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Va sempre più stretta all’Europa la gabbia del vincolo atlantico

di Luciano Canfora - 08/07/2020

Va sempre più stretta all’Europa la gabbia del vincolo atlantico

Fonte: Corriere della Sera

Uno dei terreni su cui sarebbe necessario infrangere lo statu quo immobilistico dell’«Unione Europea» è l’inesistenza di una sua politica estera e commerciale definibili davvero come «comuni», cioè promananti, per l’appunto, da una «Unione». Per entrare in argomento è qui necessaria una premessa. Dopo la presa del potere, in Usa, da parte dell’attuale presidente, la guerra commerciale all’Unione Europea è diventata uno degli obiettivi principali. Ne sono ben consapevoli le maggiori potenze industriali d’Europa: in primis la Germania, cui Trump ha sferrato un attacco sin da subito, riuscendo a colpire duramente il gruppo Volkswagen.
Il nuovo potere instauratosi al vertice degli Usa ha, contro l’Unione Europea, due armi formidabili: la gabbia d’acciaio costituita dalla Nato, nella quale i Paesi europei obbediscono agli Usa in modo incondizionato e totalmente subalterno (a parte rari vagiti e gorgoglii), e — dentro la Ue — il gruppo di Paesi ex alleati dell’Urss. Gli Usa hanno dunque una potente «quinta colonna» dentro l’Unione Europea (e mirano ad ampliarla) e al tempo stesso dispongono del potere assoluto nell’ambito dell’organizzazione militare dell’Alleanza atlantica.
In tal modo il presidente Usa può, in sede Nato, impartire le direttive di politica estera cui tutti gli altri debbono attenersi; e, attraverso le fidate «quinte colonne», ottenere che l’assenso alle direttive che impartisce parta sempre dall’interno della Ue! Un paradosso unico al mondo, grazie al quale, sulle scelte più importanti, la matrjoška Nato comprende dentro di sé, e automaticamente condiziona, la Ue.
Un ulteriore colpo all’Unione Europea è venuto dall’uscita definitiva dell’Inghilterra. Certo essa non era mai «entrata nell’euro» — come del resto la Svezia — serbando in tal modo grande libertà di manovra (ciò non aveva però turbato o impensierito i volenterosi sacerdoti dell’euro). Comunque l’Ue ne è uscita indebolita. Trump ha apertamente interferito quando la debole premier britannica Theresa May titubava. Con il nuovo premier, la situazione, dal punto di vista degli interessi Usa, si è, oltre che chiarita, consolidata.
Si è ripristinato in pieno l’asse atlantico anglo-americano, in totale antitesi rispeteconomie to al «continente». Al tempo stesso, grazie alla gabbia d’acciaio Nato, gli Usa possono ordinare all’Unione Europea di fare la politica anti-russa (e possibilmente anti-cinese) che oggi fa comodo esclusivamente agli interessi Usa e danneggia pesantemente l’Ue.
L’Ue mette le sanzioni alla Russia perché questo esige il comando Nato adducendo il più ridicolo dei pretesti: il ritorno — ovvio da ogni punto di vista — della Crimea alla Russia. Storia culturale, politica, religiosa «gridano» che la Crimea fa parte della Russia. Sanzioni immotivate, e autolesionistiche per l’Unione Europea, che inducono gli industriali tedeschi a trattare sottobanco con la Russia: ridotti in modo umiliante ad agire da «clandestini», come se stessero commettendo reati o violazioni del diritto internazionale. Con l’imposizione di tali sanzioni il governo Usa ha ottenuto, in un colpo solo, di indebolire entrambe le nemiche, quella europea e quella russa.
Nei limiti consentiti dal comando Nato, e negli scacchieri non considerati di interesse diretto dell’Alleanza, i Paesi che possono permetterselo — in pratica soprattutto la Francia, potenza atomica — svolgono una loro azione subimperiale. Per la Francia il terreno di caccia resta l’Africa. Per la Germania la questione è più complicata: economicamente è, in Europa, la potenza più forte; ma non è, né potrà essere, per i noti vincoli internazionali, una potenza nucleare. Tutto l’Est Europa, già nell’orbita sovietica, è diventato il suo mercato; però, politicamente, parte non piccola dell’Est Europa è cliente degli Usa, il che crea di fatto un singolare e talora imbarazzante attrito; aggiungiamo che la Germania avrebbe tutto l’interesse a un rapporto privilegiato con la Russia e viceversa ma, assurdamente, cerca di tenerlo, nei limiti del possibile, in piedi mentre al tempo stesso partecipa alle «sanzioni» anti-russe.
In piccolo, il caso italiano rassomiglia a quello tedesco, con la differenza che le rampogne e gli ammonimenti da parte Usa-Nato — nei confronti dell’Italia quando per esempio ringrazia Russia e Cina per l’aiuto prestatoci durante l’epidemia — sono molto più sfacciati e perentori. Con la Germania ci vanno più cauti.
Durante il decennio Eltsin, la Russia era stata quasi colonizzata. Ai vertici si era installata «una folla di persone che avevano fatto carriera stringendo mani americane, che avevano ville in Europa e in America, conti bancari ovunque in Occidente». Tutto cambiò, nel giro di pochi anni, con la presidenza Putin. In un’intervista del 2004 a Giulietto Chiesa, egli disse le parole che segnavano la fine dell’illusione Usa di declassare la Russia a satellite dell’impero mondiale americano: «Pensavamo che i nostri partner avrebbero accettato di discutere con noi tenendo conto dei nostri interessi, invece abbiamo dovuto prendere atto che intendevano solo comandare. Pensavamo che essi avrebbero accettato che noi fossimo degli interlocutori di pari livello, invece abbiamo capito che essi volevano solo dei vassalli. Questo con la Russia non si può fare».
Cosa ha capito la cosiddetta «Unione Europea» di tutto questo tornante della storia? Quasi nulla, per lo meno a giudicare dai comportamenti pubblici. Però il problema di tale prolungata minorità politica dell’Unione Europea viene ormai percepito.