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Superare l’ideologia

di Roberto Siconolfi - 01/03/2020

Superare l’ideologia

Fonte: Roberto Siconolfi

Le sfide dell’oggi, e meglio ancora del futuro, aprono a scenari nuovi ai quali guardare con ampiezza di prospettiva. Siamo in presenza di due grandi fenomeni, movimenti storici e realtà dello “spirito del tempo”. E l’ideologia, o quel che ne rimane, appare incapace di dare risposte.
Un movimento doppio, quello da affrontare, che si pone sia sul piano individuale, che su quello collettivo. Sul piano individuale la linea di tendenza è data dall’emergere del “postumano”, quel tipo di individuo che modifica definitivamente le qualità tipicamente umane (sessualità, identità etniche e tradizionali, primi approcci all’“uomo-cyborg”) a vantaggio di una nuova forma.
Sul piano collettivo il mondialismo, ovvero lo stesso processo trasposto su scala collettiva, realizza la fusione totale. Questo nell’economia, nella geopolitica, nella cultura e nella tradizione spirituale, e in favore di un unico amalgama volto a una precisa scala di principî. Dinnanzi a questo duplice movimento, si illudono coloro che pensano di combattere la battaglia con le armi dell’ideologia.

L’ideologia è già morta
L’ideologia è una creazione della modernità, del razionalismo, del positivismo, dell’uomo che si scinde dal tutto e dalla realtà pensando di poter dirigere con la propria mente dinamiche molto più ampie e di cui egli è solo una parte. La postmodernità e la società contemporanea hanno già fatto fuori l’ideologia. Dal punto di vista storico-sociale ciò si è realizzato col superamento di fascismo e comunismo e con l’adozione su vasta scala di una forma di liberalismo che è caricatura di sé stesso.
Dal punto di vista intellettuale, della forma mentis, la postmodernità ha completamente ribaltato l’approccio alla realtà, favorendo la liquidità, l’alta adattabilità dell’individuo a tutto ciò che gli si presenta e dinnanzi al quale la rigidità ideologica può essere solo di peso. Non a caso si affermano le teorie sul “rizoma” di Deleuze e Guattari, teorie ampiamente incorporate nel “vangelo mondialista”, seppur depurate dall’aspetto radical.
Non a caso si sono affermate teorie quali l’“Impero” di Tony Negri che saluta positivamente la fine degli Stati nazionali e delle sovranità. Una fase propedeutica all’avvento del suo “nuovo comunismo”, in ultim’analisi il mondialismo pienamente realizzato. Non a caso anche questa teoria è colta dalle oligarchie. Proprio come poco prima della creazione della UE, quando era stesso Giuliano Amato a gioire per il dissolversi delle sovranità nazionali in virtù dell’economia totale, governata dai cosiddetti tecnici e competenti.

Un “nuovo tipo umano” per il futuro
Quello che bisogna articolare è quindi una “risposta di vertice” contro questi due grandi movimenti storici. La strada è l’emergere di un “nuovo tipo umano”, che abbia trovato la sua piena identità inevitabilmente dentro di sé. Un processo che fronteggia le tare tipiche del nostro Occidente contemporaneo, identificabili in alcuni processi che penetrano le coscienze degli individui, in maniera onnipervadente (manipolazione mediatica, edonismo di massa, cosmopolitismo, stili di vita decadenti, abuso di tecnologia mediatica, ecc.). Un tipo umano elaborato anche dal filosofo russo Aleksandr Dugin, col suo “soggetto radicale”, ma che va inevitabilmente calato nel contesto occidentale.
Dunque su un punto di partenza diverso da quello russo, e che si articola a partire dallo stato altamente nichilista e autodistruttivo dell’Occidente odierno. Circa la concezione del mondo, invece, bisogna essere in grado di intuire un’idea che chiuda definitivamente con l’ideologia. E per ideologia intendo tutto quel sistema di “inscatolamenti mentali”, di riflessi condizionati, di perdita delle capacità intellettuali razionali, a vantaggio di un pensiero confezionato da altri in altri periodi storici, e che viene calato dall’alto nella mente degli individui. Una “forza vampirica” che danneggia stesso colui che se ne fa portatore, sebbene colorata di rosso o di nero, di principî idealistici o materialistici, di questa o quella lettura degli avvenimenti storici (vedere come gli stessi fatti vengono letti in maniera differente a seconda che si sia fascisti, comunisti o liberali).

Dall’ideologia al “preideologico”
Bisogna giungere a un pensiero che, più che postideologico (es. M5S), o superideologico (vedi le miscele rossobrune di alcuni nuovi soggetti politici), sia “preideologico”, cioè che individui un principio originario sul quale stabilirsi. La ricerca dell’“uno” che viene prima di ogni possibile e integrabile diramazione. Un recupero della “metafisica pura”, “senza maschere”.
Un punto di congiunzione della politica, e della gestione del corpo societario, che si colleghi a quelle dinamiche più grandi dell’individuo sopramenzionate. Un “sovranismo”, che riletto alla luce di quanto detto abbia un’ampia e potente capacità di dispiegamento. A cominciare dal principio praticato della “sovranità interiore”, e che converta direttamente il rizoma di Deleuze e Guattari riportandolo nella sua giusta dimensione, e quindi sul piano verticale anziché orizzontale. Insomma un ritorno, che sia in grado di generare l’altra strada alla postmodernità non evitandola, ma “cambiandole verso”. Un antidoto diretto, “secco”, difficile ma chiaro, alla liquefazione e ai veleni della società contemporanea e del mondo che verrà.