Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Jessica Lynch, l'ex soldatessa Usa rapita in Iraq nel 2003: «La mia storia? Una bugia»

Jessica Lynch, l'ex soldatessa Usa rapita in Iraq nel 2003: «La mia storia? Una bugia»

di redazionale - 25/04/2007

Accuse anche dalla famiglia di Tillman, ex campione ucciso in Afghanistan
 
L'ex soldatessa Usa rapita in Iraq nel 2003, e dipinta come un'eroina dal governo 
 
La testimonianza di Jessica Lynch (Ap)
La testimonianza di Jessica Lynch (Ap)
 
La dipinsero come un'eroina, raccontando che «sparò fino all'ultimo colpo» pur di non finire in mani irachene. Subito dopo la sua liberazione, avvenuta attraverso un blitz sensazionale nell'ospedale di Nassirya nell'aprile 2003, la sua foto fece il giro del mondo. Tanto da essere contrapposta a quella di Lynndie, la soldatessa delle torture del carcere di Abu Grahib, «il volto brutto della guerra».

BUGIE - E invece, a quanto pare, la storia di Jessica era falsa. La giovane fu effettivamente rapita dagli iracheni e poi liberata, ma il suo comportamento non fu così eroico come il governo americano volle far credere. È stata la stessa soldatessa a rivelarlo davanti alla Commissione di supervisione e di riforme governative della Camera dei Rappresentanti. «La questione, qui, è che il popolo americano sa decidere da solo chi è il suo ideale di eroe, e non c’è alcun bisogno che si senta raccontare una lunga serie di bugie» ha affermato. Jessica ha accusato il governo di creare eroi per sostenere la causa di una missione sempre più controversa e criticata, quale è la guerra irachena.


CASO TILLMAN - Lynch si è seduta accanto ai familiari di Pat Tillman, l'ex campione di football americano che rinunciò a un contratto di un milione di dollari - dopo la tragedia dell'11 settembre - per andare a combattere in Afghanistan, e che il 23 aprile del 2004 perse la vita a causa del fuoco amico. La vicenda di Tillman ha scatenato un’ondata di polemiche in quanto anche in questo caso il governo fece di lui un eroe, arrivando addirittura a insabbiare la verità e lasciando credere alla famiglia che l'ex campione di football era morto eroicamente, in un'imboscata del nemico.

ESAGERAZIONI - Di Jessica si disse invece che combatté eroicamente contro gli iracheni, sparando alcuni colpi contro il nemico: una menzogna, visto che Lynch non sparò mai un colpo nel corso di quel combattimento. Anzi, durante lo scontro perse conoscenza e si risvegliò in ospedale, dove non fu affatto maltrattata come si disse. «La verità della guerra non è sempre facile - ha detto Jessica- La verità è sempre più eroica dell'esagerazione».

INGANNO - Dello stesso avviso il fratello di Pat Tillman, Kevin, che ha accusato il Pentagono di aver raccontato "bugie intenzionali", e di aver dato il via a una serie di «false verità in modo studiato e deliberato». «Riteniamo che questo racconto sia stato concepito per ingannare la mia famiglia ma, cosa ancora più importante, il pubblico americano - ha detto Kevin nel corso della sua testimonianza - La morte di Pat è stata chiaramente il risultato di "fratricidio"». Kevin ha precisato che le dichiarazioni con cui il corpo militare ha spiegato le ragioni della morte di Pat sono state una vera e propria "frode". "Rivelare che la morte di Pat fu il risultato di un fratricidio si sarebbe confermato l’ennesimo disastro politico in un mese di disastri politici e dunque, fu necessario nascondere la verità».

LE ACCUSE - Henry Waxman, presidente della commissione, ha accusato così il governo di aver inventato «storie e dettagli sensazionali», sia riguardo alla storia di Jessica Lynch che a quella di Tillman. Importante ricordare che la storia dell'ex soldatessa venne raccontata proprio quando gli Stati Uniti erano alle prese con lo scandalo degli abusi sui prigionieri di Abu Ghraib, in Iraq. «Il governo ha violato le sue responsabilità di base», ha detto Waxman.

L'ORDINE - Il quadro si è fatto più controverso quando a prendere la parola è stato Bryan O'Neal, ex sergente che vide con i suoi occhi l'ex giocatore di football perdere la vita a causa di un fuoco amico. «Mi fu ordinato di non dire nulla» alla famiglia, ha ricordato O'Neal. L'ordine arrivò dall’allora colonnello Jeff Bailey, comandante del battaglione che controllava il plotone di Tillman.

RESPONSABILITA' - E Mary Tillman, madre dell'ex campione, ritiene che all'epoca, l'allora segretario alla Difesa Donald Rumsfeld sapesse alla perfezione come erano andate le cose. «Il fatto secondo cui nessuno abbia detto a Rumsfeld che (Pat) morì in un fuoco amico è ridicolo».