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Gli USA non ci insegnino cosa dobbiamo fare a casa nostra

di Massimo Fini - 20/04/2007

DELLA VICENDA Telecom
ho capito poco o nulla, come
credo quasi tutti gli italiani,
tranne ciò che è arcinoto da tempo, e cioè
che col sistema delle «scatole cinesi»,
aziende inglobate in holding che a loro
volta sono inglobate in altre holding e
così via in un processo teoricamente
all’infinito, se ne può avere il controllo
con un investimento minimo (Tronchetti
Provera ha lo 0,12 della Telecom), e che
quindi quello italiano è un capitalismo
senza capitali, così come intuisco, come
credo quasi tutti gli italiani, che in questa
faccenda sono in gioco interessi enormi e
che in qualsiasi modo vada a finire al
cittadino non verrà in tasca un bel
niente.
Premesso questo penso che sia
inaccettabile l’intervento
dell’ambasciatore americano Ronald
Spogli dopo che il colosso Usa At&t si è
ritirato dalla partita. Ha detto Spogli:
«Esiste una grandissima differenza fra
Italia e Stati Uniti nel comportamento
del governo nell’economia. Negli Stati
Uniti viviamo in una società dove il
governo stabilisce le regole... in Italia c’è
una lunga tradizione di intervento
pubblico nell’economia». Poi la
minaccia, sia pur velata: «Sarà molto
importante per gli italiani scegliere se
questo è il sistema che vogliono per il
futuro... il livello degli investimenti Usa
nel vostro Paese è molto basso rispetto a
Germania, Francia e Spagna e uno dei
motivi storici è che non si è mai capito se
le regole sono uguali per tutti».
Sono osservazioni probabilmente giuste
che del resto ha fatto anche
Montezemolo. Ma una cosa è se le fa il
presidente della Confindustria italiana,
altra se le fa l’ambasciatore americano.
In questo caso sono infatti una
inammissibile ingerenza negli affari
interni del nostro Paese. Non siamo
nemmeno nel campo della politica estera
dove certi interventi Usa hanno almeno
la scusante dell’alleanza militare, siamo
nel cuore stesso di uno Stato, del suo
assetto politico, economico e sociale.
Inoltre l’uscita di Spogli è
contraddittoria. Perché mentre lamenta
l’ingerenza del governo italiano nelle
vicende economiche delle aziende
italiane, ne realizza a sua volta
una da parte, di fatto, del
governo americano.
Infine il pulpito non mi sembra
dei migliori. Perché, quando
gli fa comodo, gli Stati Uniti
sono campioni di
protezionismo, soprattutto
nel settore agricolo. Ma
nessun ambasciatore
straniero si è mai permesso
di andar a dettar legge, a
questo proposito, in casa
loro.