“Manifesto dei conservatori”
di Stenio Solinas - 12/07/2007
La supremazia Usa è la fine delle dignità nazionali, della sopravvivenza delle sovranità. Anche quella inglese
“Manifesto dei conservatori”
Roger Scruton
Nell’edizione il libro si intitola “
A Political Philosophy”, ovvero “Una filosofia politica”:qualcosa di più e qualcosa di meno di un “manifesto” vero e proprio.
P
er capirebene il
Manifesto
dei
conservatori
di
Roger
Scruton (Cortina, 246 pagine, 22
euri) conviene leggersi, prima o
dopo fa lo stesso, un suo pamphlet
che si intitola
Sulla caccia(Olimpia, 150 pagine, 15 euri). Il
loro autore è un bell’esemplare
di intellettuale inglese, atletico,
fulvo di capelli, filosofo, ma
anche narratore, musicologo e
melomane, critico letterario. Sessantenne,
una quindicina d’anni
fa decise di trasformarsi da professore
universitario in agricoltore:
comprò una fattoria, si mise
ad allevare mucche e vitelli, scoprì
la caccia alla volpe e ne
divenne un seguace e un difensore.
Sulla caccia
non è altro chel’apologia filosofica di questo
sport che Oscar Wilde definiva
come “l’indicibile lanciato
all’inseguimento dell’immangiabile”.
Un aforisma falso, secondo
Scruton: la gran parte dei cacciatori
che egli conosce
“ha unun comportamento morale superiore
alla media, sono insomma
persone decenti, non ‘indicibili’”
e quanto alla carne volpina
è, sempre a suo dire, commestibile:
basta marinarla un giorno in
salamoia, lavarla poi per cinque
minuti in acqua corrente, spezzarla
e marinarla in vino rosso
con cipolla, aglio, aromi, infine
cuocerla in pentola con capperi,
pepe verde, pancetta affumicata,
funghi e bacche di ginepro...
Scruton è, per sua stessa ammissione,
uno
snob, nel senso letteraledel termine, ovvero un
sinenobilitate
attratto da quelli che lanobiltà invece la possiedono.
“Tutti condannano lo snobismo,
ma tutti, ad eccezione della
Regina, lo praticano, in un modo
o nell’altro. Fra i grandi scrittori
forse Proust è il solo ad
affrontare questa situazione con
onestà e ci dimostra che lo snobismo,
dopo tutto, ha una sua
attrazione: è una passione che
non è mai ricambiata, una passione
che si estingue generosamente
nell’elogio di coloro che
la premiano con il disprezzo. Per
molta gente allevata in una vita
senza rischi o paure o privazioni la sola via
all’eroismo è tramite lo snobismo”.
Nato in una famiglia umile, educato da un
padre socialista che vedeva il classismo
inglese come il fumo negli occhi, lo odiava,
ma era consapevole del suo essere radicato
nella società quasi si trattasse di un fenomeno
naturale, Scruton fece il classico
cursushonorum
di una giovane povero, ma intelligente,ribelle, ma con la voglia di imparare e
la rabbia di riuscire. Vinse una borsa di studio,
finì a Cambridge, fu un classico studente
contestatore, molto alcol, molto sesso; poi
fu un classico professore iconoclasta, molto
ironico, molto dissacrante. Infine, un bel
giorno, ebbe l’illuminazione sulla via di
Damasco della campagna e della caccia...
Il
Countryside è per gli inglesi un concettoche mette insieme il paesaggio e la natura,
un modo di essere oltre che un modo di fare,
una filosofia di vita. In Italia non c’è più
niente di simile, ammesso che ci sia mai stato:
noi abbiamo accantonato l’agricoltura
quando nel dopoguerra decidemmo il salto
mortale nell’industrializzazione e nella
modernità, e poi l’abbiamo distrutta in nome
degli allevamenti intensivi, del mercato unico
europeo, dell’urbanizzazione e della trasformazione
della campagna in luogo di villeggiatura...
Per quanto ammaccata, ridotta e
immiserita, in Inghilterra esiste ancora.
In questo ritorno alla natura, Scruton trovò
anche una sorta di riconciliazione con il
padre, per il quale il paesaggio inglese era
qualcosa di unico per apparenza e significato,
il luogo nativo di una storia nazionale e
plurisecolare, la memoria del passato come
un eterno presente. Una riconciliazione,
comunque, sui generis: nella visione paterna
i contadini erano l’anima di un Paese che la
classe padronale aveva provveduto a confiscare,
mentre Scruton finì per ritrovarsi
naturaliterin quest’ultima, proprietario terriero,
gentleman farmer
. Nel complicato sistemadelle classi, l’essere stato studente a Cambridge
o a Oxford crea a propria volta una
classe altrimenti impossibile nella vita di tutti
i giorni, unisce, come si sarebbe detto una
volta, il principe e il povero in una solidarietà
che va oltre l’ambito sociale di appartenenza,
in qualche modo lo cancella e funziona
per il tempo a venire. Scruton rimase uno
snob
, ma con i i suoi bravi quarti di nobiltàduramente conquistati.
