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Uno sport triste

di Simone Torresani - 09/07/2020

Uno sport triste

Fonte: Il giornale del Ribelle

Lo sport è diventato triste. Il gesto dei piloti inginocchiati prima del GP d' Austria è stato un miscuglio di politicamente corretto, di tristezza, un qualcosa di brutto veramente da vedere: conformismo e pecoronaggine allo stato puro. Qualcuno dirà, giustamente, che sport e politica da sempre vanno a braccetto e non bisogna del tutto stupirsi. Le cose non stanno in questa maniera. È vero che la cassa di risonanza dell'evento sportivo fin dalla sua nascita viene utilizzata sia come propaganda politica -pensiamo solo alle Olimpiadi di Berlino del 1936, al Mondiale italiano del 1934 e quello di Argentina 1978- sia come protesta individuale o collettiva. Ad esempio pensiamo agli atleti afroamericani a Città del Messico 1968. Alcune partite, di qualsiasi sport, sono entrate nell' immaginario collettivo: il "derby del muro" ai mondiali del ‘74 tra Germania Ovest e Germania Est (voci dicono che gli occidentali persero apposta, per un puro calcolo di classifica: arrivando secondi e non primi trovarono al turno successivo avversari più deboli). Anche la finale al mondiale di hockey su ghiaccio del 1969 tra URSS e Cecoslovacchia, coi fatti di Praga in corso, fu epica. Lo sport e la politica, insomma, non possono scindersi ma tra ieri e oggi io vedo una forte differenza: un tempo la protesta o propaganda riguardava una singola nazione o singoli individui o una certa ideologia (est contro ovest, afroamericani contro il Governo statunitense, eccetera) e certe volte, seppur eterodiretta, aveva comunque una carica di pathos genuino e condiviso. Gli atleti tedeschi che nel 1936 facevano il saluto nazionalsocialista erano veramente e intimamente convinti di essere i rappresentanti dell' "arianesimo" anche sportivo; i cecoslovacchi nel 1969 volevano veramente dare una lezione ai sovietici e riscattarsi. E gli esempi potrebbero continuare. Il gesto, dunque, seppur non sempre spontaneo, aveva una valenza genuina e convinta. Oggi invece oltre ad essere eterodiretti sono conformisti, il che è peggio. Lo fanno perché se non lo fai vieni additato e hai paura di esporti. Più che antirazzismo, in questi inginocchiamenti io vedo solo pecore che hanno paura del pastore e dei suoi cani da guardia. Intendiamoci, a scanso di equivoci: l'atteggiamento della polizia americana verso chi è afroamericano (o ispanico o minoranza) troppo spesso è intollerabile, con sistemi indegni di un Paese civile. Che poi negli USA il problema è "la polizia in generale" ancor più che "la polizia razzista" in particolare. Il problema della questione delle minoranze negli USA, ancor più che il razzismo, è dovuto al fatto di una società e sistema americano esclusivi, esclusivi nel vero senso letterario: di élite, che escludono gli altri. Che poi nella massa di americani ci siano poveri idioti che pensano che un bianco sia superiore a un afroamericano, è purtroppo vero. Ma il problema non sono questi cretini nel loro complesso, facili da zittire. Il problema sta nel sistema americano in generale. Per quanto ne propagandino il contrario, gli americani hanno sempre escluso le minoranze. Quelli delle minoranze che hanno "sfondato" e sono "qualcuno" hanno dovuto, come compromesso, prendere atteggiamenti, stili di vita e mentalità della élite dominante. In questo senso aveva ragione il figlio contestatore del protagonista del film "The Butler -Un maggiordomo alla Casa Bianca", un afroamericano che contestava l'attore Sidney Poitier dicendo pressappoco: "Poitier non è un nero che integra i neri, ma un nero che si comporta come vorrebbero i bianchi e li imita".

Tornando allo sport, non è con questi atteggiamenti conformisti che si risolvono i problemi. Al massimo si nasconde la polvere sotto il tappeto. Uno sport triste anche perché senza pubblico, ormai solo a beneficio delle TV: nel calcio, concludono il campionato solo per non perdere i diritti televisivi.  Già prima era uno spezzatino, adesso si gioca 24h24 e 7 su 7 senza alcuna logica: la regolarità del gioco è inesistente. Da amante del pallone, credo che seguirò ora solo le partite grosse, quelle che contano davvero, come le finali di Champions, perché il resto ormai è solo spazzatura.

Sono curioso di vedere Tokyo 2021. Sarà l'apoteosi di ogni tristezza, ne sono sicuro.

 

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