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Perché Cartesio è morto subito e Leonardo no?

di pensarecolcorpo.it - 20/09/2005

Fonte: pensarecolcorpo.it

Perché Cartesio è morto subito e Leonardo no?

Della mia infanzia ricordo con struggente nostalgia
soprattutto gli sconfinati tempi vuoti
e quello stato di grazia che è gratuito sperpero delle ore.
Sono certo che quei vuoti, per la mia edificazione personale,
sono stati altrettanto fecondi di tutto il resto.
Michele Serra
 
Per il filosofo e matematico francese Cartesio, la giornata comincia a mezzogiorno. A causa della sua gracile costituzione, è abituato così fin dall'infanzia, ma quando viene convocato dalla regina Cristina di Svezia a trasferirsi alla sua corte per parlare con lei di filosofia, l'unico orario possibile per i colloqui sono le cinque del mattino. Nell'impossibilità di trattare un orario più conveniente, Cartesio accetta suo malgrado, poi in breve tempo si ammala di polmonite e muore. Leonardo da Vinci, per contro, lavora indefessamente senza distinzioni tra giorno e notte, ma si appisola con regolarità per una ventina di minuti ogni paio d'ore.
 
Cosa succede a livello fisico
Esiste una connessione molto stretta tra lo stato generale di salute di un individuo e il suo stile di vita, e tra il suo stile di vita e il suo modo di essere e la sua costituzione.
Come appare evidente dal confronto sulle abitudini di Leonardo e di Cartesio in relazione al sonno, ognuno ha un suo ritmo di recupero del processo di esaurimento e quindi un suo stile personale per rinfrescare e rinnovare l'organismo in modo da ripartire nell'attività con energia rinnovata. Numerosi studi hanno dimostrato tuttavia come, nella maggior parte delle persone, i bioritmi naturali dell'organismo siano straordinariamente simili a quelli su cui regolava la sua vita Leonardo. Numerose strutture organiche seguono infatti un ciclo di attività di un'ora e mezza o due, con pause di recupero di venti, trenta minuti. Sembra probabile che questo sia il tipo di ritmo capace di mantenere più a lungo e con il minor prezzo l'efficienza psicofisica, in quanto il recupero frequente e regolare impedirebbe l'instaurarsi di danni o carenze profonde. Quanto più lungo è l'intervallo tra un recupero e l'altro, tanto maggiori sono il lavoro imposto all'organismo e le probabilità di non riuscire a rigenerarsi completamente.
Se in una casa non si buttasse via la spazzatura e non si pulissero i pavimenti per un anno intero, è logico che alla fine le pulizie richiederebbero un impegno e un tempo assai maggiore che non se si fosse applicata una minima routine quotidiana.
Organi come fegato e reni, la cui attività ha in gran parte a che fare con la disintossicazione, cioè con l'eliminazione delle tossine che il corpo produce in gran quantità nei periodi di attività, si avvalgono dei periodi di riposo per poter svolgere la loro funzione e rinnovare l'organismo. E' chiaro che quanto più lungo è l'intervallo che intercorre tra due periodi di riposo tanto più è probabile che poi quello a disposizione per completare il lavoro possa risultare insufficiente. La conseguenza è l'accumulo di un certo tipo di debito, di stanchezza, con una progressiva intossicazione e un invecchiamento accelerato dell'organismo.
Quando l'organismo è fresco, riposato e motivato all'azione, tutti gli impulsi, l'energia e il movimento partono da strutture molto profonde del sistema, ovvero dalle viscere e dalla muscolatura interna. Quanto più invece l'organismo è stanco, demotivato, esaurito, tanto più la sua possibilità di agire dipenderà dall'attivazione del sistema nervoso simpatico e dalle ghiandole surrenali, progettate dall'organismo proprio per rispondere a situazioni di emergenza. In situazioni di stanchezza e di esaurimento quindi è come se "spegnessimo" o mettessimo in ombra la nostra parte viscerale, insieme con la parte più interna degli arti e del cervello e compensassimo il sostegno che ci viene a mancare con un'iperattività delle surrenali - e quindi una produzione forzata dei loro ormoni quali adrenalina e cortisolo - con la forza di volontà e con la tensione muscolare, riuscendo così nell'impresa di continuare il processo dell'azione, malgrado l'esaurimento dell'energia spontanea.
Se si altera a lungo l'alternanza tra reni e surreni, uno dei sintomi di questo sovraccarico dell'organismo è la fatica a partire al mattino. Questo sintomo segnala che durante la notte e il riposo i reni hanno svolto sì la loro funzione, ma rimane ancora molto lavoro da fare per disintossicare l'organismo. Non avendo i reni esaurito il loro compito si rifiutano, per così dire, di rimettersi in "pausa" a favore delle surrenali. Ciò che avviene normalmente a questo punto è che, per supplire a questa fatica nel rimettersi in pista, si comincia a bere caffè e talvolta si continuano ad assumere sostanze eccitanti (come fumo di sigaretta o cioccolata) per tutta la giornata, per arrivare alla sera con addosso una tensione che si traduce in una difficoltà a lasciarsi andare, a rilassarsi, quindi anche ad addormentarsi. Subentra così un'inerzia che impedisce di passare tranquillamente dallo stato di riposo a quello di attività e viceversa.
 
