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Umbria, l'energia dei monti Martani

di Gian Luca Diamanti - 01/02/2006

Fonte: montimartani.it


C'è vento sulla cima di monte Torre Maggiore. Non sempre, ma ogni tanto c'è
vento. Ci sono anche i resti di un tempio di duemilacinquecento anni fa:
pietre squadrate che disegnano le geometrie sacre degli antichi umbri e poi
dei romani, conquistatori pure qui. In piedi, sulla soglia d'ingresso del
recinto, con un solo sguardo s'abbraccia tutta la catena dei Martani. Trenta
chilometri, fino a Monte Martano, a Nord, con la sua corona di ferro fatta di
ripetitori e antenne. In mezzo i crinali, le cime, le gobbe ricoperte di
verde, di lecci e di prati. Morbide e sinuose. Familiari. Si gioca a
riconoscerle, a nominarle a ricordare passaggi e sentieri, chiese e abbazie
nascoste a chi non indossa gli scarponi da montagna, o a chi non ha da badare
a vacche e pecore. Facile lasciarsi andare all'immaginazione. Difficile,
ormai, mettere da parte gli incubi. Come quello di vedere l'intera dorsale
dei Martani infilzata da decine di pali d'acciaio alti 50 metri, con enormi
eliche. E sì che queste montagne hanno resistito a tanti attacchi: il
cementificio di Acquasparta, l'elettrodotto di Cesi. Ora però il pericolo è
più subdolo.
Il progetto di un parco eolico. Un'idea che a nominarla non può che piacere a
tutti. Energia da fonte rinnovabile, il vento, inesauribile e non inquinante.
Roba da ecologisti, addirittura. Perché per una società come la nostra c'è
qualcosa di più importante che produrre energia senza inquinare? Forse sì!
C'è la difesa del nostro paesaggio.
E della sua essenza selvatica.
E della cultura che ci lega a questi panorami. Ma non è una cosa facile da
spiegare e non è nemmeno un concetto molto popolare. Gary Snyder, profeta
dell'ecologia profonda, troverebbe forse le parole giuste. Lui dice che la
natura non si può sfruttare impunemente, ma non è neanche un semplice posto
da visitare, tantomeno un museo. E' casa nostra.
I grandi mulini a vento dei parchi eolici non producono fumi, non ci fanno
venire malattie. Ma cambiano l'aspetto di casa nostra. E quindi cambiano
anche qualcosa dentro la nostra testa. Rompono un equilibrio che è già sul
filo di un rasoio. Il fatto è che l'energia che si può produrre sulle cime di
quelle montagne non è solo quella eolica da trasformare in kilowattore. C'è
un'altra energia che non si misura e non si vende. Un'energia che i grandi
piloni dei moderni mulini distruggerebbero per sempre. Quella che la bellezza
e l'armonia di un paesaggio trasmettono agli uomini che ci vivono dentro a
quel paesaggio o che semplicemente vi transitano. I Martani di questa energia
ne hanno davvero tanta. Siamo così sicuri di poterne fare a meno? E
rinunciare ad un paesaggio che da secoli ha attirato come un magnete artisti,
santi, viaggiatori.
Prima di montare i pilastri è forse bene discutere come utilizzare al meglio
tutta l'energia dei Martani, non solo quella eolica. Magari attraverso un
diverso approccio ai modelli di sviluppo di un'area come questa.