esempio per l’acquisto dai russi del nuovo sistema d’arma antiaereo russo S- 400, la scorsa estate ci fu un accordo fra gli americani e Erdogan per la creazione di un’area di sicurezza nel settentrione siriano, in prossimità del confine turco.

Inoltre, ricordiamo le precedenti, sanguinose incursioni in territorio siriano della soldataglia di Ankara e dei mercenari (islamisti, turcomanni) sostenuti da Erdogan in Siria, nell’estate del 2016, apparentemente in funzione anti-isis e agli inizi del 2018, in funzione anti-curda, con la conquista del bastione di Afrin.

Le predette invasioni turche in Siria, con abbondante uso di “ribelli moderati” (quelli del serpente Obama!), com’è chiaro andavano nel senso di un prolungamento indefinito dell’aggressione alla Siria resistente, difesa e aiutata dai russi, sostanzialmente in linea con i “desiderata” dell’élite finanz-globalista-giudaica (Deep State!) che domina gli Usa e parte del pianeta, nonostante il ridicolo Trump e la sua docile e cangiante amministrazione federale.

L’ex venditore di limonata nelle strade dei quartieri poveri di Istanbul, per il quale le moschee sono caserme(!), lo scorso 9 ottobre ha messo a segno un colpo più forte dei precedenti, favorendo la continuazione della guerra siriana, ormai infinita, e soprattutto per impossessarsi di una fetta più ampia possibile del territorio di quel paese.

Dovrebbe sapere, però, lo spietato Erdogan, che non sono più i tempi lontani del Sangiaccato di Alessandretta (Iskenderon, per gli ottomani), sottratto dalla Turchia kemalista alla Siria, nel 1939, con la complicità dei francesi e della defunta Società delle Nazioni, perché oggi l’indegno successore di Kemal dovrebbe vedersela sul campo con i russi e i siriani in armi.

Non sarà facile per Erdogan, questa volta, raggiungere i suoi obbiettivi di conquista, all’esterno della Turchia, e di mantenimento di un ferreo potere, all’interno, anche se al momento la maggioranza dei turchi sembra appoggiarlo con “violento” entusiasmo (persino i calciatori, che fanno il saluto militare).

Infatti, per come è andata la fase iniziale dell’operazione militare turca in Siria, denominata “Peace Spring”, ironia della sorte, sia che i turchi e i loro mercenari si fermino, o addirittura si ritirino dal territorio siriano, sia che provino ancora ad avanzare, questo potrebbe essere l’ultimo atto di guerra e di destabilizzazione dell’area da parte dell’ottomano al potere.

Persino le moschee diventate caserme, secondo i desideri giovanili di Erdogan, potrebbero rivoltarsi contro di lui, alla fine della fiera …

Cercherò di giustificare nel prosieguo e in estrema sintesi le mie affermazioni.

Gli americani si sono ritirati, compiacenti, verso la Giordania e l’Iraq e solo pochi rimarranno nella base illegale in Siria di Al Tanf, mentre l’esercito siriano, dopo l’accordo con i curdi patrocinato dai russi, è riuscito a occupare centri e località importanti, nel nord del paese, in molti dei quali non metteva piede da anni.

Al-Tabqa, la strategica Manbij, la mitizzata (in occidente) Kobani/Ayb al-Arab, Ayn Issa, la popolosa Al Hasakah e l’importante Qamishli/Kamichlié, a due passi dal confine con la Turchia, sembrano saldamente in mano siriana, mentre la Polizia Militare Russa si interpone con decisione, per fermare l’avanzata dell’orda di Erdogan.

Tutto sommato, turcoidi in divisa e mercenari islamisti/turcomanni – “ribelli moderati”! – sembrano molto lontani dall’obbiettivo di conquista, in Siria, di un territorio di 500 chilometri con 30 chilometri di profondità.

Per fare ciò che Erdogan ha promesso anzitutto ai turchi, mostrando una determinazione che potrà rivelarsi suicida, costoro dovranno passare sulla Polizia Militare Russa e sulle divisioni siriane del SAA (Syrian Arab Army), compreso il 5° Corpo d’Armata addestrato dai russi, che ora dovrebbe comprendere anche le milizie curde YPG (Yekîneyên Parastina Gel).