Scelte
Consideriamo allora la situazione di una persona che abbia deciso di ritrovare motivazioni più profonde per ciò che fa. Affrontare un cambiamento di vita o nuovi progetti è qualcosa di abbastanza duro di per sè da richiedere almeno una certa freschezza. E' assai difficile pensare che la trasformazione riesca se la sua vita è organizzata su ritmi, spazi e tempi che - anche se fin qui erano stati perfettamente funzionali - non le permettono mai di prendere contatto con la sua parte più interna. Un esempio comune è quello della persona che dice di voler cambiare perché è troppo stressata, ma che poi, appena le suggeriamo un tipo di attività funzionale al cambiamento, risponde: non posso... sono troppo impegnata. In realtà si pensa sempre che un individuo non possa trovare tempo per se stesso perché è troppo impegnato e troppo responsabile nei confronti del suo lavoro o della famiglia, ma quando si va a indagare sui rapporti di causa effetto, quasi sempre si scopre che è esattamente il contrario: lavora troppo proprio per non incontrare se stesso.
In alcuni casi può essere una scelta perfettamente funzionale, per esempio come tecnica "antidepressiva" di controllo di vissuti emotivi che per qualche motivo non si è temporaneamente in grado di gestire. Una persona può così rimandare l'elaborazione del lutto per una perdita o del dolore di una separazione a un momento più opportuno. In questo caso, il troppo lavoro riesce a chiudere tutti gli spiragli nei quali potrebbero infiltrarsi i vissuti dolorosi che temporaneamente preferisce rimandare. Per farlo non è tuttavia indispensabile ingannare se stessi, affermando che è l'eccesso di impegno a impedire di recuperare, anche perché in questo modo può capitare di perdere l'opportunità di fare la scelta contraria al momento giusto.
 
L'effetto della mancanza di pause sul sentire
Al debutto, "Zio Vania" di Cechov risultava prolisso e durava tre ore e mezza. Cechov lavorò tre giorni al testo e tagliò un'ora di spettacolo. Ma andati nuovamente in scena, si vide che la durata era sempre di tre ore e mezza. Cechov: <<Ma come? Avete inserito dentro dell'altro testo?>>. Stanislavskij: <<No, ci abbiamo inserito le giuste pause>>.
Ma in che modo la fretta - cioè la sequenza di azioni affastellate invece che intervallate e cadenzate dalle proprie pause naturali - e le scadenze continue agiscono su corpo e pensiero?
Se vi trovate in un negozio, per esempio una boutique o un salone di automobili dove commesse e venditori cercano di convincervi a comprare qualcosa, il modo più elementare per riuscirci sarà quello di farvi fretta: domani finiscono i saldi, sono le ultime paia, gli incentivi per la rottamazione scadono a fine mese... La fretta può essere vista per certi aspetti come una forma di manipolazione rivolta sia verso gli altri sia verso se stessi, perché la fretta è interpretata dall'organismo come una situazione di allarme, di emergenza. E in tutte queste situazioni l'organismo si organizza sempre chiudendo le proprie sensazioni interne per dirigerle verso il mondo.
Una volta chiuse le sensazioni interne, non si è più in grado di valutare se quella macchina, quel paio di scarpe o quel vestito corrispondono veramente al proprio bisogno. E' molto più facile manipolare una persona che non ha più sensazioni, o che non le riconosce, che non presta attenzione al suo bisogno e che quindi, in una situazione di allarme, di emergenza, di paura o di confusione, si aggrappa alla prima soluzione che le viene proposta, in questo caso quella dell'acquisto. Lo stesso avviene all'interno di molte aziende e, in questo caso, il fatto di avere ritmi di lavoro sincopati e continue scadenze da rispettare fa sì che i dipendenti non abbiano mai lo spazio di chiedersi, o di rendersi conto, se sono sfruttati o apprezzati, se il loro lavoro li gratifica o no, perché lo fanno, per chi lo fanno e se vengono pagati in misura adeguata al loro valore. E' come se l'individuo fosse tenuto costantemente distratto, ipnotizzato in un certo stato d'emergenza.
 
