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C’è grossa crisi

di Alessandro Farulli - 17/07/2008

“C’è grossa crisi” diceva il santone Quelo, inarrivabile personaggio di Corrado Guzzanti. Ogni giorno l’economia mondiale e quella nazionale registrano un’emorragia di segnali negativi dal famigerato Pil (oggi Bankitalia annuncia che sarà per due anni poco al di sopra dello 0), alla crisi (leggi General Motor e i 10 miliardi di costi da tagliare) e alla chiusura delle fabbriche, al rincaro delle materie prime (vedi l’ultima significativa dello Zolfo), alla penuria energetica, all’aumento della fame del mondo anche in fasce di popolazione che fino a ieri il famoso tozzo di pane lo mangiavano. E accanto ad ogni nuovo allarme, puntuale arrivano la risposta draconiana del mercato e una nuova ricetta teorica per uscire dal pantano. L’ultima in ordine di tempo è di Fabrizio Galimberti sul Sole24Ore di oggi sotto il significativo titolo “Vecchie colpe e nuovi rimedi”. Che semplificando individua (con argomenti) il marcio nella politica «tout court che sembra porre in cima alle preoccupazioni altri problemi che quelli dell’economia» e individua nell’accelerazione e nel rinnovamento , spinta da una politica diversa, di processi e di prodotti delle imprese nostrane la via maestra per uscire dal tunnel. Pezzi di verità che però, dal nostro punto di osservazione, omettono ciò che solo due anni fa Stern e l’Ipcc avevano indicato essere l’unica vera risposta a questa crisi abbondantemente annunciata e per nulla contingente: cambiare le direttrici dello sviluppo dando governo ed efficienza ai flussi di energia e di materia .

L’analisi appare (apparirebbe) più semplice di quello che si immagina: siamo di fronte in buona sostanza ad un pessimo governo proprio dei flussi di materia e dei flussi di energia. A tutti i livelli (globali e locali). Con conseguenze previste, ora sotto gli occhi di tutti, e irreversibili se non si mette mano a questa situazione. Non può essere che si esce dalla crisi energetica con nuove trivellazioni e con la costruzione di centrali nucleari in ogni angolo del pianeta pur di rimanere attaccati all’attuale modello di "inviluppo" come cozze agli scogli. Se domani il prezzo del barile di petrolio scenderà a 100 dollari, e si ha coscienza degli errori passati e delle risorse del pianeta, domani l’altro non si può sperare e fare di tutto perché si torni a vendere le auto a benzina e gasolio come prima. Oppure lasciar perdere d’emblée il risparmio energetico mandando a ramengo questo che è un vero e proprio giacimento per paesi che non hanno materie prime come l’Italia.

Ma le lezioni di Stern e Ipcc hanno avuto un impatto mediatico fortissimo all’inizio per poi spegnersi lentamente e sparire, incredibilmente del tutto dal dibattito proprio quando questo ne ha registrato fisicamente la verità intrinseca. Cogliamo oggi un segnale positivo dagli ingegneri che dovrebbe far riflettere tutti. Su Italia Oggi, stamani il Consiglio nazionale degli ingegneri – presentando il loro 53° congresso in programma a La Spezia dal 10 al 12 settembre – dice letteralmente: «Gli attuali scenari, caratterizzati dall’irrompere di un intreccio sempre più evidente tra crisi ecologica, energetica ed economica, impongono una svolta: cominciare ad assumere un punto di prospettiva secondo cui le politiche di sostenibilità ambientale diventano l’elemento trasversale per attuare lo sviluppo infrastrutturale, edilizio e industriale». Molecolarmente, dunque, qualcosa si muove e l’humus per un riorientamento dell´economia, almeno in certi ambienti, comincerebbe ad essere prodotto. Ma appare evidente sono i decision maker che continuano a pensare al futuro con roboanti frasi inneggianti alla modernizzazione e alla innovazione ma........finalizzate a riprodurre gli stessi schemi che hanno prodotto l´attuale crisi.

Un amico mi ha inviato le Conclusioni di Enrico Berlinguer al convegno degli intellettuali dalle quali traggo un passaggio che mi pare spieghi benissimo che cosa è successo in questi anni, e non solo in Italia: «non si è saputo ancora suscitare il necessario movimento di opinione e di massa contro gli sprechi. Contro gli sprechi in senso diretto, che sono ancora enormi (si pensi all´energia o all´organizzazione sanitaria) e contro gli sprechi in senso indiretto e lato, come quelli che derivano dal lassismo nelle aziende, nelle scuole e nella pubblica amministrazione; o come quelli (…) derivanti da imprevidenze, di cui avvertiamo oggi tutto il peso, e da errori enormi compiuti nella politica del suolo, del territorio, dell´ambiente; o dalla trascuratezza nel campo della ricerca. C´è tutta un´azione amplissima contro gli sprechi e per il risparmio in ogni campo che avrebbe bisogno dello stimolo, della direzione, dell´iniziativa continua di un governo che sapesse davvero esprimere l´autorevolezza politica e morale oggi indispensabile». Berlinguer parlava dell’Austerità come occasione per trasformare l’Italia. Era il 1977 e dopo 31 anni siamo punto e a capo. La vogliamo o no cogliere questa occasione? Perché la risposta per dirla sempre come Quelo, sta dentro di noi, non fuori di noi, ma l’importante è che “non sia sbagliata”.