Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Chinatown!

Chinatown!

di Gianni Biondillo - 16/04/2007

 
Il 26 febbraio di quest’anno pubblicai un articolo su Epolis Milano. In seguito alle cose accadute in via Paolo Sarpi a Milano, la scorsa settimana, ho voluto parlarne ancora, sulla stessa testata, oggi. Pubblico qui di seguito i due pezzi, fra loro intimamente legati.

1.
Sto pranzando con il mio socio di studio e un’amica, alla quale abbiamo ristrutturato la casa alcuni anni fa. È una piccola cosa, un appartamento al piano rialzato collegato ad un giardino, ma fatta seguendo il buon gusto della proprietaria, che desiderava vivere proprio in quel quartiere, zona Paolo Sarpi. Ora ci dice che vuole venderla. Restiamo di stucco: qualcosa non va? La casa le piace, ci dice, ma non ce la fa più a vivere lì. Preferisce traslocare altrove. Come mai? “Troppi cinesi”, è stata la sua risposta. E messa così pare insensatamente razzista. Eppure lei quando acquistò l’appartamento lo scelse anche per la presenza storica della comunità cinese, cos’è cambiato nel frattempo?
La nuova immigrazione cinese ha comprato tutte le vetrine su strada, trasformando i negozi al dettaglio in commercio all’ingrosso. La mia amica non sa più dove andare a comprare il pane, per fare la spesa deve camminare per un chilometro circa. Come se non bastasse, dato che è stato vietato il transito di camion in quelle strade strette e trafficate, i titolari degli ingrossi fanno avanti e indietro con enorme sporte, macchine stipate all’inverosimile, carrelli, occupando i risicati marciapiedi e lasciando cataste di cartoni sulla strada in attesa del camion dell’amsa, obbligando ad assurde gimkane i pedoni che si avventurano da quelle parti.
Probabilmente, se vivessi lì, anch’io sarei esasperato. Anch’io avrei da sbottare rabbioso, di fronte all’ennesimo carrello che mi schiaccia un piede. Ma mi chiedo: di chi è la colpa di tutto ciò? Perché è stato dato il permesso ad un quartiere che non ne ha la vocazione di trasformarsi in un enorme magazzino all’ingrosso? Com’è che l’amministrazione comunale non ha saputo immaginare che tutto ciò sarebbe accaduto? O hanno solo pensato alle tasse comunali che avrebbero incamerato da una comunità che dal punto di vista dell’ordine pubblico non ha mai dato pensieri e che si riconosce per la sua operosità? Questo lasser-fair ha portato solo ad una situazione di esasperazione, in una zona di Milano da sempre bella e caratteristica. Forse questo esacerbare gli abitanti del quartiere giova politicamente a qualcuno, non lo so. So solo che la politica ha il dovere di prevedere i problemi, o al massimo di risolverli con celerità e razionalità. Per poter permettere alla mia amica di comprare il pane sottocasa e con lei anche alle sue anziane vicine.

2.
Neppure due mesi fa, proprio su queste pagine, parlavo della spinosa questione della nostra Chinatown. Scoprirsi involontarie cassandre non è mai bello. Lo dissi ad alta voce: “Perché è stato dato il permesso ad un quartiere che non ne ha la vocazione di trasformarsi in un enorme magazzino all’ingrosso? Com’è che l’amministrazione comunale non ha saputo immaginare che tutto ciò sarebbe accaduto? O hanno solo pensato alle tasse comunali che avrebbero incamerato da una comunità che dal punto di vista dell’ordine pubblico non ha mai dato pensieri e che si riconosce per la sua operosità?”
Ora questa comunità, che a Milano prospera da ottant’anni e che, nello specifico, ha lavorato nella assoluta legalità è esplosa. Multare chi non rispetta le regole è giusto se, e solo se, tutti quelli che non rispettano le regole vengono multati. La legge deve essere uguale per tutti e non uguale in modo differente. Utilizzare la multa come arma di dissuasione mirata (perché di carrelli spinti da italiani in altre parti della città, o di suv in terza fila davanti alle scuole del centro, io ne vedo in continuazione) è cercare di mettere un semplice e ridicolo cerotto per suturare uno sbrego sociale causato da un autentico vuoto pneumatico politico.
Fermo restando che la legalità non è né di destra né di sinistra ma è un requisito d’obbligo di ogni democrazia, chiedo di nuovo, voce nel deserto, a chi ci amministra ininterrottamente da quattro legislature: perché avete permesso che la logica del libero mercato, da sola, senza nessun progetto di amministrazione del territorio, facesse quello che voleva (e cioè il proprio interesse) e ora, scappati i buoi, volete chiudere la stalla, con un gesto d’autorità che rasenta il ridicolo?
Questo battere il tamburo sul tema della sicurezza, questo etnicizzare i problemi, dando la colpa a chi è diverso per mantenere, pelosamente, intonsa la nostra coscienza, è una politica dal fiato corto. Cortissimo. Quelle persone hanno in tasca una licenza legalissima, hanno il diritto di commerciare, qualcuno gliel’ha data, qualcuno, ora, dovrebbe pagare l’incosciente spreco del territorio e la conseguente ferita sociale inferta. Chi ci va di mezzo, ora, sono i vasi di coccio, gli abitanti italiani e cinesi del quartiere, non certo i vasi di ferro che nei loro attici del centro parlano a sproposito di legalità, mentre si fanno servire un cocktail dalla loro servitù. Cinese.