Il paradosso per cui più si fa e meno si fa
La fretta, dunque, è in contraddizione con l'esperienza. C'è un'avidità intrinseca, in chi vive di fretta, che non può mai essere soddisfatta: i ritmi intensi infatti non permettono l'integrazione dell'esperienza e lasciano inevitabilmente con un senso di vuoto.
Il paradosso in cui cade inevitabilmente chi rinuncia a intervallare l'azione con pause è quello di illudersi che facendo più cose, sfruttando di più le opportunità, dalla vita possa ottenere molto di più. In realtà è esattamente l'opposto, perché il tempo soggettivo di una persona è dato dal suo rilassamento e dalla percezione che riesce ad avere con gli organi e con le altre strutture profonde dell'organismo, come risulta evidente nei bambini che, nello stesso tempo di un adulto, raccolgono un numero di esperienze infinitamente maggiore. E' un'esperienza che conosce bene chi fa pratica di meditazione: nel percorrere con la consapevolezza ogni parte del corpo si raggiunge talvolta un'intensità nella percezione del proprio corpo e delle proprie emozioni inimmaginabile per chi si trova in uno stato di fretta (fosse anche fretta di imparare a meditare!). Quando ci si immedesima completamente nelle singole sensazioni, le si assapora fino in fondo in questo modo, capita a volte di aprire gli occhi davanti a un orologio (funzionante) e di vedere ferma la lancetta dei secondi perché la percezione soggettiva del tempo si è allungata. Analogamente, l'autentico campione di vela che nella regata si sprofonda in uno stato vicino alla trance, entrando totalmente in quello che fa, vive un tempo soggettivo lunghissimo, tanto che mentre esegue un giro di boa ha la sensazione di vedere un film al rallentatore, con tutto lo spazio necessario per effettuare ogni frazione della manovra con la massima cura. Lo stesso vale per lo sciatore, per il pilota, per qualunque sportivo che - invece di arrivare alla curva sotto pressione e quindi con un tempo soggettivo ridottissimo - essendo in contatto con le sue sensazioni ha tutto il tempo di rendersi conto, di vivere l'esperienza per un tempo più lungo e quindi di fare molte più cose o di farle meglio.
Quando la fretta è una costante della nostra vita, tanto da farci perdere la capacità di riconoscere le nostre sensazioni e i nostri bisogni, il nostro organismo si trova per la maggior parte del tempo in uno stato del sistema nervoso simpatico - quello dell'emergenza - che non permette mai il recupero necessario. E questo, prima o poi, si paga. E' ciò che avviene sistematicamente in alcune società, dove fin da bambini si viene sollecitati a raggiungere prima del tempo determinati obiettivi - all'asilo i bambini vengono preparati per le elementari, alle elementari per le medie e così via... - con l'unico vantaggio di permettere a chi controlla il gioco di continuare a farlo. Solo abbassando il ritmo ci si può permettere di fare esperienza, mentre finchè si resta incastrati nel meccanismo non si sa nemmeno a che gioco si sta giocando, che cosa si sta comprando, perché si lavora in una certa azienda, perché o per chi si sta studiando qualcosa.
Azione e contemplazione sono quindi due funzioni complementari; una complementarietà che non si può dissolvere se non al prezzo di una perdita del loro significato: l'azione crea un mutamento fisico, fa succedere qualcosa, ne vediamo gli effetti, crea quella che definiamo "un'esperienza". Ma è solo quando esiste la susseguente quiete, lo stare con l'esperienza, l'assaporare l'esperienza, il lasciare che sedimenti dentro di noi, che si integri, che tale esperienza acquista senso e valore. Movimento e quiete quindi si nutrono, si informano e si danno significato reciprocamente, mentre separati sono solo inutile frenesia e insulsa speculazione cerebrotica: perché ciò che conta veramente, alla fine, è la fertilità o meno del loro rapportarsi.
 
