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Quando indagano sui politici, sono sempre sotto accusa

di Massimo Fini - 30/07/2007

 

È la solita storia. Da noi appena c'è un'indagine su un politico, immediatamente si apre un'inchiesta sul magistrato che l'ha iniziata. È il nuovo Codice di procedura penale italiano. Che non esiste in nessun altro Paese del mondo, civile o incivile, perché in questo modo è impossibile amministrare la giustizia. È una storia che parte nel 1994 dopo che la magistratura osò, per la prima volta, richiamare anche la classe dirigente a quel rispetto della legge cui tutti siamo tenuti. Questa volta, poiché ci sono di mezzo dei pezzi grossi dei Ds, contro il Gip Forleo si sono mossi il Guardasigilli, il Pg della Cassazione, il Capo dello Stato, i presidenti delle Camere, il presidente del Consiglio e, bipartisan, buona parte della classe politica, la sinistra (con l'eccezione di Di Pietro e Furio Colombo) che deve difendere i suoi, la destra (con l'eccezione di An e Udc) che non può rinnegare un decennio di devastante campagna di delegittimazione della Magistratura in difesa, soprattutto, di Berlusconi.

Dalle confusissime motivazioni con cui Mastella ha richiesto, a fini disciplinari, le due ordinanze con cui la Forleo chiede al Parlamento l'autorizzazione a utilizzare le intercettazioni di D'Alema, Latorre, Fassino, in quanto nei loro confronti sono ipotizzabili dei reati, l'unica cosa che si capisce è che il Guardasigilli accusa il Gip di aver esorbitato dalle sue funzioni perché ha avanzato richieste che i Pm non avevano fatto. Ma chi ha messo nel cervellino di Mastella una sciocchezza del genere? Anche se in genere avviene il contrario, infinite volte è successo che il giudice riformi «in pejus» le richieste della Pubblica accusa. E, nel caso specifico, il Gip è un giudice delle indagini preliminari ed è in suo potere elevare imputazioni a soggetti che i Pm hanno trascurato.

Ancor più grave, se possibile, l'intervento del Capo dello Stato. Nella forma e nella sostanza. Non è suo compito, nemmeno come presidente del Csm, sindacare singoli atti di singoli magistrati. Napolitano, pur non nominandolo, ha richiamato la Forleo «a non inserire in atti processuali valutazioni e riferimenti non pertinenti». Ma se il Gip chiede l'autorizzazione ad utilizzare le intercettazioni è ovvio che debba motivarla ed entrare nel merito. Non si tratta di nessuna «sentenza» anticipata ma solo di un passaggio del processo che sarà poi verificato da altri giudici.

Poi c'è stata la difesa bipartisan di casta e l'aggressione politica alla Forleo e alla Magistratura. Prodi ha manifestato «solidarietà e sostegno» a D'Alema e Fassino. Il Presidente del Consiglio non può manifestare «solidarietà e sostegno» a degli indagati (perché non lo fà allora, in nome della presunzione di innocenza cui si è appellato, per Corona?). Si sono sentite cose inaudite. Il coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi, preannunciando il voto favorevole del suo partito a ripristinare «in toto» l'immunità parlamentare, ha affermato: «Bisogna distinguere sempre fra l'uso politico della giustizia e le indagini di magistrati indipendenti e scrupolosi». E chi è che decide se un magistrato è indipendente? Sandro Bondi? E se ogni volta che viene indagato un politico si accusa il magistrato di «uso politico della giustizia», com'è sempre avvenuto in questi anni, poiché da questo processo alle intenzioni è impossibile difendersi tanto varrebbe dire che gli uomini politici non sono indagabili. Lo stesso vale per l'altro specioso argomento per cui quando un magistrato indaga un politico o un vip è «per farsi pubblicità». Fabrizio Cicchitto, Fi, ha definito i magistrati «mostri incontrollabili» creati dalla sinistra, perché a suo tempo ebbero il torto di indagare il corrottissimo partito cui allora apparteneva, il Psi.

Stiamo retrocedendo a Paese feudale. I nobili non lavoravano, non pagavano le tasse e avevano un diritto diverso da quello del Terzo Stato. Costoro non lavorano, non pagano le tasse su una parte enorme (100 mila euro l'anno) dei loro emolumenti, sono colmi di privilegi e, dopo lo choc del 1992-94, si sono precostituiti, di fatto, l'immunità penale come nemmeno durante la Prima Repubblica si era osato fare. Per molto meno si sono fatte rivoluzioni.

Massimo Fini