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Morire di tortura: i media USA trascurano la dura verità

di Peter Phillips - 10/12/2005

Fonte: www.comedonchisciotte.org

    
Le prove sono nelle stesse autopsie fatte eseguire dall’esercito

I rapporti sulle autopsie eseguite dall’esercito forniscono la prova indiscutibile che i detenuti vengono torturati a morte mentre sono nelle prigioni dell’esercito Usa. Nonostante ciò i mass media USA riportano la vicenda con la stessa importanza che avrebbe la vendita di oggetti usati a favore di una Chiesa Battista di paese.
In una recente pubblicazione dell’Unione per le Libertà Civili (ACLU) di uno dei 44 rapporti sulle autopsie eseguite dall’esercito si legge quanto segue:
“Rapporto Finale dell’Autopsia: DOD 003164, (detenuto) morto per asfissia (mancanza di ossigeno al cervello) dovuta a strangolamento, come evidenziato dall’osso ioide fratturato di recente sul collo e dalla leggera emorragia che si estende verso il basso al livello della cartilagine tiroidea. L’autopsia ha rivelato frattura dell’osso, frattura alla costola, contusioni a metà addome, alla schiena e natiche che si estendono sul fianco sinistro. Contusioni dietro le gambe e sulle ginocchia; abrasioni sulle ginocchia, sulle dita sinistre ed intorno al polso sinistro. Lacerazioni e tagli superficiali, sul quarto e quinto dito destro.

Inoltre, evidenti ferite provocate, principalmente contusioni recenti (lividi ) sul torso e sulle estremità inferiori. Le abrasioni sul polso sinistro sono state provocate dall’uso di catene. Nessuna evidenza di malattie naturali o del sistema immunitario. La causa della morte è omicidio. Istituto di detenzione di Whitehorse, Nassiriya, Iraq.”

Il sito web dell’ ACLU rivela inoltre che: “un iracheno di 27 anni è morto mentre veniva interrogato dai Navy Seals il 5 Aprile del 2004, a Mosul, Iraq. Durante la prigionia egli è stato incappucciato, incatenato, privato del sonno e soggetto a condizioni ambientali di caldo e freddo, incluso l’uso di acqua fredda sul corpo e sul cappuccio.

Un altro detenuto iracheno è morto il 9 gennaio 2004, a Al Asad, Iraq, mentre veniva interrogato. Era in piedi, incatenato alla cornice della porta con un bavaglio alla bocca, nel momento in cui è morto. La causa della morte è per asfissia e per le evidenti ferite provocate.

Così si legge in alcuni dei 44 rapporti di autopsia dell’esercito USA sul sito web dell’ACLU – evidenza degli ampi abusi sui detenuti USA in Iraq e Afghanistan dal 2002 fino a tutto il 2004. Anthony Romero, Direttore Esecutivo dell’ACLU ha dichiarato che “Non c’è dubbio che gli interrogatori degli USA abbiano avuto come risultato alcuni decessi.” L’avvocato dell’ACLU Amrit Sing aggiunge “Questi documenti presentano la prova inconfutabile che alcuni rappresentanti degli Stati Uniti hanno torturato a morte i detenuti durante gli interrogatori.” Inoltre l’ ACLU riporta che ad Aprile 2003, il segretario Rumsfeld autorizzò l’uso della “manipolazione ambientale” come tecnica di interrogatorio a Guantánamo Bay. Anche il generale Sanchez autorizzò questo tipo di tecnica in Iraq a settembre 2003. Così la responsabilità per queste atrocità umane va imputata direttamente ai più alti livelli di potere.

Un’edizione a stampa di queste morti per tortura è stata pubblicata dall’ ACLU il 25 Ottobre 2005 ed è stata immediatamente ripresa dai servizi via cavo dell’Associated Press (AP) e dell’United Press International (UPI) per rendere la storia disponibile alle corporation dei mass media USA sul territorio nazionale.
Un controllo attento di Nexus-Lexus [motore di ricerca] e del database di Proquest electronic, usando come chiavi di ricerca le parole ACLU ed autopsia, ha mostrato che ad almeno il 95% dei giornali quotidiani negli Stati Uniti non è importato niente di riprendere la storia. Il Los Angeles Times ha riportato la storia su una pagina formato A4 con un articolo di 635 parole intitolato “Le Autopsie avvalorano le Accuse di Abusi“. Meno di una dozzina di altri quotidiani incluso: Bangor Daily News nel Maine, pagina 8, Telegraph-Herald, Dubuque Iowa, pagina 6; Charleston Gazette, pagina 5; Advocate, Baton Rouge, pagina 11; ed un’altra mezza dozzina ha di fatto riportato la storia. Il Pittsburgh Post-Gazette ed il Seattle Times hanno sepolto la storia all’interno di articoli su generali notizie dall’Iraq. USA Today ha pubblicato la storia sul proprio sito web. Anche MSNBC ha pubblicato la storia sul proprio sito web, ma sembra non averla considerata abbastanza interessante da trasmetterla in Tv.

Il “The Randi Rhodes Show,” su Air America Radio, ha rivelato la storia. Le edizioni dell’Associated Press e di United Press International e dirette citazioni dal sito dell’ACLU sono ampiamente apparse sui siti Internet sparsi nel mondo, tra cui Common Dreams, Truthout, New Standard, Science Daily, e numerosi altri.

Quella piccola attenzione che hanno ricevuto le notizie sui prigionieri Usa torturati a morte è completamente scomparsa, così come la circostanza delle storie di tortura che oggi appaiono sui corporate mass media. Una ricerca su Nexus-Lexus del 30 Novembre 2005 dei principali giornali negli USA che usano la parola tortura ha dato come risultato oltre 1000 storie negli ultimi 30 giorni. Nessuna di queste includeva il rapporto dell’ACLU a supporto della documentazione pubblicata. Come può il pubblico americano capire la gravità della tortura che attualmente viene praticata in nostro nome quando la questione è riportata senza alcun riferimento al grado con il quale sono commessi questi crimini contro l’umanità? È possibile che Internet sia diventato la sola fonte di notizie vere per la maggioranza degli americani mentre i corporate mass media ci dicono solo quello che vogliono che noi sappiamo?

Peter Phillips è professore di Sociologia alla Sonoma State University e Direttore di Project Censored, organizzazione di ricerca sui mass media. www.project.censored.org

I documenti forniti come fonte dall’ACLU sono online a: http://action.aclu.org/torturefoia/released/102405/

December 2, 2005
http://www.counterpunch.org/phillips12022005.html

SCELTO e TRRADOTTO per www.comedonchisciotte.org da MANRICO TOSCHI