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Rotto il patto padri/figli, è l’impero della sozzura

di Francesco Lamendola - 17/03/2018

Rotto il patto padri/figli, è l’impero della sozzura

Fonte: Accademia nuova Italia

 

 

 

 

Da dove viene l’impero della sozzura che ci è stato imposto e nel quale siamo costretti, per legge, a razzolare, come tanti maiali nel brago? L’ultima nuova del totalitarismo politcally correct arriva dal Piemonte e la segnala, sul suo sito, l’ottimo Maurizio Blondet: un magistrato ha tolto la figlia a una coppia e l’ha dichiarata adottabile con la motivazione che la sua mamma, avendo 57 anni, è stata giudicata troppo vecchia per allevarla; in compenso, un noto politico italiano, esponente della sinistra radicale e quindi, in teoria, di quella sinistra che dovrebbe stare sempre dalla parte dei più deboli, a 58 anni, può tenersi benissimo il bambino che è andato ad acquistare all’estero, per crescerlo felicemente insieme a suo “marito”.

Crediamo che la ragione principale di tanta decadenza morale stia nella rottura del patto generazionale fra padri e figli. E a rompere il patto, contrariamente a quel che può apparire, sono stati soprattutto i padri. I figli, certo, mediamente parlando, non si sono mostrati all’altezza di prendere la loro vita nelle proprie mani, di costruire quel che dovevano costruire, di occupare degnamente il loro posto nella società, assicurando la necessaria continuità da una generazione all’altra, e tenendo il posto caldo e protetto per i nipoti che verranno. Ma è stata tutta colpa loro? O non è forse vero che i loro padri, cioè quelli che oggi hanno, press’a poco, l’età di quel tale politico italiano che si procura il figlio comprandoselo al fiorente mercato delle donne bisognose, hanno tradito il patto essi per primi, vale a dire che hanno trascurato di svolgere la loro parte, di assumersi il loro ruolo educativo, di trasmettere i giusti valori ai loro figli; che sono stati egoisti, latitanti, e hanno preferito pensare alla palestra, all’estetista, ai viaggi e alle automobili, piuttosto che star vicino ai loro figli piccoli e poi adolescenti, e trasmettere loro, con amore e con autorevolezza, tutto ciò di cui essi avevano bisogno per crescere forti e sicuri di sé, sapendo che la vita  è una battaglia, ma che quella battaglia la si può e la si deve vincere, anzitutto contro le proprie cattive tendenze, conferendole un significato ben più alto che inseguire gli stupidi e nocivi miraggi del consumismo? Eppure la generazione di sessantenni, a suo tempo, quei valori li aveva ricevuti, quasi sempre, dai propri genitori e, ancor più, dai propri nonni; per non parlare delle maestre, dei professori, dei preti, della società nel suo complesso. Fino alla vigilia del boom, e, guarda caso, fino alla vigilia delle due rivoluzioni culturaliquella religiosa del Vaticano II, e quella politica e giovanile del 1968, la società trasmetteva ancora valori efficaci: tutta la società televisione compresa, che era una signora televisione, pur con il canale unico, in bianco e nero, che non andava in onda neanche tutto il giorno, ma che sfornava programmi di qualità, ben studiati sia per i bambini, sia per gli adulti, sulla traccia di un vero e proprio progetto educativo. Inescusabile, perciò, la generazione dei padri: ha ricevuto gli strumenti per vivere la vita buona, con maturità e consapevolezza, a cominciare dall’esempio del lavoro, del risparmio, del reciproco rispetto dei propri genitori; ma non ha dato, non ha trasmesso a sua volta, anzi, ha dissipato tutto, perfino sul piano strettamente tecnico: ha dissipato competenze, abilità, esperienza professionale. L’azienda di famiglia, creata dal nulla dai genitori, è andata in malora per la pigrizia e l’inettitudine dei figli: ma chi ha reso quei figli dei pigri e degli inetti? Chi li ha tenuti sotto una campana di vetro? Chi li ha illusi che ci sarà sempre un paracadute, una via d’uscita, un santo protettore, per quanti sbagli si facciano e per quante occasioni si sprechino? I loro stessi genitori: quelli che vanno a litigare con la maestra perché ha fatto loro un piccolo rimprovero, minacciando azioni legali o magari di passare a vie di fatto; quelli che gli passano una paghetta da centinaia di euro anche se non hanno insegnato loro a fare nulla; quelli che si sono comportati, con loro, come dei bancomat su due piedi, riempiendoli di regali, di telefonini, di giocattoli costosi, di vestiti firmati, facendo loro credere che la vita sia così, una passeggiata, una scorribanda continua nel paese di Cuccagna, dove si mangia, si beve e si ride e non si lavora mai, non si è responsabili mai di nulla.

