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Iraq, Countdown per l’attacco ad Amara

di Ornella Sangiovanni - 17/06/2008



Sarà il 19 giugno – giovedì – il “D-day”: il giorno fissato per l’inizio dell’operazione militare contro la provincia di Maysan, l’ultima roccaforte del movimento di Muqtada al Sadr.

Dopo l’ultimatum di quattro giorni dato dal premier iracheno Nuri al Maliki affinché tutti coloro che sono in possesso di armi pesanti le consegnino – in cambio di denaro, la data è stata confermata da diversi funzionari del governo di Baghdad, fra questi il generale Abdul Karim al Khalaf, direttore della sala operativa del ministero degli Interni.

“Giovedì è il D-day ufficiale del piano”, ha detto al Khalaf in una conferenza stampa nella capitale irachena, nella quale ha sottolineato che l’obiettivo è “imporre la legge” nella provincia, dando la caccia ai gruppi armati che sono arrivati da altre province dell’Iraq.

I preparativi sono ormai completati. Le forze irachene hanno completato il loro schieramento, anche se le autorità di Baghdad non hanno finora voluto dare numeri.

Stando alle informazioni fornite dal generale al Khalaf, dovrebbe esserci un bell’assortimento.

La direzione sarà del comando della polizia nazionale e delle forze speciali del ministero degli Interni. Parteciperanno anche le “Scorpion forces” e forze di reazione rapida  - ovvero, unità di assalto, con l’appoggio dell’aviazione irachena.

Funzionari locali hanno riferito che il comandante della polizia provinciale, Ali al Maliki, è stato rimosso, e sostituito con un generale di brigata dell’esercito. E anche altri alti funzionari di polizia starebbero per essere sostituiti, a quanto riferito da una fonte della sicurezza locale alla Reuters.

E gli americani (che già pattugliano il centro di Amara, la capitale della provincia, assieme alle forze irachene)?

Avranno solo un ruolo “consultivo”. Saranno gli iracheni a condurre l’operazione, “senza la presenza delle forze straniere”, dice al Khalaf. Anche perché – sottolinea il generale - a Maysan non ci saranno solo le forze di sicurezza arrivate da altre province, ma quelle locali – “note per la loro fedeltà al Paese e alla provincia”.

A ogni buon conto, in preparazione dell’attacco, sul posto sono arrivati 15 “field commander” del ministero degli Interni. Insomma, un’operazione di polizia in grande stile, che dovrebbe dare la caccia ai “fuorilegge”.

Provincia ribelle

Per la verità, Maysan, provincia a grande maggioranza sciita situata nel sud–est dell’Iraq, ai confini con l’Iran, tanto “fedele” al governo centrale non lo è mai stata.
Neppure ai tempi di Saddam Hussein, che non è mai riuscito ad averne il controllo totale.

Abitata in gran parte dalle fiere – e antichissime - tribù dei cosiddetti “arabi delle paludi” (Marsh Arabs), celebrate da viaggiatori come Wilfred Thesiger, dopo l’invasione Usa del marzo 2003 non aveva aspettato gli americani per liberarsi, e poi aveva dato gran filo da torcere anche agli inglesi – che ne hanno avuto la responsabilità fino all’aprile 2007.

Molto povera e arretrata, è l’unica provincia sotto il controllo dei sostenitori di Muqtada al Sadr, che hanno vinto le elezioni provinciali del gennaio 2005.

L’appoggio dei sadristi

E infatti dai ‘sadristi’ arrivano dichiarazioni prudenti.

Funzionari del movimento hanno detto che non si opporranno all’operazione militare decisa da Baghdad, a meno che le forze governative non commettano violazioni dei diritti umani, o eseguano arresti senza mandato.

Concetto ribadito dal governatore della provincia, Adel al Muhudir, secondo il quale i funzionari locali “hanno espresso il loro appoggio all’operazione per imporre la legge che dovrebbe iniziare nei prossimi giorni”. Al Muhudir a sua volta ha ammonito contro le “violazioni dei diritti umani nel corso di raid, o contro i casi di arresto senza mandato”.

“C’è accordo fra tutte le parti e i blocchi, compreso l’ufficio di Sadr, sulla necessità di imporre la legge”, ha sottolineato il governatore in un comunicato pubblicato sul sito Internet del governo provinciale. “Tuttavia nel mettere in atto l’operazione dovrebbero essere protetti i diritti dei cittadini”.

I sostenitori di Sadr hanno fatto ulteriori gesti conciliatori, evacuando spontaneamente la sede centrale del loro ufficio di Amara, la capitale provinciale, e consegnandola al governo locale già due giorni fa – secondo informazioni fornite da un portavoce provinciale, che non ha voluto essere identificato.

Ma il conto alla rovescia è già scattato, e fra due giorni le forze irachene lanceranno l’operazione pianificata.

Come ha ribadito ieri il generale al Khalaf alla televisione della Associated Press, sottolineando che l’obiettivo è quello di fare di Amara una “zona smilitarizzata”.

E la cosa non si fermerà qui. Al Khalaf ha aggiunto che le forze di sicurezza irachene sono pronte a offensive analoghe nelle province di Dhi Qar – nel sud – e di Diyala, nel centro.

E la gente?

Nonostante le dichiarazioni tranquillizzanti delle autorità di Baghdad e di quelle locali, ad Amara molti temono il peggio.

“Abbiamo molta paura di questa operazione perché la battaglia distruggerà la città”, dice alla Reuters Hassan Hamid, che ha 35 anni e fa il lavoratore a giornata. Ma “non accetteremo che prendano di mira l’Esercito del Mahdi, perché fornisce servizi alla gente”, aggiunge - in riferimento alla milizia fedele a Muqtada al Sadr.

Haider Karim, un tassista 35enne, dice al New York Times che a pagare il prezzo di un’operazione militare saranno i civili, perché i miliziani hanno già lasciato la città.

Come avviene quasi regolarmente.


Fonte: Reuters, Associated Press, Agence France Presse, Aswat al Iraq, New York Times