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Sopravvivere in Iraq: a milioni gli sfollati

di Naoki Tomasini - 10/04/2007

Questione di identità
Sopravvivere in Iraq è difficile, ma lasciare il paese non è tanto più semplice
Sono 1872 i civili iracheni uccisi a marzo, un numero superiore ai mesi precedenti, che mostra come sopravvivere nel paese sia sempre più difficile, soprattutto per le persone comuni e le famiglie. Per questa ragione sono sempre più numerose anche le persone che decidono di abbandonare le proprie case per trasferirsi in zone più tranquille oppure fuori dal paese. Secondo le Nazioni Unite gli iracheni sfollati dall'inizio della guerra sono stati circa due milioni. Ma se sopravvivere è difficile, fuggire non è più semplice.

Uomo iracheno mostra il suo documentoPassaporti. La gran parte degli iracheni è fuggita per raggiungere conoscenti all'estero, o negli stati confinanti con l'Iraq: Siria, Giordania e paesi del Golfo. Ma il primo passo per andarsene è ottenere un documento. Ogni giorno centinaia di persone si mettono in fila, davanti all'ufficio preposto all'emissione dei passaporti, nel quartiere Resafa di Baghdad. I richiedenti devono fare una coda di ore nel cortile dell'ufficio, circondato da protezioni anti bomba, senza essere sicuri di riuscire a ottenere il prezioso documento. Ogni giorno i funzionari accettano le domande dei residenti di un quartiere, a rotazione. Cento moduli e lo sportello chiude, così se uno non ha fatto in tempo a procurarsi il foglietto con la domanda del passaporto è costretto ad aspettare almeno un mese prima della successiva distribuzione.

Donna irachena mostra il suo passaportoVecchie e nuove identità. Gli iracheni possono avere tre tipo di passaporti. Ci sono quelli emessi sotto Saddam, che sono riconosciuti solo dalla Siria. Poi ci sono quelli della serie 'S', emessi dopo l'invasione, scritti a mano e relativamente semplici da falsificare. L'Unione Europea non li riconosce e nemmeno Gran Bretagna e Usa. Infine ci sono quelli della serie 'G', che sono i più ambiti. Vengono stampati in Germania e non si possono falsificare, ma possono essere ottenuti solo in un ufficio, che si trova nella zona sciita della capitale. Chi ottiene un passaporto di tipo G può sperare di ottenere un visto all'estero, ma poco di più. Anche perché una volta ottenuto il documento inizia la trafila dei visti, dei permessi di lavoro e dei certificati dell'Unhcr per ottenere lo status di rifugiato. Sui nuovi passaporti, oltretutto, non è indicata la professione, il che rende ancora più difficile trovare un lavoro all'estero.

Documento dell'epoca di SaddamCanali ufficiosi. Chi ha tutte le carte in regola può ottenere un passaporto, passando per i canali ufficiali, in circa sei settimane. Ma con la corruzione dilagante qualsiasi pratica può essere accelerata. Molte persone hanno iniziato una vera e propria attività lavorativa grazie alla forte richiesta di passaporti. Fanno le pratiche per conto di terzi a pagamento e si recano negli uffici del ministero al posto dei civili, ad esempio i sunniti, che ad addentrarsi nei quartieri sciiti temono per la propria incolumità. Queste scorciatoie sono però costose e non sempre affidabili: farsi fare un passaporto di tipo G costa, tra i 500 e gli 800 euro, una fortuna per l'iracheno medio in questo periodo. Tutte queste difficoltà non valgono però nulla in confronto all'ipotesi di vedere i propri figli rapiti, o di saperli crescere nella violenza e nella disoccupazione. Chi non può nemmeno permettersi di pagare uno di questi mediatori ha ancora una possibilità: lasciare il paese illegalmente e recarsi in uno degli stati confinanti corrompendo un ufficiale di frontiera. É una scelta rischiosa ma per migliaia di persone ne è valsa la pena, pur di fuggire. In questo caso le possibilità di ritornare un giorno nel proprio paese sono scarse, ma la maggioranza delle persone che oggi fugge dall'Iraq non si pone questa domanda. Bisogna fuggire e basta, non importa dove, purché sia lontano dall'Iraq.