Dopo i cinque giorni di tregua concordati con gli Usa, che hanno venduto la pelle dei curdi siriani senza rimpianti – giorni in cui, peraltro, ancora si sparacchia – il tristo Erdogan, constatato che le milizie curde saranno ancora a meno di 30 chilometri dal confine turco, dovrà prendere una drammatica decisione, tenendo in debito conto le promesse fatte ai turchi, che in maggioranza ancora lo sostengono: fermarsi, o addirittura ritirarsi, oppure continuare con l’invasione.

Il problema è che Erdogan ha bisogno della guerra come l’aria, in questo momento, per mantenersi al potere, non solo per la necessità di “deportare” 3,6 milioni di profughi siriani nei territori di Siria invasi, ma soprattutto per far dimenticare ai turchi una crisi economica sempre più pesante, condita con altri elementi negativi, che potrebbe far traballare il suo ferreo potere nel paese.

Dopo aver suscitato gli istinti bellicosi, ultra-nazionalisti in senso deleterio e sicuramente guerrafondai dei turchi (vedi il precedente di Cipro 1974, Operazione Attila), credo che anche lui sappia che deve continuamente alimentarli, che non può permettersi di deluderli, assumendo all’improvviso un atteggiamento “da Colomba”, prima di aver raggiunto i consistenti obbiettivi di conquista territoriale che lui stesso ha pubblicamente prefisso.

Dovrà in poche parole “placare la fame” dei suoi sostenitori interni, senza mostrare debolezze e devo ammettere che finora ha cercato disperatamente di farlo, pur trovandosi apparentemente “solo contro il mondo”.

Inoltre, ha segretamente trattato con gli americani, che apposta si sono ritirati abbandonando l’”alleato” curdo, e sa bene che l’obbiettivo irrinunciabile, non proprio del pittoresco Trump, del quale ha persino cestinato una lettera, ma dell’élite finanz-globalista-giudaica che tiene in pugno la declinante potenza Usa, è la continuazione della guerra e della destabilizzazione in Siria, cercando di mettere in difficoltà i russi e forse, ancora di far cadere Assad, all’uopo seminando quel martoriato terreno di insidie e trappole.

Anche per questo, non soltanto per i suoi personali obbiettivi di potere, Erdogan si è messo, a mio sommesso avviso, “nella merda” fino al collo, invadendo di nuovo e più in grande la Siria.

Perciò, se l’”ultimo sultano turco” dopo la fine dell’impero ottomano, Erdogan-Mehmet VII, fermerà l’avanzata in Siria, o addirittura inizierà il ritiro, oltre a deludere pericolosamente le attese dei suoi sostenitori interni, mostrando oggettivamente debolezza, scontenterà l’”Asse del Male”, a guida élite Usa/Deep State, della quale ha sempre fatto parte (altro nome: “Coalizione internazionale anti-isis”), dandola vinta non tanto ai curdi, ma all’avversario geopolitico degli Usa, Vladimir Putin, e al terribile Bashar al-Assad, “che sta massacrando il suo popolo” (ricordate le puttane mediatiche occidentali e John Kerry, segretario di stato con il serpente Obama?).

Sarebbe questa una pessima decisione, per lui stesso e il suo sistema di potere, perché significherebbe rimangiarsi quanto ha “ruggito” finora e mostrare un’inaspettata debolezza, che Erdogan non può permettersi.

Se, invece, Erdogan-Mehmet VII, ex venditore di limonate e islamista in pectore, deciderà di continuare l’azione a ogni costo, per strappare al legittimo governo siriano più che ai curdi, ancora qualche lembo di territorio, potrebbe fatalmente scontrarsi con il muro difensivo russo-siriano, innescando così conseguenze imprevedibili nell’area e per lui stesso e la Turchia, comunque, molto negative.

I mercenari “ribelli moderati”, mandati avanti con tanto di divise e qualche vecchio M-60, ben coperti dall’artiglieria e dall’aviazione turche, non credo che siano del tutto controllabili, come dovrebbero essere i turchi in divisa.

Non credo che i tagliagole islamisti e turcomanni aderiscano “anima e core” agli obbiettivi di Erdogan, perché sono là per soldi, saccheggio, vendette, stupri, eccetera, eccetera.

Un incidente grave potrebbe verificarsi da un momento all’altro, lasciando sul terreno alcuni caduti, nelle file della Polizia Militare Russa, e/o provocando scontri con l’esercito siriano o anche con altri militari russi, perché quasi certamente vi è già la presenza sul posto, pur “discreta”, degli Specnaz …

Potrebbe accadere in prossimità della strategica Manbij, lungo l’importante autostrada M4, raggiunta anch’essa all’esercito siriano, oppure a uno sputo dal confine con la Turchia, a Kobani, o anche a Qamishli, dove alcuni quartieri sono pro-Assad e altri abitati da curdi.

