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Un episodio della guerra russo occidentale, tra menzogna e ipocrisia

di Franco Cardini - 04/03/2024

Un episodio della guerra russo occidentale, tra menzogna e ipocrisia

Fonte: Franco Cardini

Gloria all’eroe Navalny, martire della libertà fatto assassinare da un sanguinario tiranno; e gloria agli “eroi anonimi” che a Mosca sono sfilati in suo ricordo e in suo onore, sfidando la feroce polizia del dèspota; e chissà quanto caro pagheranno il loro gesto.
In questi casi, lo confesso, mi sento un po’ simile a un mio turpe eroe, il “malnato” Franti così duramente strapazzato dal buon De Amicis: davanti a certe piramidali idiozie, quasi patetiche se dette in buona fede e repellenti se in mala, mi scappa incontenibilmente da ridere: e continuo a sentirmi solidale con l’elogio che a suo tempo Umberto Eco appunto a Franti ha dedicato
.
Intendiamoci bene: io vorrei ardentemente, sinceramente un mondo privo d’incarcerati e tantopiù di assassinati per “delitto d’opinione”: m’inchino dinanzi al dolore e allo sdegno della compagna del dissidente e ammiro i cittadini russi che hanno trovato il tempo di manifestare le loro idee in un contesto per loro scomodo, che li rende esposti a rappresaglie. Qui sotto, troverete un lungo articolo che vi spiegherà perché è ragionevole moderare l’ammirazione per l’oppositore di Putin, pur apprezzando la sua testimonianza in quanto tale. D’altro canto, però, si tenga presente che
non poena, sed causa facit martyrem: e, se la mia causa non è del tutto quella di Putin, debbo dire che da quella di Navalny e dai suoi più o meno interessati ammiratori mi sento ancora più lontano. E lontanissimo dalla strumentalizzazione di un evento senza dubbio doloroso e forse sospetto, ma rispetto al quale molti sono ancora i punti oscuri e troppi i sospetti di manipolazione.
Comunque io, nuovo Franti, a differenza del mio modello non sogghigno per nulla sulle umane miserie. Leggo oggi sui giornali, e sento dalle Nuove Televisioni Unite – sia le sedicenti governative, sia le millantanti oppositive –, dalla Libera Stampa ben fornita di Venerabili Suggeritori e dai loro Maestri Direttori e Concertatori d’Orchestra, i vari Molinari, Gramellini, Panebianco & Co., che tuttovabenmadamalamarchesa sul fronte orientale (a parte qualche bambino ammazzato: danni collaterali, fuoco amico eccetera) mentre da noi, nel beato Occidente democratico, al “giallo Navalny” innescato dal Tiranno Putin dalle Mani Imbrattate di Sangue (il Grand Guignol non muore mai…) si è risposto con “unanime, profondo sdegno” di tutto l’Occidente Democratico alla (probabile, ma data per arcisicura) soppressione di un Oppositore Eccellente. Ma dal mio modesto angoletto io mi domando com’è che il Dèspota abbia pensato che Navalny gli serviva più da vivo che da morto, e ch’è molto improbabile che abbia voluto servire ai suoi avversari occidentali come su un piatto d’argento un cadavere eccellente che sarebbe stato causa d’infinite speculazioni. Che ci sono state comunque, anche se non serviranno a nulla.
Comunque mi unisco anch’io, sinceramente e fuor d’ogni ironia, al lutto per la scomparsa di Alexei Navalny. So però discretamente bene chi e che cosa egli sia stato: e chi tra voi non lo sa ancora legga con attenzione le pagine, sicure e informate, che in questa sede gli dedica Enrica Perucchietti.
Pagine severe e piene di disincanto, quelle della signora Perucchietti. Che tuttavia in me, vecchio eversivo, non diminuiscono affatto il rispetto che sento di provare per un uomo che in un modo o nell’altro è morto per le proprie idee. A differenza dei democratici schizofrenici del mio paese, antifascisti e antinazisti duri e puri che sanno di farsi così pubblicità senza rischiare un bel nulla e detestano la povera piccola Casa Pound incapace di dar fastidio a chicchessia mentre ammirano invece i muscolosi e marziali delinquenti delle “formazioni Azov”, i quali fanno il loro interesse e ostentano le loro insegne runiche. Dal canto mio, ebbene sì, rispetto Navalny e rispetto la formazione Azov: gli anticonformisti seri, che ci mettono la faccia, li rispetto sempre e comunque sanza badare alle loro etichette. E, quanto a Navalny, mi spiace soprattutto il postumo disonore a lui procurato proprio dalle donne che gli erano più care: la sua compagna, che ho pur ammirato ma che tuttavia mi ha deluso esibendo il
glamour quasi provocatorio dei suoi abiti neri da vedova-sexy evidentemente chissà da quanto tempo pronti e provati; e sua madre che ha trattato con nessun tatto e nessuna compassione quella signora da “Vedova Allegra” se non da dame-aux-camélias o peggio.
Tutto ciò comunque si aggiunge in maniera penosa allo squallido episodio che ha fatto da cornice a quello che avrebbe dovuto essere un decoroso estremo addio. E che invece gli spregiudicati politici e
opinion makers padroni dei nostri palcoscenici mediatici hanno trasformato con repellente ipocrisia, con strumentalizzazione in malafede, in un momento della guerra tra la Russia e l’Occidente. Una morte oscura e sospetta, un funerale sorvegliato dai servizi di stato, una folla di gente che forse sta rischiando anche forte per il suo coraggio e la sua testimonianza: tutto ciò metabolizzato dai nostri cinici e volgari media in banale, miserabile propaganda. Il loro è stato un finto cordoglio usato come alibi per un ulteriore, impudico e anche vigliacchetto attacco al Tiranno del Cremlino. Il quale alla fine del febbraio 2022 era un vile aggressore; pochi mesi più tardi era diventato un povero ammalato di Parkinson, riconoscibilissimo al sintomo della “camminata a papero” (la quale, se somigliava al passo dell’oca, almeno sarà piaciuta agli invitti legionari dell’armata Azov, inseparabili kamerati dell’ANPI e del Fronte Antifa nella lotta antiputinista); e poco dopo era diventato un affetto da Alzheimer; e comunque, all’indomani dell’Irresistibile Controffensiva del settembre 2023 che non c’è mai stata, era ormai un vinto e un perdente (parola del “Corriere della Sera” e dei suoi inossidabili inviati speciali); allora, poche settimane fa, era un disperato perdente, mentre adesso che sembra stia vincendo è diventato irreversibilmente un macellaio, un criminale di guerra, un arcigenocida. Siamo quasi alla primavera del 2024: la controffensiva dell’autunno scorso non c’è stata; l’immancabile vittoria segna il passo; non resta che attendere con ansia fiduciosa, adesso, le armi, il supporto economico e logistico, forse le risorse umane (gli “uomini”: tecnici o “consiglieri” militari, o tout court soldati?) che donna Giorgia Meloni ha promesso al suo Potente Alleato di Kiev col suo piccolo remaking di Patto d’Acciaio.