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Bush andrà incontro a una dura sconfitta

di Immanuel Wallerstein - 24/01/2006

Fonte: liberazione.it

 
 
Le elezioni negli Usa sono in vista. E il presidente non è affatto contento
Cinque ragioni mi fanno pensare che Bush andrà incontro a una dura sconfitta



Qualsiasi cosa uno pensi della politica di Bush, è fuori questione che all'inizio del 2005 il presidente fosse arrivato all'apice della sua autorità. Era stato appena rieletto e il partito repubblicano controllava le due camere del Congresso. Bush ha interpretato questo successo e questa popolarità, non solo come una ratifica della sua invasione dell'Iraq, ma come l'autorizzazione a procedere con una agenda economica e politica estremamente conservatrice. Tanto per cominciare, rinnovo dei tagli alle tasse, sventramento del programma di sicurezza sociale, trivellazioni petrolifere in Alaska e riduzione delle misure di protezione ambientale. Ha detto che avrebbe realizzato il mandato che sentiva di avere ottenuto. La disciplina repubblicana era fortissima e Bush teneva tutto sotto controllo.
Inoltre, i democratici erano profondamente divisi su questa domanda: erano andati così male alle elezioni perché erano stati percepiti come troppo a sinistra, o come troppo a destra? La prima opinione era maggioritaria fra i democratici al Congresso. Bush sentiva di poter contare su alcuni voti democratici da aggiungere al suo solido e unito blocco repubblicano, per far approvare qualsiasi legge volesse.

Un anno più tardi, tutto questo è cambiato, ed è cambiato radicalmente. Quasi nessuna delle leggi che erano nella lista di Bush sono passate, ed è improbabile che passino quest'anno. Il suo indistruttibile blocco repubblicano è in frantumi. I cosiddetti moderati (centristi) hanno violato la disciplina. Ma lo stesso hanno fatto le due ali destre del partito repubblicano - gli ultraconservatori fiscali e la destra cristiana. Sono i democratici adesso che stanno mostrando la disciplina di cui i repubblicani avevano dato prova in precedenza, e sono i repubblicani scissionisti che hanno permesso loro di vincere la maggior parte delle votazioni cruciali in una o nell'altra camera del Congresso, ma specialmente al Senato. Gli indici di gradimento di Bush nei sondaggi sono bassissimi. I repubblicani che si ripresentano alle elezioni chiedono a Bush di non fare campagna per loro. Temono che li danneggi. E alla fine del 2005, alcuni parlamentari democratici hanno cominciato a parlare di impeachment. Bush per la prima volta ha perfino cominciato ad ammettere che potrebbe aver fatto qualche (piccolo) errore durante la sua presidenza.

Se guardiamo al cuore della sua politica mondiale - l'Iraq - vediamo che Bush sta conducendo un'azione di retroguardia per contrastare la spinta prevalente, che è quella a tagliare corto e scappare - ed è una spinta che viene sia dall'interno degli Usa, sia dagli iracheni, e naturalmente dal resto del mondo. Il Capo di Stato maggiore statunitense ha affermato di sapere che la maggioranza degli iracheni vogliono che le forze americane se ne vadano. Anche se Bush si rifiuta ostinatamente di fissare un calendario per il ridimensionamento delle truppe, questa è una copertura di facciata, visto che sia Washington che i suoi alleati intendono ritirare cospicui numeri di soldati nel 2006, e molto prima di quella che Bush aveva fissato come data di partenza - e cioè quando le forze del governo iracheno fossero state in grado di affrontare militarmente le forze della resistenza irachena.

Cosa è successo nel 2005 che spiega un tale rovesciamento della forza politica di Bush? La maggior parte di quel che è cambiato si è verificato negli Stati Uniti, anche se quanto accadeva nel resto del mondo ha contribuito. Ci sono state cinque cose che hanno cambiato il clima politico negli Stati Uniti. Nessuna di queste, da sola, avrebbe causato tanti danni: ma gli eventi si sono accumulati e combinati dando vita ad una valanga che sta acquistando forza, e che potrebbe esplodere nel 2006.

La prima e più ovvia è che il numero delle perdite in Iraq è costantemente aumentato senza alcun segnale che la resistenza si stia indebolendo. Una vignetta su un quotidiano di Nuova Delhi illustra ciò che tutti percepiscono.


Mostra un enorme coccodrillo etichettato "insorgenza" le cui fauci vengono tenute aperte con grandi difficoltà da un soldato etichettato "truppe Usa". Accanto a lui un omino etichettato "forze irachene". Il soldato americano dice a quello iracheno: "é meglio che cresci alla svelta e prendi il mio posto". Adesso negli Stati Uniti pochi pensano che questo possa accadere, e sono moltissimi quelli che pensano che gli Usa dovrebbero smettere di sacrificare altre vite.

