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Bomba a Kabul accende il Grande Gioco

di Luigi Spinola - 08/07/2008

 

 

 

Quarantaquattro morti e centoquaranta feriti. Cinque i caduti tra i membri del personale dell’ambasciata indiana: l’addetto militare, il console politico e tre uomini della sicurezza. Quando sono state chiuse le pagine di questo giornale però, la macabra contabilità dell’esplosione che ieri mattina ha sventrato l’ingresso dell’ambasciata indiana a Kabul era ancora in corso.

 

La capitale dell’Afghanistan è stata colpita ieri da uno degli attentati più pesanti - forse il peggiore registrati dal 2001 ad oggi. Il punto culminante di un’escalation che a Sud e ad Est è in corso sin dall’inizio di primavera e che giunge ora in quella che dovrebbe essere la zona più sicura di Kabul, tra uffici governativi ed ambasciate.

 

Dovrebbe ma non lo è più. La progressione degli attacchi disegna un’avanzata dei neotalebani che sembra ormai pronta a cingere d’assedio la capitale. Preoccupa in particolare «l’occupazione» della provincia di Wardak, a un’ora scarsa da Kabul, metà della quale, secondo il solitamente ben informato istituto di ricerca statunitense Senlis Council sarebbe ormai in mano ai talebani. E le ultime luttuose notizie dalla capitale afgana accreditano la fosca profezia fatta dallo stesso Senlis Council nell’autunno scorso: «la questione non è più se i talebani torneranno a Kabul ma quando e sotto che forma». E con quali sponsor?

 

«Questo atto abominevole è stato compiuto dai nemici dell’amicizia tra Afghanistan e India». L’immediata, generica accusa di Karzai è stata presto precisata dal ministero degli interni afgano, certo che l’attacco sia stato realizzato «con il sostegno di servizi di intelligente attivi nella regione». Scontato pensare al Pakistan con il quale i rapporti sono ormai vicinissimi alla rottura. 

 

Meno di un mese fa il Presidente Karzai minacciava di inviare soldati oltre confine come «autodifesa» contro i militanti che dal Pakistan varcano la porosa frontiera per colpire l’Afghanistan. Poco dopo il capo dell’intelligence afgana Amrullah Saleh aveva parlato di un coinvolgimento di «servizi stranieri» nell’attentato contro lo stesso Karzai lo scorso aprile, lasciando al suo portavoce il compito di citare esplicitamente l’Isi pachistana.

 

Kabul guarda ora con rinnovato sospetto ad Islamabad, altra capitale ferita al cuore, domenica, da un’esplosione. Sono 19, secondo l’ultima conta, le vittime dell’attentato che ha macabramente ricordato l’assalto di un anno fa contro la Moschea Rossa, roccaforte degli islamisti radicali. E ieri cinque bombe fatte esplodere in successione nell’arco di un’ora hanno scosso anche Karachi, provocando almeno una vittima e trenta feriti.

 

L’esplosione di Kabul fa eco a quella di Islamabad e pare quasi prolungarsi fino a Karachi. Difficile distinguere con assoluta precisione ispirazioni e finalità degli attentati. Così come non è da escludersi che chi colpisce la presenza indiana a Kabul non lo faccia per conto di Islamabad ma per gettare fango sul Pakistan e portare al parossismo la tensione tra i due paesi. E dare una nuova spinta destabilizzatrice al Grande Gioco che si svolge con regole sempre più oscure e letali nell’Asia Centrale.

 

Grande Gioco che ieri ha messo in risalto il peso crescente dell’India nel paese. Dopo la caduta dei talebani, Delhi ha progressivamente recuperato l’influenza che aveva perduto puntando sull’invasore sovietico prima, e sul regime di Najibulah poi. Caduta Kabul in mano ai Talebani protetti dal Pakistan, Delhi aveva risposto sposando la causa dell’Alleanza del Nord. La fine dei talebani e la conseguente perdita d’influenza del Pakistan ha infine aperto all’India le porte dell’Afghanistan. Delhi dal 2001 ha giocato con molta saggezza le sue carte proponendosi innanzitutto come munifico donatore e partner nel processo di ricostruzione del paese. Educazione, sanità, infrastrutture: l’India si è mossa a tutto campo sviluppando simmetricamente la sua presenza diplomatica con l’apertura di quattro consolati. Ed è andato crescendo di pari passo l’interscambio commerciale tra i due paesi. Ovvio che le ricadute diplomatiche-strategiche siano state copiose. E che siano stati intrecciati rapporti strettissimi con il presidente Karzai che ancora ieri ha esaltato, rivendicandola, la partnership con Delhi. E altrettanto chiaro che l’amicizia con la «più grande democrazia al mondo» sia considerata una provocazione tanto dai jihadisti quanto dai pakistani. Prima dell’attentato di ieri erano già stati colpiti i consolati indiani a Herat e Jalalabad. Quest’ultimo accusato dal Pakistan di fornire anni e denari all’insorgenza nel Baluchistan. Un modo come un altro per illustrare la minaccia indiana. Difficile dire però se Islamabad sia pronta a far parlare il terrore per neutralizzarla. E se Kabul pensi seriamente ad una risposta armata. Per ora ci si limita a contare i morti e registrare una nuova scossa nell’ultima versione del Grande Gioco.