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I 700 studenti bloccati a Gaza

di redazionale - 16/06/2008



Tre giorni fa, il 1 giungo, Hadeel Abu Kwaik appariva preoccupata e perplessa mentre sedeva nella sala computer dell’università Al-Azhar di Gaza. Oggi, dopo aver appena scoperto di essere riammessa alla borsa di studio Fulbright, dice di essere “contenta ma ancora preoccupata. Non sono ancora sicura che potremo [tutti] partire per gli Stati Uniti”.

Hadeel è una dei sette studenti che, il 29 maggio, hanno ricevuto una lettera dal Consolato americano a Gerusalemme in cui venivano informati che le loro domande per la borsa di studio Fulbright non sarebbero state portate a termine. La lettera del Consolato non dava alcuna spiegazione riguardo all’improvviso ritiro delle sette borse di studio: invece tutti e sette gli studenti, tre ragazze e quattro ragazzi, sono stati “fortemente incoraggiati” a ripetere la domanda per la stessa borsa di studio il prossimo anno, assicurando loro di ricevere “priorità nella considerazione”.

Il ritiro delle borse di studio Fulbright ha causato scalpore internazionale, attirando momentaneamente l’attenzione mondiale sulla situazione dei sette studenti di Gaza. È intervenuto pure il segretario di Stato Usa. Condoleezza Rice, dicendo che era “sorpresa” dalla decisione, e aggiungendo che “se non si riesce a coinvolgere le persone giovani senza metter limiti alle loro aspettative, sogni e orizzonti, non so se ci sarà alcun futuro per la Palestina. Faremo chiarezza”. 

In vista dell’aumento di critiche provenienti sia dagli Stati Uniti che da Israele, il Dipartimento di Stato Americano si è affrettato a offrire nuovamente le borse di studio, e il 2 giugno ha rassicurato gli studenti di stare “lavorando assieme” ad ufficiali israeliani per ottenere i permessi necessari per lasciare Gaza. Hadeel è ora in attesa di andare a Gerusalemme, dove avrà un’intervista al Consolato americano per ottenere il visto Usa. Dopo tornerà nella striscia di Gaza dove si preparerà per la partenza a fine estate. Spera di studiare Ingegneria informatica all’Università del Minnesota.

Secondo i “grandi” media, per i sette della borsa di studio Fulbright la questione si è “svolta velocemente”, concludendosi in modo positivo. Ma ci sono centinaia di altri studenti palestinesi rimasti arenati nella striscia di Gaza, e ci si aspetta che il loro numero aumenti quest’estate. Secondo le statistiche del Palestinian Centre for Human Rights (Pchr), ci sono intorno ai 700 studenti che ancora aspettano di lasciare Gaza per proseguire gli studi, e borse di studio all’estero. “Questo numero aumenterà verso la fine del prossimo mese, dopo che le scuole avranno annunciato i risultati degli esami, e gli studenti di Gaza vorranno andare all’università” dice Khail Shaheen, un ricercatore del Pchr. “Tutti questi studenti sono bloccati nella striscia di Gaza per colpa dell’assedio e del blocco israeliana, gli è stato negato il diritto di perseguire la loro educazione, e il loro futuro”.

Sia la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, che il Patto internazionale per i diritti civili e politici del 1966 confermano esplicitamente il diritto di tutti di viaggiare liberamente entro e fuori dai confini del loro Stato. La chiusura israeliana della striscia di Gaza, che prosegue ormai da tre anni, sta sistematicamente e di proposito distruggendo l’economia di Gaza, i servizi sanitari e educativi, e il futuro della popolazione. Agli studenti di Gaza che vorrebbero continuare l’educazione specialistica all’estero, molti dei quali intendono ritornare a Gaza per partecipare alla ricostruzione del loro Paese, è stato negato questo diritto perché Israele rimane intento nel proseguire la sua norma illegale di punizione collettiva. Un’organizzazione israeliana per i diritti umani, Gisha, ha presentato alla Corte suprema israeliana una petizione che richiede il permesso per due studenti di Gaza, Wissam Abuajwa e Nibal Nayef, di lasciare la Striscia per proseguire gli studi specialistici nel Regno Unito e in Germania.

Nel frattempo, il 29enne Said Ahmad Said Al-Madhoun è in attesa da più di un anno per proseguire i suoi studi di legge all’estero. Dopo aver ricevuto una borsa di studio dall’Open Society Institute nel gennaio 2007, è stato accettato nel programma di specialistica dell’università americana, Washington College of Law, ma tuttora non è riuscito a raggiungere gli Stati Uniti. “Sono riuscito a uscire da Gaza nel dicembre 2007 e arrivare al confine con l’Egitto” ci dice Said. “È stato un viaggio complicato - per colpa della chiusura siamo stati costretti a passare il confine dal passaggio di Erez (nel nord di Gaza) per proseguire attraverso un altro passaggio israeliano, a Kerem Shalom, fino al confine con l’Egitto. Però mi è stato rifiutato l’accesso al confine [egiziano] perché non avevo il visto Usa”. Said non e riuscito a procurarsi il visto Usa perché, come la maggioranza di persone a Gaza, non gli è consentito andare a Gerusalemme, dove il Consolato americano rilascia i visti. Said ha tentato di lasciare Gaza anche durante i primi di gennaio, ma e stato di nuovo respinto al confine con l’Egitto. Con la sospensione della sua carriera accademica, e della sua vita, Said sta ancora aspettando. “È cosi frustrante per me, e per tutti noi studenti di Gaza” ci dice con stanchezza. “Vogliamo lavorare e imparare. Vogliamo godere del nostro diritto allo spostamento. Vogliamo determinare il nostro futuro.”

Quando Hadeel Abu Kwaik scoprì che la sua borsa di studio Fulbright era stata ritirata, ci ha detto di sentirsi arrabbiata e delusa. “Mi domando se Israele voglia un vicino educato o uno arrabbiato” ha dichiarato pubblicamente. Come Said al-Madhoun, Hadeel vuole proseguire gli studi all’estero per poi ritornare a Gaza per lavorare nella sua comunità. Sebbene ci dice di essere felice di essere riammessa alla borsa di studio Fulbright, ammette di sentirsi ancora preoccupata di non riuscire a lasciare Gaza, ciò causandole ansia invece che felicità. Ci dice: “Non mi tranquillizzerò finche arriveremo in America (per iniziare gli studi)”.      

(Traduzione di Andrea Dessi per Osservatorio Iraq)

L’articolo in lingua originale