La seconda cosa è stata l'enorme catastrofe provocata dall'uragano Katrina, il quale ha rivelato un livello di incompetenza e indifferenza sociale dell'amministrazione Bush che ha lasciato senza fiato la maggioranza delle persone. Ma non è questo che ha rovinato Bush. Il presidente ha promesso che il governo federale avrebbe fatto qualcosa per riparare il danno, e ha spinto il Congresso ad adottare un costosissimo programma. Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso per i conservatori fiscali repubblicani, che da tempo erano sgomenti per il crescente livello della spesa interna Usa sotto una presidenza teoricamente impegnata a ridurre l'impegno governativo nel settore pubblico.

Il terzo fattore è stata l'inettitudine di Bush rispetto a quello che potrebbe rivelarsi il suo unico risultato - la nomina di giudici conservatori alla Corte Suprema. Il fiasco di Harriet Miers ha fatto traboccare il vaso per la destra cristiana, che ha ritirato il suo appoggio scontato al regime di Bush. Certo, non hanno alternative a Bush, ma, ora che per altri versi è nei guai, non andranno di corsa a puntellare la sua posizione. Non si fidano più di lui.

Poi sono venute le incriminazioni - quella di Lewis Libby per il tentativo di danneggiare Joseph Wilson, che aveva rivelato le sfacciate bugie associate alle presunte armi di distruzione di massa in Iraq (la principale giustificazione per l'invasione); di Tom DeLay, l'ex leader della maggioranza repubblicana nella Camera dei Rappresentanti, accusato di aver violato le leggi nel tentativo di ottenere una maggioranza repubblicana alla Camera; e di Jack Abramoff, il lobbista che faceva parte della rete di DeLay, accusato di comprare voti al Congresso. E, in aggiunta, sono ancora incombenti le possibili incriminazioni di Karl Rove, il consigliere politico di punta del presidente, e di Bill Frist, il leader della maggioranza repubblicana in Senato. Tutti i regimi politici sono messi in imbarazzo da questo genere di incriminazioni, ma per Bush ce ne sono state troppe in un breve intervallo, e hanno coinvolto persone chiave della sua amministrazione.

Alla fine, tuttavia, sono gli atti illegali che potrebbero abbattere personalmente Bush. Non è insolito per i presidenti degli Stati Uniti esercitare i propri "intrinsechi" poteri. Tuttavia, la combinazione tra gli istinti personali di Bush e le deliberate intenzioni di Cheney di gonfiare i poteri della presidenza, sono sfociati in una forma insolitamente esagerata di tale esercizio. Bush iniziò già nel 2001 a emanare ordini segreti che permettevano la tortura (anche se il presidente non la chiamava così) e le intercettazioni illegali di cittadini americani - il tutto in chiara violazione di leggi assolutamente esplicite. Man mano che ciò veniva alla luce, la sua difesa è stata triplice: il presidente ha tali poteri "intrinsecamente"; il Patriot Act del 2001 più la risoluzione del Congresso successiva all'11 settembre "implicitamente" li autorizzava; le "regole" erano cambiate per via della nuova minaccia del "terrorismo".

Inizialmente, sia il Congresso che i media hanno accettato questi argomenti rifiutando di sollevare pubbliche obiezioni. Lo scandalo di Abu Ghraib ha provocato il primo malessere pubblico, che è costantemente cresciuto. Nel 2005 il senatore McCain (repubblicano), che per cinque anni, negli anni '60-'70, ha sofferto come prigioniero di guerra (in Vietnam) e quindi conosce bene questa condizione, ha guidato una aperta rivolta, e ha fatto adottare dal Congresso una risoluzione che proibisce le torture, superando l'opposizione fortissima, ma alla fine inefficace, dell'amministrazione Bush.

Poi qualcuno ha fatto trapelare la storia delle intercettazioni. L'amministrazione Bush non ha voluto nemmeno fare ricorso alla via legale, piuttosto facile, cioè quella di rivolgersi per l'autorizzazione ad un tribunale speciale e segreto. La cosa da rilevare non è tanto il fatto che questa illegalità sia accaduta, ma che qualcuno si sia sentito disposto a farlo trapelare, e che la stampa sia stata pronta a riferirla. E' in questo modo che avvenne la caduta di Nixon.

Se le cose altrove stessero andando bene, Bush potrebbe sopravvivere a tutto ciò. Ma per gli Usa non stanno andando bene da nessuna parte - non in Medio Oriente, non in America Latina, non in Europa, e non in Asia. Negli Usa le elezioni sono in vista e Bush non è affatto contento.