Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Recovery fund: quelle promesse da marinaio

Recovery fund: quelle promesse da marinaio

di Umberto Bianchi - 28/05/2020

Recovery fund: quelle promesse da marinaio

Fonte: Umberto Bianchi

Dal primaverile tepore del risveglio da tre mesi di forzata chiusura causa Covid si è, da parte del nostro governicchio e dei media “embedded”, tutt’un tratto, passati alla più totale ed incontrollata euforia. “Avevamo ragione noi…”, “Alla fine ci hanno ascoltato…”, “Siamo ottimisti…”, “E’ fatta…”, le frasette che ora vanno per la maggiore, seguite dal roboante annuncio dell’elargizione di fiumi di quattrini, da parte di quell’Europa che, da matrigna egoista e gretta che pareva, ora invece, ha quasi finito con l’assurgere a ruolo di “mater consolatrix”, per i suoi popoli afflitti da una inedita crisi economica.
Entrando nel dettaglio, il “Recovery Found”, così come nelle intenzioni dei suoi artefici ideali franco-tedeschi, ai quali si sono aggiunti l’Italia ed altri paesi, metterebbe a disposizione dei paesi europei colpiti dalla crisi, 750 miliardi di Euro di cui 500 a fondo perduto ed il resto, in prestito. A detta di Lor Signori, di questo importo, all’Italia andrebbe “quasi” tutto, per una percentuale stimata attorno ad una cifra liquida di 80 miliardi di Euro. Ora, noi sappiamo benissimo che, una cifra del genere, per le necessità legate alla profonda crisi di liquidità, in cui giacciono tutti i comparti produttivi del nostro paese, è semplicemente ridicola.
Per ritornare in sella, l’economia italiana avrebbe, quanto meno, bisogno di un’erogazione a fondo perduto, dai 500 miliardi di Euro in su, accompagnata da un’esenzione dal versamento di tributi, della durata di almeno 6/7 mesi. Il tutto, non senza un radicale cambio e semplificazione del nostrano sistema fiscale, accompagnato da un decisivo abbassamento delle aliquote. Ma di tutto questo, nei bei proclami dei nostri governanti, non c’è traccia. I fatti, invece, sono ben altri. Sinora di tutto quel fiume di soldi, promessi ad imprese e cittadini, si è visto ben poco. E, ci possiamo scommettere, c’è il rischio concreto che, se dall’Europa venissero liberate le risorse promesse, qui si veda quasi nulla. E questo, per incapacità, malafede e chissà cos’altro.
A riprova di questi timori, non solo quanto ancora sta accadendo con i prospettati rimborsi, ma anche sul come sia stata gestita l’intera vicenda Covid, a partire da certe vicenduole, come quella attinente alla vergognosa
questione della fornitura di mascherine. Ora, un governo ed uno stato che
non riescono a far rispettare le proprie decisioni, dai vari soggetti economici
coinvolti, dalle industrie farmaceutiche ai grossisti, sino alle farmacie ed ai
vari esercizi commerciali, perché qualcuno “ci deve guadagnare”, non ci
lasciano ben sperare, quanto alla destinazione finale degli agognati fondi
europei.
Altro non irrilevante punto. Quella del “Recovery Found” è, allo stato attuale,
unicamente una proposta, da far discutere e valutare collettivamente, al
prossimo consiglio d’Europa. A tal proposito, va ricordato che, in precedenza,
di fronte alla medesima proposta, alte si eran levate le vocette discordi di
Austria, Olanda, Svezia ed altri che, statene pur certi, a tal riguardo, non
molleranno facilmente la presa, accampando scuse e motivazioni delle più
svariate. Pertanto, bisogna vedere quale sarà il “prodotto finale” che uscirà da
una trattativa che, non si preannuncia affatto facile.
Se anche dovesse passare la proposta di elargire 80 miliardi al nostro paese,
bisognerà valutare con attenzione, quale sarà il prezzo da pagare per tale
generosa elargizione. Aumento di tasse, taglio alle pensioni o qualche
svendita di “gioielli” di famiglia (quell’Ilva, per esempio, di cui l’Arcelor Mittal
vuol mettere in cassa integrazione migliaia di dipendenti, alla bella faccia dei
precedenti accordi…sic! ), magari a qualche magnanimo “benefattore”
franco-tedesco, potrebbero essere il pegno da pagare per tanta generosità.
Qualunque sarà la soluzione di questo ennesimo papocchio, l’unica, reale
considerazione che al momento si può fare, riguarda la fine dell’Europa,
come entità politica, per sopravvenuta inconsistenza. Le vicende di questi
mesi, l’atteggiamento di gretto egoismo e l’ordine sparso, con cui il Vecchio
Continente ha proceduto, riguardo alla vicenda Covid, ce la dicono lunga
sulla tenuta di una unione, oramai arrivata alla sua tappa finale. L’Europa
oramai, non vive più di vita propria. Vivacchia di arrangiaticce soluzioni al
ribasso, di slogan e promesse eclatanti ma, di fatto, è uno scatolone vuoto,
prono ai “desiderata” di quei poteri sovranazionali che, ad oggi, decidono i
destini del mondo.
Recupero della sovranità, è il nome dell’unico vaccino in grado di guarire e
salvare l’Italia. Un recupero che non può non passare, anzitutto, attraverso il
graduale, ma deciso, abbandono di quella moneta unica (Euro) emessa e
stampata da una Eurobanca, a sua volta partecipata da altri istituti di credito
e per l’emissione della quale, paghiamo un prezzo (signoraggio) che non
poco pesa sulla crescita economica italiana ed europea. La possibilità di
emettere moneta in proprio, non deve esser vista alla stregua di una
utopistica e quanto mai lontana soluzione. Basti solo pensare ai più di 700
miliardi di fondi per il rilancio della propria economia che, senza tante storie,
la Germania si è praticamente auto erogata, alla bella faccia di disposizioni,
indicazioni comunitarie e quant’altro.
Per questo, ora più che mai, al di là di vuoti ed insensati entusiasmi, è giunta
l’ora di rimettere decisamente in discussione, l’intero meccanismo che
presiede alla costruzione comunitaria politica ed economica europea, prima
che il virus di una crisi economica, (molto più esiziale ed infido del solito
Covid…) finisca con il distruggere definitivamente le ultime certezze e le
poche garanzie, rimaste ad un popolo abbandonato a sé stesso ed illuso con
troppe belle parole e ben pochi fatti.