Così come difende la caccia alla volpe, perché
la vede come una sorta di comunità di
popolo, sangue e suolo, natura e memoria,
Scruton è favorevole alla Camera dei Lords,
ovvero al Senato per discendenza, in fondo
per gli stessi motivi: fa parte della storia,
incarna la continuità, è garante di un legame
con il territorio... Ed è in questa logica che
va letto il suo essere conservatore, che si
spiega la sua filosofia conservatrice. Visto
sotto questo profilo, tutto si tiene e ha una
sua logica: ma per noi italiani, che non cacciamo
la volpe e già fatichiamo a capire il
senso di uno sparuto numero di senatori a
vita, tutto suona anche estremamente illogico.
Il Manifesto dei conservatori
nell’edizioneinglese si intitola
A Political Philosophy,ovvero
Una filosofia politica, ed è qualcosadi più e qualcosa di meno di un manifesto
vero e proprio. È insieme un codice di comportamento
e un breviario esistenziale, una
meditazione sull’animo umano e
una filosofia dei costumi. In Italia,
con lo stesso titolo, trenta e
passa anni fa ci si provò Giuseppe
Prezzolini a fare una sorta di
decalogo del “vero conservatore”,
ironico e disincantato anche
perché aveva come unico difetto
il voler conservare qualcosa in
un Paese che, nella sua breve
storia unitaria, aveva poco da
conservare e molto da dimenticare,
e in quella pregressa delle
“cento città”, dei Comuni e delle
Signorie, suonava come antitesi
a ciò che dopo era venuto.
Scruton, insomma, fa bene a
essere conservatore a casa sua,
ha un’illustre tradizione alle
spalle, un forte sentimento
nazionale, usi, costumi e consuetudini
radicate. Per quanto critico
verso i
Tories inglesi, vive inuna nazione dove quest’ultimi
fanno parte leggittimamente del
panorama politico, nel bene
come nel male, laddove in Italia
un Partito conservatore non è
mai esistito e probabilmente mai
esisterà. Allo stesso modo, il suo
rifiuto dell’Europa, il localismo
e il glocalismo, l’interesse nazionale
hanno un senso a petto di
quello che è stato un impero,
coltiva ancora ambizioni, ha un
forte senso della sovranità, realtà
imbarazzanti per una Paese
come il nostro, vergognoso all’idea
di chiamarsi patria, stretto
per mezzo secolo fra il dominio
di un partito che prendeva gli
ordini da oltre il Tevere e un
altro che invece li prendeva dall’altro
lato della Cortina di ferro.
Nella sua difesa delle nazioni,
del resto, Scruton incorre anche
in qualche inciampo esemplificativo,
come quando, nel prendersela
con le istituzioni internazionali,
Unione europea, Nazioni
Unite, World Trade Organization
,osserva che solo gli Stati
Uniti resistono “energicamente
all’espropriazione della loro
sovranità”, e sono quindi “il più
strenuo difensore della sovranità
nazionale”, senza accorgersi che
la supremazia Usa è, di per sé,
la messa in mora delle dignità
nazionali, della sopravvivenza
delle sovranità.
Certo, molte cose nella sua analisi
sono condivisibili: l’importanza
delle tradizioni, la rivalutazione
del sacro, l’utilizzo di istituzioni quali il
matrimonio come elemento di coesione
sociale, il recupero di una idea di vita in cui
passato, presente e futuro abbiano un senso
unitario, una comunità che ha la sua ragion
d’essere per ciò che riceve e per ciò che trasmette
e non soltanto per ciò che consuma,
un accento posto più sui doveri che si hanno
che sui diritti che si pretendono, l’idea di uno
sviluppo compatibile, di un’ecologia che è
controllo e non sperpero delle risorse... Concetti
resi oltretutto con un bellissimo stile,
perché Scruton è un filosofo che sa scrivere e
quindi si fa leggere.
E tuttavia, alla fine, si esce da questi suoi
libri sedotti, ma non convinti e con l’amara
constatazione che, fossimo inglesi, molto
probabilmente la penseremmo come lui. Il
problema è che siamo italiani.