j.tolja - f.speciani
 
dal libro Still in Motion
 

  
  Genio e regolatezza
 
Negli occhi del giovane
voglio vedere la fiamma,
negli occhi del vecchio la luce
R.Guitton
 

Un giorno a Leonardo venne la curiosità di verificare se era vero - come già si pensava ai suoi tempi - che la "linea della vita" incisa sul palmo della mano indicasse la lunghezza effettiva dell'esistenza. Così, dopo una battaglia particolarmente cruenta, andò sul campo ad esaminare la mano dei soldati caduti, per controllare se la loro linea della vita fosse davvero più corta.
Di fatto non trovò nessuna relazione significativa fra la lunghezza della linea e la lunghezza della vita, e forse è per questo che l'episodio - come chissà quanti altri della sua vita - è rimasto nell'ombra. Così come non si parla delle dodici e più ore che Mozart trascorreva giornalmente a fare esercizi al pianoforte, si ignorano i 2000 cadaveri che Leonardo esaminò prima di lasciar cadere una semplice curiosità.
 
L'idea del "colpo di genio" gratuito è un falso mito che deriva dall'incapacità di vedere il processo che lo sottende e di comprendere che la genialità per crescere ed esprimersi ha bisogno di metodo, esperienza e regolatezza.
Una chiave di lettura per meglio capire i possibili rapporti tra genio e regolatezza è quella descritta soprattutto da Jung, secondo la quale esistono nell'animo umano due tendenze archetipiche complementari: il PUER e il SENEX.
Ci troviamo di fronte a due aspetti complementari della personalità: da una parte l'energia, l'entusiasmo, la totalità del Puer che è senza limiti e fuori dal tempo, dall'altra il senso di realtà, la saggezza e il metodo del Senex, che per creare esperienza ha bisogno della capacità di limitare e limitarsi e quindi deve situarsi nel tempo.
Gli aspetti Puer e Senex non sono di per sè positivi o negativi. Sono fertili o sterili a seconda del modo in cui si integrano fra di loro e nella nostra vita.
A queste diverse possibilità sono dedicati i paragrafi che seguono e anche gli altri articoli in questa sezione.
 
L'integrazione fertile
Una persona è tale perché ha una radice nel numinoso (nel divino, nello spirito, nell'anima) che le dà un senso transpersonale e trascendente oltre chè energia e significato (aspetto Puer) e una radice nel contingente (aspetto Senex) legato alla precisa storia ed esperienza che con la propria vita sta incarnando e realizzando.
Quale che sia l'attività alla quale vi state dedicando - una partita a Monopoli o la direzione di un giornale - il problema è lo stesso e riguarda il rapporto tra il senso di relatività e il prendere sul serio ciò che si fà.
L'aspetto Puer è molto legato all'indifferenziato, (come l'acqua) e a tutti gli inizi (come il sorgere del sole), e quindi ha un ruolo fondamentale nel dare l'inizio a nuove esperienze, perché dà l'entusiasmo e l'energia indispensabili per superare l'inezia iniziale.
Il Puer intravede sempre nel nuovo una possibilità di ampliamento, un collegamento ideale col tutto. Dopo, sono invece la costanza e il realismo dell'aspetto Senex a far sì che l'esperienza si realizzi, si sviluppi e continui. L'aspetto Senex ha infatti a che fare con il differenziare, l'asciugare, lo strutturare e con il concludere nelle sue varie forme. Per questo il sabato, che è l'ultimo giorno della settimana lavorativa, in inglese è chiamato Saturday cioè giorno di Saturno: espressione del Senex. Così come il buio, la notte, l'inverno sono pure aspetti saturnini.
Una buona sinergia fra questi due aspetti è quindi estremamente fertile e permette la realizzazione di numerosi e significativi progetti in uno stato che è insieme di leggerezza e di concretezza.
Tutte le figure senza legami che permettono nuovi inizi, per un'adesione ad un ideale, come quella dell'eroe, sono legate all'archetipo del Puer, mentre quelle caratterizzate da capacità di responsabilità che permettono la realizzazione e il mantenimento, come la figura del re, sono legate all'archetipo del Senex.
Questa dualità si incontra spesso nella letteratura e nella mitologia, come. ad esempio, nella coppia Lancillotto/Re Artù, dove il primo incarna il fascino del "tutto è ancora possibile", del "sono pronto a tutto" e il secondo quello del "non ho rimpianti per le altre infinite possibilità a cui ho rinunciato perché è questa quella che amo e voglio realizzare".
 
