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Norman Finkelstein e l'industria dell'olocausto

di Antonio Caracciolo - 12/06/2008

Norman G. Finkelstein è autore di uno di quei libri che sono un ebreo potrebbe scrivere. Se fosse stato un non-ebreo a scrivere un libro come «L’Industria dell’Olocausto», la credibilità non sarebbe stata la stessa. Solo il senso della verità e della giustizia avrebbe potuto spingere Finkelstein a mettersi in contrasto con l’universo ebraico, un mondo strano ed incomprensibile per un non ebreo. Leggendo Edgar Morin sembra che si debba risalire ai tempi del marranesimo, per capire fenomeni relativamente recenti. L’antisemitismo appare così un fenomeno generale della cultura moderna, per nulla imputabile al solo nazismo. Io qui però muovo da un più ristretto punto di vista: la Nakba. Ossia la vera e propria espulsione violenta e truffaldina dei palestinesi dai loro villaggi. Questo orrore bilancia perfettamente l’evento che i sionisti hanno scientemente strumentalizzato e sfruttato per la costruzione dello stato di Israele. Si tratta di un fatto ampiamente riconosciuto ed incontestabile. Equiparando ciò che viene tuttora fatto ai palestinesi e ciò che è stato fatto agli ebrei, è da dire che i palestinesi sono vittime innocenti senza se e senza ma, mentre il fenomeno dell’antiebraismo ha una storia ultramillenaria le cui cause, standa ad un Lazard, possono essere rintracciate almeno in parte negli stessi ebrei e nella loro peculiarità che ne ha reso nei secoli problematica la loro integrazione all’interno dei popoli nei quali si trovavano senza mai farne interamente parte.

1. Una buona notizia per i «Corretti Informatori». – La “buona notizia” è che all’ebreo Norman Finkelstein è stato negato l’ingresso in Israele per nessun altro reato che l’aver scritto il noto libro «L’Industria dell’Olocausto». Chiaramente pretestuose sono le visite o le persone con le quali avrebbe voluto parlare, cosa di per sé che non può costituire un reato.