L'umanità stà coscientemente creando la grande bestia tecnologica ?
di colloquio con Vernor Vinge* - 06/01/2006
Fonte: espressonline.it
*di Arianna Dagnino.
Stà programmando coscientemente la sua estinzione grazie alla competitività?
La nostra specie è di fronte a un totale cambiamento della sua natura. Determinato dalla genetica e dal biotech. Parola di uno dei più stimati futurologi contemporanei .
L'umanità è alle soglie di un cambiamento comparabile con la nascita dell'homo sapiens. E ciò comporterà uno scardinamento totale delle regole umane, forse in modo del tutto improvviso, in una fuga sfrenata al di là di ogni controllo. Per Vernor Vinge, uno dei futurologi più versatili e visionari del mondo, questa non èun'ipotesi: è una certezza. Americano del Wisconsin, 61 anni, già docente di matematica e di computer science alla San Diego State University, studioso di cibernetica e ingegneria genetica, scrittore di fantascienza di successo (nel suo "True Names", del 1981, introdusse il concetto di cyberspazio tre anni prima di WiIliam Gibson), con le sue opere ha anche ispirato film come la saga di "Matrix". E non è certo un tipo che parla a vanvera: le sue 4 teorie sull'evoluzione del genere umano (anzi, come dice lui, sulla postumanità,un genere nuovo in cui gli aspetti biologici si combinano simbioticamente con quelli meccanici) sono prese molto sul serio nei più accreditati think tank di futurologia in tutto il mondo.
Che tipo di cambiamento è quello di cui lei parIa, professor Vinge?
«Ormai è chiaro che nel prossimo futuro, saremo in grado di creare entità più intelligenti di quanto siamo oggi noi umani. Bene, quando le macchine saranno sufficientemente intelligenti da migliorarsi da sole (fare l' "upgrading'' di se stesse), la curva del loro apprendimento punterà dritta verso l'alto, in modo vertiginosamente esponenziale. Questo tipo di progresso tecnologico è diverso da qualsiasi altro da noi finora sperimentato e infatti il nome con cui l'ho chiamato - "Singolarità" - vuole indicare che è intrinsecamente impossibile sapere come sarà il mondo dopo il suo avvento. Sviluppi che ora pensiamo potrebbero accadere solo nel giro di un milione di anni probabilmente avverranno in questo secolo. Perché arriveremo a un punto in cui i vecchi modelli umani dovranno essere abbandonati per fare largo a una nuova realtà. È questo spartiacque che io chiamo appunto Singolarità».
Lei sostiene anche che le tecnologie che potranno portare alla creazione di intelletti superumani sono molte.
« Sì, al di là delle forme di Artificial Intelligence (AI) di cui ormai tanto si parla (cioè della possibilità di avere computer consapevoli e con intelligenze superumane) un giorno persino gli enormi network di computer e tutti gli esseri umani interconnessi che li utilizzano potrebbero "svegliarsi" e riconoscersi come entità intelligenti superumane. Lo stesso potrebbe avvenire per le interfacce uomo-computer nel momento in cui queste sviluppassero un tale rapporto di intimità con i loro proprietari da essere considerate anch'esse intelligenze superumane. In questi due ultimi casi preferisco parlare di Intelligence Amplification (lA). In ogni caso, quello che cambia è la rapidità con cui si riescono a risolvere i problemi e a generare nuove invenzioni. Gli animali lo fanno in minima parte e nella maggior parte dei casi riescono ad adattarsi a nuovi scenari con gli stessi tempi lunghi della selezione naturale; noi umani siamo in grado di interiorizzare il mondo e condurre simulazioni del tipo "cosa succederebbe se..." nelle nostre teste: quindi possiamo risolvere problemi a una velocità migliaia di volte superiore rispetto a quella della selezione naturale. Ora, creando macchine in grado di eseguire quelle stesse simulazioni a velocità ancora superiori, finiamo per entrare in un ordine di cose radicalmente diverso dal nostro passato tanto quanto noi umani siamo diversi dagli animali di ordine inferiore».
Questo processo è secondo lei inevitabile?
