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Ridateci il diritto di essere contro

di Marcello Veneziani - 22/05/2022

Ridateci il diritto di essere contro

Fonte: Marcello Veneziani

Il diritto vale anche a rovescio; ossia tutela e garantisce anche chi dissente dal potere e diverge dall’opinione dominante. Ma da qualche tempo i diritti si vanno restringendo, le imposizioni crescono insieme al conformismo coatto. Prima con la pandemia, l’infinito strascico di restrizioni e obbligazioni, vaccini e green pass, sorveglianza e controllo; poi con la guerra in Ucraina e l’allineamento generale ai falchi della Nato e degli Stati Uniti. Ma ci sono anche altri precedenti e altre vicende collaterali che hanno spinto in quella direzione.
Ugo Mattei, giurista, ordinario di diritto civile, ha pubblicato un libro che già nel titolo contiene la sua tesi, Il diritto di essere contro (Piemme), dedicato al dissenso e alla resistenza nella società del controllo. Si comincia dai vaccini, dai controlli e dai pass, nel nome di una religione scientista, sanitaria e supponente, e si arriva a estenderli ad altri ambiti, fino a instaurare un bieco regime di sorveglianza.
Mattei è tra i firmatari del documento “Dupre” che esprime dubbi e preoccupazione sul regime sanitario e i suoi inquietanti sviluppi. Come lui sono firmatari anche l’oncologo e biologo Mariano Bizzarri e il filosofo Massimo Cacciari; il primo è autore di un recente, affilato pamphlet, Covid-19 un’epidemia da decodificare. Tra realtà e disinformazione (Byoblu edizioni), con un saggio di Cacciari che ne esalta il rigore scientifico e la libertà di giudizio. Per restare nella linea del dissenso è da segnalare un libro-dialogo tra Francesco Borgonovo e lo storico Luciano Canfora, che si occupa dell’altro versante scottante, La guerra in Europa, L’Occidente, la Russia e la Propaganda (Oaks editrice), offrendo una lettura divergente rispetto all’Informazione ufficiale e istituzionale.
A Mattei, Bizzarri, Cacciari, Canfora e Borgonovo, persone di diversa estrazione, non è negato il diritto di essere contro, i loro libri non saranno vietati. Neanche quelli di Alessandro Orsini e di Toni Capuozzo, di Giorgio Agamben e di Carlo Freccero (neanche i miei, se è per questo). Ma saranno ignorati, emarginati o disprezzati e derisi in coro dall’Intellettuale Collettivo. Chi è fuori dalla cappa o dalla cupola, costeggia ai bordi l’editoria, i social e magari si affaccia pure in tv; ma è fuori dal sistema che non ammette contraddittori al suo interno, ma solo ai margini, fuori. La linea divisoria tra insider e outsider è sempre più marcata, come un fossato.
E non si tratta di voci isolate, minoranze esigue in via d’estinzione; ma esprimono un pensiero, un sentire, un’opinione assai larga, forse perfino maggioritaria. Che emerge nei social, affiora nei sondaggi, si trasmette col passaparola. A volte attraversa anche categorie come i medici, i ricercatori, gli intellettuali, i diplomatici, i militari ma il timore di sanzioni, problemi alla carriera e gogna mediatica, li induce a confessare in privato opinioni, dubbi e preoccupazioni che in pubblico sono prudentemente nascoste o stemperate.
Con la scusa dell’emergenza ormai permanente, anche se mutano le sue ragioni, si instaura un regime. Mattei accusa Draghi e Mattarella, ma anche Monti e Napolitano, la magistratura compiacente, i piani scellerati di svendita pubblica e privatizzazione, il servilismo atlantista verso gli Stati Uniti, Big Pharma, i colossi della finanza e del capitalismo globale. Siamo entrati nell’era della Sottomissione, definizione fino a ieri riferita al fanatismo islamista (si pensi al libro omonimo di Michel Houellebecq). Secondo Mattei l’Italia è il luogo in cui l’Occidente sta sperimentando la sostituzione del diritto con l’antidiritto, una forma di controllo sociale sul tipo cinese o coreano, tramite ricatti, tracciamenti, algoritmi, censure. Stiamo arrivando tramite il neo-liberismo a una nuova forma di “dispotismo occidentale”.
Il limite dell’invettiva di Mattei è che da un verso non vede il ruolo parallelo e decisivo che ha avuto l’ideologia progressista e i suoi cascami, il politically correct, la cancel culture sulla distorsione della mentalità, la negazione della realtà e della varietà, i divieti e la fabbrica dell’intolleranza. E dall’altro si ostina a giudicare tutto questo come fascismo, contro cui auspica una nuova resistenza e un nuovo comitato di liberazione. Ora, dai residui ideologici che ne sono il sostrato, dagli interessi privati che si perseguono, dai modelli adottati (come quello cinese), tutto si può dire meno che sia un nuovo fascismo. E quando Mattei vede Draghi come il nuovo fascismo, asservito al capitalismo finanziario, all’atlantismo e all’apparato liberista, va del tutto fuori strada; il fascismo è agli antipodi. Sarebbe invece molto più proficuo interrogarsi sul perché il nuovo globalismo armato e sanitario, finanziario e tecnocratico, abbia trovato nei progressisti la loro guardia bianca, nei dem il loro partito-regime e i falchi nella salute, nella censura come nelle armi. Il regime si fonda sulla saldatura tra sinistra radical e capitalismo global, tra liberal e liberisti.
Il quadro che ne traccia è veritiero: in Occidente un oligopolio finanziario globale controlla i mass media, procede al gran reset, sfonda i confini tra il pubblico e il privato. E si accinge a imitare il modello cinese, abolendo il contante per sorvegliarci con la carta elettronica, inserendo la cittadinanza a punti, censurando il dissenso. Ma poi Mattei si lascia prendere la mano e confessa di preferire “un partito unico funzionale” come quello cinese, a “un finto pluralismo di pagliacci, nani e ballerine”. Allora si, che “il diritto di essere contro” verrebbe del tutto sradicato…