Resta da vedere in quale maniera la rottura del patto generazionale sia sfociata in una grave degenerazione dei costumi, specialmente sessuali, e in un generale disorientamento morale, che i ben noti poteri mondiali stanno sfruttando con estrema decisione e spregiudicatezza: come quando - è cronaca di ieri - la direttrice generale dell'UNESCO, l'ebrea francese Audrey Azoulay, ha annunciato un giro di vite nell'imposizione dell'ideologia gender nelle scuole elementari, in cui, fra le altre cose, i bambini verranno esortati da sedicenti esperti di sessuologia, in realtà agenti dei movimenti LGBT, a rompere, se necessario, con l'esempio e a ribellarsi all'insegnamento dei loro genitori, per cercare "liberamente" il proprio orientamento sessuale e viverlo anche contro la volontà della loro famiglia.

La chiave di lettura di questa connessione è, a nostro avviso, relativamente semplice. La morale sessuale è, nello stesso tempo, la sfera più intima e personale, e quella più facilmente manipolabile e adattabile, proprio perché, toccando la sfera più privata delle persone, può essere presentata facilmente come un ambito nel quale la libertà della persona deve potersi dispiegare in maniera assoluta, respingendo qualsiasi tentativo di condizionamento; tanto più che, si dice, nessun male può venire agli altri dall'esercizio soggettivo di tale libertà. Come nel caso dell'aborto e in quello dell'eutanasia, la libertà sessuale, rivendicata come totale e assoluta, viene presentata come un valore irrinunciabile della persona, nel quale nessuno, neppure i genitori (nel caso di un minorenne) ha il benché minimo diritto d'intromettersi, almeno in una società liberale. In un certo senso è vero, e ciò dovrebbe far riflettere quanti ancora nutrono dei dubbi sul fatto che il liberalismo sia un'ideologia politica intrinsecamente distruttiva, in quanto rifiuta qualunque idea di un nomos oggettivo e lascia che sia il singolo individuo a darsi le proprie regole morali, purché rispetti la legge (e, spesso, purché la rispetti anche solo formalmente) e, in tal modo, crea le condizioni perché si instauri la peggiore delle forme di anarchia: quella del denaro. Nella società liberale, chi ha il portafogli più pesante può esercitare la maggiore "libertà": e l'esempio sopra citato, della mamma privata della propria figlia solo perché un giudice la ritiene troppo vecchia per fare la madre, mentre un omosessuale della stessa età, ma danaroso, può comprarsi, letteralmente, un bambino e poi portarselo a casa e allevarlo come un figlio, insieme al suo compagno, ne è la dimostrazione lampante. Ma oltre a questo, c'è un altro motivo per cui il ragionamento dei paladini del libertinismo è inaccettabile: perché ogni diritto sottintende un dovere, cioè una assunzione di responsabilità, e non è ammissibile che esistano dei diritti, cioè delle libertà, a senso unico, vale a dire senza la corrispettiva responsabilità. Così, ad esempio, un bambino non è considerato dalla legge responsabile dei suoi atti, dunque è soggetto di diritti, ma non può, lui stesso, rivendicare delle libertà rispetto alle quali non può poi essere chiamato a render conto, cioè ad assumersene la responsabilità. Non può tirare con il fucile, o con la pistola, perché non potrebbe rispondere di omicidio, nel caso che ammazzasse qualcuno. Per lo stesso motivo, non può rivendicare di avere una vita sessuale da adulto, e specialmente se in contrasto con la volontà dei genitori, dato che non sarebbe responsabile di eventuali conseguenze: gravidanze indesiderate, abusi e violenze difficilmente dimostrabili, qualora si ammetta che egli è libero di fare, e di lasciarsi fare, qualsiasi cosa, in nome della sua libertà soggettiva. Come sostenere, ad esempio, e come dimostrare, che un bambino ha subito una violenza sessuale, una volta ammesso che quel bambino è libero, liberissimo, di fare del suo corpo l'uso che più gli pare e piace, con chiunque, dell'altro sesso o del proprio, adulto o minorenne come lui? Infine, la prassi di trasformare la scuola pubblica in uno strumento per minare, screditare, contrastare, l'autorità dei genitori, per istigare i bambini a vedere nei propri genitori un limite, una barriera, un impedimento all'esercizio della loro libertà; a vedere in essi i "cattivi" che gli negano la legittima ricerca del suo piacere, è, nello stesso tempo, perversa ed estremamente distruttiva. Nessuna società può continuare ad esistere, su tali basi: nel giro di pochissimo tempo andrà verso l'inevitabile implosione. In questo caso, infatti, il patto generazionale viene demolito in entrambi i sensi: dagli adulti, i quali insegnano al bambino a non fidarsi dei suoi genitori, a liberarsi dai loro "condizionamenti", dalle loro "imposizioni", e ad infrangere le loro regole morali; e dai giovanissimi, che finiscono per rifiutare tutto ciò che è stato loro insegnato, e perfino a denunciare il proprio padre o la propria madre all'autorità giudiziaria, cioè allo Stato liberale asservito alle logiche delle lobby LGBT, qualora essi osino opporsi all'esercizio della sua libertà sessuale.

