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Un’economia più giusta: lo scettro ai consumatori

di Carmine De Fazio - 15/04/2007

Fonte: scriptamanent


Un mondo più equo grazie alle scelte di consumo: un sito che mostra come
combattere le ingiustizie di questo mercato. La prima arma? Il boicottaggio


La povertà sul nostro pianeta, e il conseguente squilibrio tra il Nord e il Sud del mondo, è frutto di una politica, soprattutto economica, che guarda solo al profitto, non curandosi del fatto che il primo bisogno dell’umanità è quello di avere un mercato economico più equo (e solidale) e soprattutto a disposizione di tutti.
Potrebbe riassumersi così il messaggio principale che il sito www.altraeconomia.it intende lanciare. Un messaggio forte e chiaro per sollevare e far aprire gli occhi (e le coscienze) ad ognuno di noi.
La pubblicità, da sempre, ci ha insegnato che, carrello stretto tra le mani e lista della spesa in tasca, quando entriamo nel nostro luminoso supermercato “i protagonisti siamo noi”. Siamo noi che scegliamo, una marca di biscotti piuttosto che un’altra, una di detersivo invece che quell’altra, e nel nostro (molto) piccolo “decidiamo” sulla fortuna di quella o quell’altra casa produttrice. Sì, nel nostro (molto) piccolo, funziona così: siamo attori protagonisti, i fruitori del messaggio pubblicitario, siamo noi a decidere.

Lotta e consumo consapevole
«Consumatori di tutto il mondo unitevi! – sembra gridare www.altraeconomia.it – i veri protagonisti siete voi: allora facciamogliela vedere a chi sfrutta il lavoro minorile, impoverisce le popolazioni più deboli, distrugge l’ambiente!». In effetti è così, l’unione fa la forza, soprattutto quando si parla di mercato.
Lo slogan che campeggia nella home page è dedicato a uno dei problemi più importanti del nostro tempo, quello relativo al consumo dell’acqua. Si tratta qui, più specificatamente, del peso che l’acqua in bottiglia ha nel nostro mercato, una continua lotta tra giganti delle risorse alimentari (capaci di investire 379 milioni di euro in pubblicità tra televisione, radio e giornali), che finisce per “bombardare” gli acquirenti che abbandonano la pur buona, sicura ed economica “acqua del rubinetto” a favore di quella “plastificata”.
È sicuramente questo il primo passo verso un uso consapevole del nostro denaro e quindi dei nostri bisogni.
Ricordate la strada aperta dal libro No logo. Economia globale e nuova contestazione (Baldini e Castoldi) di Naomi Klein? Un must per la generazione degli anni Novanta (ma anche per quelle successive e precedenti), un libro che ha aperto gli occhi al consumatore verso i problemi e le contraddizioni nascoste nelle scatole dei prodotti che si apprestavano a comprare.
Questo sito sembra percorrere quella stessa strada, sfruttando le nuove frontiere di comunicazione ormai alla portata di tutti.
La rivista collegata a questo sito – Altraeconomia. L’informazione per agire distribuita, su abbonamento, nelle “Botteghe del mondo” (i “negozi” nei quali si può trovare buona parte dei prodotti) – contiene nelle sue pagine lo stesso spirito del sito e affronta col medesimo piglio i temi scottanti legati all’aspetto economico del nostro mercato.
La copertina del numero di febbraio, per esempio, mostra un’immagine emblematica: una rosa in primo piano, e sullo sfondo, una ragazza di colore in un campo dove si coltiva il fiore. Racconta che dal Kenya le rose arrivano in Italia in quattro giorni, passando per la capitale europea dei fiori, l’Olanda, sfruttando la manodopera poco retribuita di chi sta (molto) peggio di noi che le rose le andiamo a comprare sotto casa.

Boicottaggio consapevole: la vera arma contro le ingiustizie del mercato
È decisamente il boicottaggio l’arma in più che come consumatori abbiamo davanti ai soprusi delle multinazionali. È la nostra forza, la “forza degli acquirenti” a permetterci di incidere in maniera forte su questo mercato impazzito e certamente poco giusto.
Il sito, per esempio, nel mese di febbraio, ha promosso un libro intitolato Io boicotto Nestlé contro lo “sporco” mercato del latte in polvere, venduto in Italia a 40 € al chilogrammo (contro i 7-8 € in Ungheria, i 12-14 € in Inghilterra, e i 19,50 € in Francia) e gestito dalle grandi aziende del settore (Abbott, Humana, Milupa, Nestlé, Nutricia, Plada) che hanno creato un “cartello restrittivo” (un accordo ai danni dei consumatori per non farsi concorrenza tra di loro e mantenere così i prezzi alti del prodotto).
Altro esempio è il boicottaggio che il famoso negozio americano Tiffany sta attuando a discapito dei diamanti che provengono dal Myanmar (nome ufficiale della Birmania dal 1989) nell’Asia Sudorientale per non “contribuire” all’economia della feroce dittatura che regna da anni nel paese. Una presa di posizione forte, da parte di un marchio storico del business mondiale, un messaggio altrettanto importante e che sarebbe bene che tutti raccogliessero.
In quest’ottica, un altro esempio a noi più vicino: l’ex l’assessore del Molise Italo Di Sabato e attuale esponente del Prc, che propone di boicottare le multinazionali dai luoghi pubblici. La richiesta si vorrebbe concretizzare con la messa al bando delle lattine di Coca-Cola dai distributori automatici «per protestare (dice Di Sabato, Nda) [...] contro la “sistematica violazione dei diritti umani, anche attraverso il finanziamento, diretto e indiretto, di una sempre più folta accolita di gruppi paramilitari, utilizzati al fine di reprimere ogni afflato di democrazia e ogni lotta per i Diritti e la tutela delle persone nel mondo”. Il riferimento è alla Colombia e ai sanguinosi fatti che hanno visto l’uccisione di diversi esponenti sindacali che lavoravano per le aziende di imbottigliamento legate alla multinazionale statunitense. L’iniziativa dei comunisti molisani si aggiunge a quella del Municipio XI di Roma, che a fine ottobre ha avviato un boicottaggio a Coca Cola con l’approvazione di apposito ordine del giorno. Intanto, la campagna italiana “No Coca Cola” (www.nococacola.info) fa sapere di aver già raccolto 10 mila firme contro la signora dei soft-drink».
Tutto il sito offre molti spunti per affacciarsi, con sempre più consapevolezza, su questo grande mercato globale, cercando di dare un punto di vista alternativo e allo stesso modo attento, e proponendo un nuovo modo di affrontare la nostra “spesa quotidiana”. L’invito è ad avvicinarsi con più tranquillità e serenità al “banchetto equo e solidale” che spesso troviamo nei nostri mercati, per cercare di entrare nell’ottica della “finanza etica” e della “economia solidale”, per capire che siamo anche noi parte dell’ambizioso progetto che si sintetizza nelle “strategie globali” per combattere, ciascuno nel suo piccolo, chi è più grande di noi. Proprio coloro che le differenze, che ci sono in questo “grande mercato globale” e quindi in questo mondo, le accentuano e le rafforzano giorno dopo giorno.
“Un altro mondo è possibile” gridava qualcuno e questo cambiamento, sembra ricordarci questo bel sito, dipende anche da tutti noi.


(Rubrica a cura di Alessandra Morelli)

(www.scriptamanent.net, anno V, n. 41, aprile 2007)