La combinazione sterile
Se una creativa e sensata integrazione dell'aspetto Puer e Senex è garanzia di una vita ben giocata, è altrettanto vero che la mancata integrazione di questi due aspetti o il loro squilibrio è garanzia di stallo e sterilità.
Vediamo innanzi tutto com'è facile la degenerazione delle caratteristiche Senex che sono i punti di forza della figura del re o del vecchio saggio. Il senso di realtà, l'esperienza e la capacità di vedere le cose per come sono possono, infatti, portare verso una condizione di cinismo, di disillusione e disincanto con sfiducia in ogni possibile cambiamento o ideale. Il risultato è la figura del vecchio re o del vecchio padre castranti.
Micheal Douglas in Wall Street di Oliver Stone oppure Paul Newman in Mr. Hoolahop dei fratelli Cohen - due ruoli di esperti e cinici affaristi - incarnano perfettamente la degenerazione dell'aspetto Senex in cui la freddezza e il distacco, che permettono al re o al saggio di vedere con lucidità, qui degenerano in una personalità gelida e distante.
Quel che si perde, in questo caso, è la soddisfazione legata agli aspetti caldi della propria vita e del proprio lavoro. Questa perdita, e l'assenza di percezione dell'aspetto trascendente, portano generalmente a due forme apparentemente opposte di reazione.
Nella prima, la vita e il lavoro, ormai del tutto contingenti e privi di aspetti trascendenti, perdono completamente di significato e motivazione e questo si esprime in una forma di tipo depressivo.
Nell'altra, che in realtà non è che depressione mascherata, la perdita di significato viene compensata con una sopravvalutazione di un aspetto, ad esempio la ricchezza o il potere. Anche in questo caso, la degenerazione dell'aspetto Senex è ben rappresentata, nella letteratura e nella mitologia, come nell'Uncle Scrooge di Dickens (poi ripreso efficacemente dal Paperon de' Paperoni di Disney) o nella figura di Saturno che si mangia i suoi figli.
Saturno presenzia alla nascita per poter mangiare il nuovo nato. "Così tutto ciò che di nuovo viene alla vita può diventare cibo per il Senex e le vecchie abitudini e attitudini assimilano ogni contenuto nuovo; eternamente privo di cambiamento, (il Senex) si mangia tutte le proprie possibilità di cambiamento" (J. Hillman)
E' il caso del dittatore o del vecchio potere che sotto la pressione popolare lascia il posto ad una nuova forma, ma col vecchio contenuto; è "il tutto cambia affinchè nulla cambi" del Gattopardo; è la provocazione creativa del giovane scrittore, cantante, comico o regista che vengono "comprati" dal nuovo editore o produttore e messi sotto contratto plurimiliardario e pluriennale che ne spegne la freschezza, e l'autenticità per trasformarli in una macchina da soldi. Così molti artisti di vari campi si lasciano comprare, incapaci - più o meno in buona fede - di distinguere fra l'aspetto fertile del Senex, il mecenatismo che protegge, e quello castrante e divoratore che invece di nutrire e proteggere il talento lo "brucia" per troppa fretta (come accade a molti giovani sportivi) o per eccesso di esposizione (come capita a scrittori o attori) o per supersfruttamento come succede a registi e comici costretti a rispettare ritmi e scadenze mortali per la loro creatività.
Essere comprati o essere onorati
Un'altra dinamica che può essere letta in quest'ottica di Senex che, invece di proteggere, si vende o si compra il Puer è la trama di prostituzione.
A definire una trama di prostituzione non è tanto il fatto di comprare o vendere. Come afferma un vecchio detto americano, che è anche il titolo di un articoletto che troverete più avanti, "Non esistono pranzi gratis". Non per sfortuna, ma perché non esiste transazione che a qualche livello non sia di fatto uno scambio. Anzi pagare - con il denaro o con il senso di gratitudine che proviamo - è un onorare ciò che riceviamo: da qui il termine "onorario".
Quindi non è nel pagare che sta il problema; tanto è vero che nell'antichità esisteva la figura della "prostituta sacra", cioè della persona che viveva il proprio ruolo come missione, come servizio: caratteristiche proprie del Puer che tengono in contatto col numinoso, col divino, col significato. La prostituta sacra non vendeva la propria anima e quindi manteneva quella scintilla interiore che le dava vitalità.
Non altrettanto si può dire di chi vende la propria dignità per una qualsiasi contropartita. Anche in questo caso non è ciò che fa - ad esempio portare la borsa a qualcuno - ma dello spirito con cui lo si fa. Non sono i ruoli o le azioni ad essere umilianti di per sè, ma l'attitudine con cui noi li copriamo. Il Senex, fine a se stesso, come Saturno, tollera solo un'ottica in cui si compra o si è comprati perché questo è garanzia di status quo, di mantenimento delle condizioni precedenti, di ripetizione, che sono caratteristiche proprie del Senex. Mentre la scintilla di anima che l'elemento Puer introduce nel sistema, se non viene spenta subito, porta sempre e comunque ad un cambiamento.
 
