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Razzolare male e predicare bene

di Fabio Mini - 06/10/2022

Razzolare male e predicare bene

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Joe Biden sostiene che i referendum di annessione russa nel Donbass sono una farsa. Ma dimentica centinaia di operazioni militari Usa che hanno calpestato il diritto internazionale di Fabio Mini "Il coro intonato dal presidente Biden unisce tutti gli alleati, o quasi, e si amplifica mediante la solita propaganda: il referendum russo nei territori occupati in Ucraina è una farsa, l’annessione è illegale e viola il diritto internazionale. Gli Stati Uniti non ne riconosceranno la validità e perciò nessun paese alleato o amico può obiettare, altrimenti guai. Con l’annessione, Putin ha sancito l’esclusione di qualsiasi negoziato futuro. Quindi la guerra continua. Sommessamente: ma sanno di cosa stanno parlando? Certo e anche bene. Noi cosiddetti “occidentali” siamo i paladini del diritto internazionale, che non definisce farsa nessuno strumento di consultazione popolare e noi italiani siamo specialisti di referendum anche se poi se ne ignorano i risultati. L’annessione russa non è uscita dal cilindro del mago: è il primo risultato di un processo bellico che tende a sottrarre tutto o parte del territorio alla sovranità di uno stato avversario. Quando poi, come nel caso del Donbass, si tratta di territori sottratti a uno Stato che perseguita e massacra una minoranza localizzata, si può perfino parlare di “liberazione” e invocare la “responsabilità di proteggere”. In merito alla sottrazione di sovranità ai danni di un paese membro delle Nazioni Unite, possiamo tranquillamente dare lezioni al mondo intero: abbiamo sottratto alla sovranità della Serbia una parte di proprio territorio creando un danno enorme a parte della sua popolazione. Con le armi abbiamo sottratto sovranità all’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia, alla Siria, al Libano ecc. Le guerre o le “operazioni militari” tipo quelle dell’Onu e della Nato nei Balcani e in Asia Centrale, quelle delle varie “coalizioni di “volenterosi” o di “recalcitranti” in Medioriente e Africa, quelle unilaterali come l’Arabia Saudita nello Yemen, la Francia in Chad, Israele in Libano, Siria e Iraq o gli Stati Uniti in tutto il mondo, da sempre. Quando nel 1963 Dean Rusk, segretario di stato di J.F. Kennedy, si presentò al Congresso per perorare l’autorizzazione all’intervento militare e della Cia a Cuba, un membro si azzardò ad affermare che gli Stati Uniti “non fanno queste cose”. Rusk allora tirò fuori dal suo carteggio l’elenco di 168 operazioni militari all’estero svolte dagli Stati Uniti dal 1780 al 1945 con e senza l’autorizzazione del Congresso. Questo dato sorprendente relativo a un secolo e mezzo di storia americana, quando gli Usa non erano ancora una superpotenza, impallidisce di fronte a quello dei periodi successivi. Dai rapporti del Congressional Research Service aggiornati nel 2009 e nel 2021 risultano effettuate altre 100 operazioni militari dal 1945 al 1999 (54 anni) e ben 184 dal 1999 al 2021 (22 anni). E questo senza contare le centinaia di operazioni coperte effettuate dalla Cia con personale e fondi non militari. Rusk concluse la sua esposizione dichiarando che “l’intervento militare all’estero è una costante geopolitica degli Stati Uniti”, ma non convinse il Congresso. Dopo di lui la costante si è trasformata in esigenza e la politica militare statunitense non è la stampella della politica estera ma la sua guida. La costante è anche diventata il motivo di orgoglio nazionalistico che ha giustificato e consentito l’enorme spesa militare e l’ingerenza in tutti gli affari del pianeta. Per questo la presidenza degli Stati Uniti ha ottenuto l’appoggio bipartisan o quello maggioritario per ogni tipo di intervento militare. Se da un lato sappiamo bene come sottrarre sovranità, dall’altro disconosciamo il fatto che tale sottrazione manu militari segue sempre la minaccia e/o l’occupazione.