«Non possiamo impedire la Singolarità: il suo avvento sarà un'inevitabile conseguenza del naturale spirito di competizione umano e delle possibilità insite nella tecnologia. Se anche tutti i governi del mondo ne capissero la portata e, temendola, cercassero di evitare una simile evoluzione, la spinta verso quello stadio continuerebbe. Anche perché il vantaggio competitivo sotto il profilo economico, militare e persino artistico indotto dagli avanzamenti verso il postumano è così decisivo che frenarne lo sviluppo altro non farebbe che lasciare a qualcun altro la possibilità di ottenerlo per primo».
Inevitabile quindi. Ma quanto desiderabile? Noi umani dovremmo temere o attendere con ansia l'avvento della nuova era?
«Dando per scontato che avverrà nei tempi previsti, cioè nella prima metà di questo secolo, ammetto che personalmente, con tutto il mio ottimismo tecnologico - che è tanto - mi sentirei più a mio agio se potessi guardare a uno scenario così sconvolgente sapendo che è distante almeno qualche secolo e non meno di una trentina di anni. Sulla desiderabilità, dipende da che piega prenderanno le cose. Se i primi esseri post Singolarità fossero effettivamente simbiosi cooperative tra uomo e macchina (frutto di quella che ho definito Intelligence Amplification) credo che si potrebbe pensare a questo sviluppo con sollievo e, magari, persino con gioia. In questo caso infatti entrambe le parti - sia la vita naturale che quella cibernetica - potrebbero beneficiare l'una dell'altra. Almeno per qualche tempo. Un'altra evoluzione del percorso di stretta collaborazione tra uomini e macchine insito nella singolarità è la nascita di "combo creatures" superumane in cui gli aspetti biologici si combinano con quelli meccanici. Creature nelle quali, come spiega lo scrittore di fantascienza David Brin "lo strato meccanico è un po' come una neo-neocorteccia. L'elemento umano determina la motivazione e lo strato meccanico garantisce i mezzi per conseguire i risultati". Qui il quadro comincia a farsi insondabile e francamente non so quanto desiderabile. Infine c'è ovviamente anche la possibilità dell'estinzione fisica della razza umana. Che peraltro non è detto sia necessariamente la peggiore delle eventualità. Pensiamo ai diversi modi in cui noi ci relazioniamo con gli animali. E pensiamo che stavolta potremmo essere noi umani gli "animali" della situazione. Personalmente dubito che saremmo in grado di programmare i nuovi esseri in modo che questi ci obbediscano ma forse, spero, potrebbe essere possibile creare un ambiente in cui queste nostre creature possano considerarci con un certo grado di tenerezza, instaurando un rapporto simile a quello esistente tra un genitore un po' ottuso e un bambino brillante. Niente a che vedere insomma con le immagini sanguinolente di macchine che usurpano con la violenza il regno degli umani tipiche di una versione biologica dell'evoluzione».
Gli esseri umani hanno percorso un bel po' di strada dalle scimmie all'odierno homo technologicus. Dove li spingerà la Singolarità?
«La domanda presuppone che gli esseri umani, come sempre è accaduto nella storia conosciuta del mondo, continueranno ad essere anche dopo la Singolarità i principali promotori creativi della civiltà. Ma non sarà così: l'umanità come la conosciamo oggi non sarà più al centro della scena. E questo significa che l'avvento della singolarità comporterà un cambiamento così radicale che ne risultano sconvolte le nostre stesse più profonde concezioni di ciò che significa "esistere". Ma più di questo è difficile dire: come dicevo, il mondo post singolarità è per certi aspetti inimmaginabile. Per noi oggi predire quel mondo sarebbe lo stesso che chiedere ad un pesce rosso di immaginare l'Unione europea...».
Come saremo in grado di riconoscere l'avvento della Singolarità?
«L'evento che farà precipitare la situazione molto probabilmente sarà del tutto inaspettato, persino per i ricercatori e gli scienziati che ne saranno causa. A titolo puramente esemplificativo, potremmo immaginare un momento in cui il networking divenga, grazie a sistemi ubiqui e perfettamente integrati, talmente diffuso e totale da generare la sensazione - fondata - che gli oggetti nel loro insieme abbiano improvvisamente preso vita».
Se un uomo del XIX secolo venisse trasportato con una macchina del tempo ai nostri giorni rimarrebbe sbigottito da molte cose, ma comunque riconoscerebbe in ciascuno di noi un suo simile. Accadrebbe lo stesso se uno di noi venisse trasportato nell'anno 2100?
«Certamente no».