Aprire gli occhi
E' facile immaginare il crollo energetico che si verifica nell'animo di un lavoratore quando scopre che il suo talento, la sua passione, i suoi sacrifici vengono valutati da chi tira le fila della società esclusivamente in termini di reddito. Ancora oggi in molti ambienti di lavoro qualità come il senso di appartenenza, l'altruismo, la responsabilità, l'onestà, la trasparenza, l'affettività vengono introdotte e sostenute non come valori in sè, ma in quanto strumenti per ottenere maggiore produttività e quindi maggior profitto. Tuttavia l'operazione di ridurre tutta la "calda" e variegata complessità dell'essere umano e del suo agire a pochi sopravvalutati parametri, non si può spiegare se non in termini di depressione mascherata.
Il gioco "bado solo al profitto" è l'ultimo appiglio per non cadere nella depressione che affiora in mancanza di anima. Chi ha perso tutto, e non è stato in grado di affrontare il dolore del lutto e della perdita, si attacca a ciò che può. Chi approfitta delle grandi tragedie per proprio tornaconto - come chi va a rubare, nelle case lasciate vuote, i beni di chi è dovuto fuggire a causa di una guerra o di una catastrofe naturale - non è un "furbo", è solo un sopravvissuto a quella o ad un'altra tragedia. Non avendo saputo elaborare e integrare il trauma, dedica tutta la sua attenzione a raccogliere le briciole per cercare di dare alla propria vita un senso e una motivazione che gli permettano di sopravvivere.
Il Senex cinico non è altro che un Puer deluso e ferito che non è riuscito a portare i propri ideali e valori nella realtà; a reggere il dolore che ci invade ogniqualvolta la realtà non corrisponde all'immagine che ne avevamo.
Elaborare il dolore di questa constatazione permette di migliorare e rendere più realistica la mappa della realtà. E, quasi sempre, vince chi ha l'immagine più realistica perché vede e tiene conto di fattori che l'idealista non riesce a mettere a fuoco.
Un'immagine semplificata di questo aspetto è Tucker, il personaggio interpretato da Jeff Bridges nel film omonimo. Tucker è un idealista che sogna un'auto rivoluzionaria. E' un personaggio tipico propulso da un'energia di tipo Puer che fallisce perché "deluso" invece che "istruito" dalla realtà in cui si muove. Come nell'esempio di Leonardo è la progressiva integrazione dell'aspetto Senex, e della sua regolatezza, che permette alla genialità del Puer di aver successo nella vita e di realizzare i suoi sogni.
Questa è la differenza vera fra i grandi sognatori che, profondamente Puer, realizzano i propri sogni - come ad esempio Adriano Olivetti o Steve Jobs - e quelli che rimangono grandi sognatori e basta.
Dopo tutto, per realizzare i propri sogni, non si è ancora trovato un modo più semplice e rapido del cominciare ad aprire gli occhi.
 