Se moriranno e/o saranno attaccati e feriti dei russi, Putin e il suo gruppo di potere, questa volta non potranno mantenere il “sangue freddo” che li ha sempre contraddistinti, così come hanno fatto quando è stato abbattuto dai turchi il jet SU-24 nello spazio aereo siriano, con due vittime russe.

Credo che non potranno più permetterselo, dovendo rinunciare all’usuale prudenza, perché vi sono settori sempre più estesi di popolazione russa e nell’armata che chiedono a Putin un atteggiamento meno difensivo e risposte adeguate alle aggressioni perpetrate dal nemico (Usa, “Asse del Male”, Nato e anche Turchia, a conti fatti).

Se non reagisse adeguatamente, questa volta Putin rischierebbe in termini di popolarità interna e di prestigio internazionale, e quindi, con altre parole, non potrebbe esimersi in tali drammatiche circostanze, con i cadaveri di alcuni russi ancora caldi, dal “tirare fuori i coglioni” immediatamente.

Del resto, lo stesso Putin dovrebbe ormai aver capito che Erdogan è inaffidabile al massimo grado e che il suo tentativo di farlo avvicinare a Russia e Iran per spaccare la Nato e allontanarlo dagli Usa è fallito.

Non andrà com’è andata nel novembre del 2015, quando l’aggressore turco ha commesso un’azione piratesca, provocando la morte di due russi, ed è riuscito a farla franca.

Inoltre, le puttane mediatiche occidentali, anche in Italia, come ben sappiamo, hanno intrapreso una vera e propria campagna mediatico/giornalistica contro Erdogan e la Turchia, a seguito dell’ennesima invasione turca della Siria.

Siccome costoro obbediscono “alla voce del padrone” (a costo di ripetermi, l’élite finanz-globalista-giudaica) è improbabile che abbiano dato il via a una simile campagna di propria sponte, ma di certo hanno avuto delle autorevoli “imbeccate” e hanno eseguito pedissequi…

Di più, i tanto osannati curdi “che hanno sconfitto l’isis”, nella narrazione mediatica in occidente, abbandonati dagli Usa hanno chiesto la protezione di russi e siriani, che diventano, giocoforza, ex cattivi, o meno “cattivi” di prima.

Ritengo improbabile che davanti a una sacrosanta reazione russa e siriana contro la soldataglia di Erdogan intervengano, sul campo, allargando il conflitto, gli Usa che stanno ritirando le loro scarse truppe, o addirittura la Nato in forze per difendere il neo-sultano Erdogan, neppure su esplicita richiesta della Turchia, che si qualifica fin d’ora come l’aggressore e non l’aggredito.

Gli Usa hanno semplicemente scaricato i curdi e mandato avanti i turchi, per prolungare il conflitto e probabilmente anche per “rianimare” l’isis, finora contenuto e detenuto dai curdi, ma ancora un utilissimo veicolo di destabilizzazione e terrore, cercando così di mettere in difficoltà Putin e Assad e di impaurire l’Europa occidentale.

Del resto, Trump ha fatto pressioni sugli “alleati” europei perché si riprendano i loro isis e se li portino a casa …
Inoltre, un membro importante dell’”Asse del Male” e molto influente negli Usa, cioè Israele, è fortemente contrariato dall’iniziativa bellica di Erdogan, perché ebrei e sionisti puntavano sulla costituzione di entità curde indipendenti in Iraq (il clan dei Barzani) e anche in Siria (la Rojava), utili almeno quanto l’isis per frantumare l’unità degli stati arabi e indebolirli.

Se i giannizzeri di Erdogan attaccheranno, colpendo i russi, i turchi se la vedranno molto brutta questa volta, grazie alle forze aereospaziali russe e ai cruise Kh-101, che non potranno contrastare e non è detto che la rappresaglia non li colpisca anche nei loro territori, in profondità.

In quel caso, li attenderà la ritirata e forse la rotta, ma per il loro “sultano” la fine, forse non solo politica, sarà cosa certa e allora si verificherà in Turchia e in quell’area del mondo una delle due possibilità descritte, ai punti 1 e 2, all’inizio del presente articolo …
Che finisce qui.
Viva Putin, viva Maduro, evviva il presidente Assad!
[Maduro in tal caso non centra, ma ce lo metto lo stesso]