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Il mondo ci guarda con gli occhi d'Israele

di Mustafa Barghouti - 10/04/2007





Intervista di Luisa Morgantini, vicepresidente del Parlamento europeo, al ministro palestinese Mustafa Barghouti

Ministro, in che misura il nuovo governo di unità nazionale di cui fa parte rappresenta una chance per il futuro della Palestina?

Il nuovo governo di unità nazionale è non solo la migliore ma anche l'unica soluzione politica possibile per la Palestina oggi. Non bisogna dimenticare che questo governo rappresenta il 95% della società palestinese e dei rispettivi gruppi politici che sono usciti dalle ultime elezioni...

Si è trattato, in effetti, di un gesto di alta responsabilità da parte delle attuali forze politiche che hanno ribadito la necessità di parlare con una sola voce, nel rispetto della legalità e dei principi di democrazia, cercando in tutti i modi di scongiurare le violenze interne e fratricide e il collasso nei rapporti tra Fatah e Hamas. Siamo anche certi che il governo uscito da questa intesa può disporre di un larghissimo consenso, ponendosi nei negoziati come un'entità moderata il cui primo e fondamentale obiettivo è quello di arrivare a una soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese, basata sul reciproco riconoscimento di due Stati indipendenti nei confini del '67.

Israele però non vi ha riconosciuto. Come la mettiamo?

Attualmente, è vero, Israele si rifiuta di riconoscere il governo continuando a creare dei pretesti pur di non ammettere la legittimità di uno Stato palestinese e Olmert persegue la linea del prendere tempo e continuare con i dati di fatto, blocco dei territori, aumento degli insediamenti per non risolve il vero problema di Gerusalemme est e la fine dell'occupazione dei territori palestinesi. In questo senso l'impegno e il riconoscimento da parte della comunità internazionale risulta ancora più fondamentale per la ricerca di una pace giusta e duratura. Ciò deve passare inevitabilmente per la chance posta in essere dall'iniziativa della Lega Araba e i presupposti sono chiari: la fine dell'occupazione israeliana non solo nei Territori occupati palestinesi, una soluzione della questione dei rifugiati basata sulla risoluzione 194 delle Nazioni Unite, e uno stato palestinese che coesista con lo Stato d' Israele, ma anche la fine dell'occupazione in Siria e Libano. In questo modo contemporaneamente i paesi arabi riconosceranno pienamente lo Stato d'Israele.

Dall' Europa e dalla comunità internazionale vengono dichiarazioni che ritengono sia opportuno cominciare a discutere con gli elementi più moderati del vostro governo. Quella che si chiama una diplomazia selettiva. E' d'accordo?


La comunità internazionale deve smetterla di guardare alla Palestina con gli occhi di Israele. Ribadisco il fatto che il governo di unità nazionale si presenta con una piattaforma unica, come un'entità altamente rappresentativa e nel suo insieme moderata. Ne è un esempio il carattere progressista e sociale del nostro programma. Il governo, infatti, ha dedicato molta attenzione all'equità e alla giustizia sociale; abbiamo posto molta enfasi sui diritti delle donne, sull'assistenza e sui diritti per le persone disabili, oltre che sulla neutralità dell'educazione, aldilà di qualsiasi ideologia. E devo dire che è stato molto importante convincere i rappresentanti di Hamas a discutere di questi temi; è un modo pragmatico per convergere Hamas su una linea moderata. Il nostro stesso presidente Abbas rappresenta tutto il governo e non una parte o l'altra. Credo quindi che l'isolamento politico dei ministri di Hamas non porti dei vantaggi, ma sia l'ennesimo errore politico.

Questa attenzione ai temi sociali, in particolare, risulta fondamentale in un momento così difficile di crisi economica in Palestina. Anche se il problema palestinese è la necessità di una soluzione politica, scongiurare il collasso economico è anche un modo per allontanare ogni estremismo ?

Sì. In effetti la situazione economica in Palestina oggi è catastrofica: circa l'80% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e quasi il 50% è disoccupata. La crisi economica è evidente e le misure illegali adottate da Israele ne sono la causa principale: circa 600 milioni di dollari di tasse che spettano legittimamente all'Autorità palestinese sono trattenutiarbitrariamente da Israele. Stiamo parlando del 70% delle entrate locali che mancano alle nostre casse e che non ci permettono di pagare gli stipendi ai medici, agli insegnanti, agli impiegati pubblici, da mesi senza salario. Non possiamo permetterci di correre il rischio che questa situazione di povertà si tramuti in forme estremismo.

Nella sua recente visita in Italia, oltre al Presidente della Camera Fausto Bertinotti e alla vice Ministra Patrizia Sentinelli, ha incontrato il Ministro degli Esteri Massimo D'Alema. Nell'incontro si è parlato della Conferenza internazionale di pace?

Sì. Potrebbe essere uno strumento utile ed opportuno in questo momento. Ho sollecitato l'Italia e l'Ue ad avere immediatamente relazioni con questo governo e a non fare distinzioni tra i suoi ministri. L'alternativa a questo governo sarebbe il collasso dell'Anp e il caos. Mi auguro che l'Italia possa svolgere un'azione di stimolo nell'Unione Europea ed essere uno degli attori più importanti sulla via della pace.

(ha collaborato Francesca Cutarelli)