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Siccità, lo spreco urbano

di redazionale - 26/04/2007


A Cosenza l'acqua dispersa è il 70%. Ad Agrigento l'oro blu è disponibile ma dai rubinetti non ne esce, e il commissario all'emergenza costruisce un dissalatore. Legambiente: «Sono 12 i capoluoghi in cui più del 50% dell'acqua immessa in rete sparisce»
Sono 12 i capoluoghi spreconi d'Italia: Cosenza, Latina, Campobasso, Pescara, Vibo Valentia, Rieti, Bari, Siracusa, Nuoro, Agrigento, Sassari e Belluno. In queste città più del 50% dell'acqua immessa in rete sparisce. La denuncia arriva da Legambiente, che mette sul banco degli imputati dell'emergenza siccità prima di tutto i consumi agricoli e industriali, ma ritiene indispensabile anche affrontare il problema delle perdite di rete.

Sprechi che riguardano buona parte delle città italiane: il 44% delle 89 città per cui è stato possibile fare una stima nel rapporto Ecosistema Urbano 2007, perde più del 30% dell'acqua che immette in rete. Una situazione che diventa drammatica al Sud: a Cosenza l'acqua dispersa è il 70%, a Campobasso il 65%. Emblematico secondo Legambiente il caso di Agrigento, una città che ha una disponibilità idrica superiore alla media nazionale, ma dove l'acqua viene anche oggi erogata ogni 4-10 giorni in relazione al periodo dell'anno e alla zona della città. Invece di investire su una rete colabrodo, riferisce Legambiente, il Commissario regionale all'emergenza idrica ha costruito un dissalatore che aumenta la dotazione d'acqua della città di un altro 30%. Ci sono poi gli agrigentini, che comprano l'acqua per cucinare, 10 litri di acqua potabilizzata, a 1euro nei “negozi specializzati” sparsi per la città. Altro caso è Gela, dove l'acqua potabile del lago va allo stabilimento dell'Eni, mentre ai cittadini viene distribuita quella erogata dal dissalatore.