Come i detentori del potere, di qualunque potere, hanno sempre saputo, aprire al massimo la valvola dello sfogo sessuale è il sistema più sicuro per distrarre i membri della società delle questioni relative al governo. Se la gente è lasciata libera, meglio ancora, se viene costantemente incitata a sfrenare ogni sorta di bassi istinti, certamente non dedica più tempo ed energie a domandarsi su quel che stanno facendo i governanti, su quali scopi stiano perseguendo i detentori del potere. E così, mentre il popolo sprofonda nel fango della lussuria più disordinata, i padroni della società, e specialmente i padroni occulti, i quali agiscono dietro il paravento dei governanti di facciata, possono condurre quella società là dove vogliono, senza che le persone, o una quota significativa di esse, si renda conto di tale strategia e insorga per denunciarne i gravissimi pericoli. In altre parola, la pornografia, lo sregolamento dei sensi, l'abbrutimento mediante la lussuria, compresi la pederastia, l'incesto, il sadismo e ogni sorta di aberrazioni sessuali, diventano la droga sociale che tiene i cittadini lontani dalla politica e, più in generale, da una riflessione sul loro destino e su ciò che avviene al livello della vita pubblica e privata - dall'alimentazione allo sport, dallo spettacolo agli indirizzi culturali dominanti - e si trasforma in un docile burattino, prono a qualsiasi potere, purché non gli venga negata la sua razione di droga sessuale. Nello stesso tempo, l'abitudine alla lussuria infiacchisce la volontà, debilita le energie e ottenebra la lucidità del giudizio, perché mantiene le persone ad un livello di vita molto basso, di tipo istintuale e animalesco, appena superiore a quello della vita puramente vegetativa (cfr. il nostro precedente articolo: Quando una società sprofonda nella lussuria la sua fine è solo questione di tempo, pubblicato sul sito dell'Accademia Nuova Italia il 06/01/2018).

Tuttavia, qualcuno potrebbe domandare – giustamente - perché mai i veri detentori del potere dovrebbero perseguire un fine apparentemente dannoso anche per se stessi, come l'autodistruzione della società. Tale ulteriore riflessione eccede i limiti che ci eravamo proposti in questa sede e, inoltre, richiederebbe uno spazio considerevole. Per adesso, ci limiteremo ad accennare al punto centrale della questione: l'élite mondiale oggi dominante, a differenza delle élites passate - quella dell'Impero romano, ad esempio, che intontiva e imboniva il popolo con la politica del panem et circenses - non persegue il dominio attraverso la stabilizzazione sociale, ma attraverso il caos permanente, diciamo così, il caos sistematico e capillare. Essa è giunta alla conclusione, peraltro rigorosamente razionale, che, nelle condizioni date del mondo moderno, si può dominare la società globale attraverso il caos molto meglio che non per mezzo dell'ordine. Ed è precisamente quello che essa sta facendo, e la ragione per cui dispiega tanto impegno per diffondere ed imporre la lussuria a tutti i livelli. Il caos viene alimentato nelle forme del quotidiano, ad esempio con l’erotizzazione esasperata e con l’incitamento alla disonestà, all’infedeltà, anche alla crudeltà gratuita, e con la martellante ripetizione del concetto che la sola, vera libertà è quella che consiste nel distruggere tutte le regole, senza porsi affatto il problema di rifondarne di nuove; ma viene tenuto sempre desto anche mediante azioni straordinarie, attentati terroristici,  allarmi relativi a malattie vere o inventate, ora l’Aids, poi il carbonchio, poi qualcos’altro: l’importante è che la gente sia perennemente spaventata, angosciata, traumatizzata da minacce reali o presunte. Fra parentesi, questa strategia del caos è anche la ragione per cui, penetrando nella Chiesa cattolica, i signori della élite globale stanno facendo in modo di aggredirne la morale - ma dall’interno, talché la cosa appaia del tutto spontanea e frutto di una evoluzione naturale -, allo scopo di renderla sempre più duttile e malleabile, sempre più "liquida" e permissiva. Nel mondo occidentale, era quella l'ultima barriera contro il dilagare del libertinismo: la morale cattolica, sostenuta da una dottrina due volte millenaria. Logico, perciò, che abbia imbastito una falsa chiesa per predicare una "nuova" morale sessuale, compatibile, o meglio, funzionale, alla sua strategia del dominio globale attraverso il  caos istituzionalizzato. La neochiesa di Bergoglio è lo strumento creato all’uopo per svolgere questo servizio, e il neoclero fornisce la necessaria levée en masse, dato che ogni rivoluzione e ogni controrivoluzione ha bisogno del suo esercito per imporre le sue idee. Un esercito di utili idioti o astuti carrieristi, fa poca differenza: quel che conta è la meta. Quanto al regista supremo non chiedete il suo nome: si sa, ma meglio non dirlo.