jader tolja
 
dal n° 2 della pubblicazione H'Q
 
Il termine entusiasmo
deriva dal greco en-theos,
che letteralmente significa
"avere Dio dentro"
I. Tsuda
 
L'aspetto PUER
All'aspetto Puer appartiene la percezione del senso del proprio destino e della propria missione, dell'essere portatore di un messaggio e dell'intendere se stessi come strumenti del divino e dell'universo. Contiene aspetti di innocenza e di purezza; è il richiamo della persona alla propria anima, al sè profondo. L'aspetto PUER ci offre un collegamento diretto con lo spirito. Ovunque compaia porta un messaggio di significato, una costante dinamica di ricerca, di domanda, di avventura che "strappa" la persona da ciò che è dietro e la spinge avanti. Tutto può essere messo in discussione e questo apre l'anima verso ulteriori ricerche e viaggi.
 
Libertà
è potersi scegliere
il proprio carico
H. Menuhin
 
L'aspetto SENEX
Le caratteristiche dell'aspetto Senex sono invece l'esperienza, la percezione delle cose così come sono. E' il senso dell'ordine e della struttura, del metodo e della lentezza; così come l'abitudine, la memoria, la ripetizione, la continuità. Il Senex è il potere nel senso della possibilità e capacità di fare e di realizzare.
 
Il cinico è una persona
che conosce
il prezzo di tutto
e il valore di niente
O. Wilde
 
La trama di prostituzione
Questo tipo di relazione è molto frequente nel mondo del lavoro. Chi detiene il potere automaticamente gestisce anche il denaro che intercorre nelle prestazioni di lavoro e può portare facilmente i suoi sottoposti in questa "trama" .
La dinamica è quella di comperare l'altro, la sua prestazione, senza alcun rispetto per la sua sensibilità, il suo modo di pensare o altro, con l'alibi che "tanto tu sei pagato per farlo e non ti puoi rifiutare, anzi devi mostrarti contento".
E' la stessa trama che sta dietro alle molestie sessuali sul luogo di lavoro tanto frequenti, ma è anche la stessa trama del cameriere che con insistenza ti chiede la mancia per essere stato gentile o sollecito (potremmo dire "untuoso"). Si tratta di umiliazione, cioè di mancanza di rispetto sia in chi la attiva, sia in chi la subisce, perché in tal caso manca di rispetto per se stesso.
In famiglia tale situazione si presenta quando il figlio/a impara a fare il "ruffiano" per conquistarsi un regalo o una mancia in più, oppure il genitore promette soldi in cambio di obbedienza, buoni voti a scuola, ecc.
I. di Carpegna
 
La maturità è un'infanzia riconquistata,
in cui gli ideali iniziali, o persino i sogni,
sono stati integrati nella vita reale
J. Hillman
 
La trama di cooperazione
Quando i banchieri, gli alti prelati e i capi delle grandi corporazioni fiorentine decisero di fare di Firenze la più bella città della Cristianità non si limitarono a pagare gli artisti aspettando passivamente e lasciandoli fare, ma parteciparono attivamente al processo di incoraggiamento, valutazione e selezione delle opere che volevano vedere realizzate. E fu il profondo interesse e il coinvolgimento di tutti i fiorentini - eminenti cittadini e gente comune - a spingere gli artisti a superarsi e a creare opere che sono andate oltre i loro precedenti limiti.
M. Csikszentmihalyi