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Grilletto facile per "liberatori" sanguinari

di Antonella Vicini - 30/07/2008

 

Grilletto facile per liberatori sanguinari



Si chiamano “danni collaterali”, ma sono violazioni ordinarie nei confronti dei civili nei conflitti armati di cui l’esercito Usa – o chi per loro - ha esperienza da esportare, insieme alla “democrazia”.
L’Afghanistan è uno dei terreni privilegiati per mettere in pratica questa abilità, tanto che proprio nel mese di giugno le Nazioni Unite hanno diffuso un rapporto in cui si delinea la crescita esponenziale delle morti dei civili dall’inizio dell’anno, con una crescita del 62 per cento rispetto al 2007 (circa 500 i morti sotto le “bombe intelligenti”) e un picco di 250 vittime nei primi sei mesi del 2008.
L’ultimo episodio del genere, reso noto dalle forze della coalizione ieri, risale a domenica scorsa ed è firmato questa volta dai militari canadesi Isaf che operano nella provincia di Kandahar, nel sud dell’Afghanistan. Quegli stessi soldati che hanno più volte minacciato di abbandonare la zona troppo pericolosa se non fossero giunti altri alleati con cui condividere “oneri e onori” della guerra.
A fare le spese di questa situazione sono stati in questo caso due bambini di quattro anni – fratello e sorella - che viaggiavano a bordo di un’automobile colpevole di non essersi fermata ad un posto di blocco: entrambi sono morti dissanguati, crivellati di colpi, mentre l‘uomo che era alla guida è rimasto gravemente ferito. Questa la versione ufficiale del comando centrale della Nato che ha deplorato e giustificato l’ennesima barbarie con il mancato stop al check point presidiato da due soldati di Ottawa.
In un comunicato dell’International Secu-rity Assistance Forces si spiega, infatti, che i militari hanno dichiarato di avere sparato “contro un’auto, che viaggiava in maniera minacciosa e ha ignorato gli avvertimenti” dopo i “segnali con mani, con le braccia e i segnali audio”. Una dinamica non nuova ai soldati Nato che il giorno prima, nel distretto di Sangin, nella provincia di Helmand, avevano causato la morte di altri quattro persone ad un altro posto di blocco, con una variazione su tema: l’assassinio in questo caso porta infatti la sigla dei soldati della Regina. Nelle stesse ore, altri tre civili erano morti sotto un bombardamento dell’artiglieria Usa nella provincia orientale di Paktika, mentre nove agenti di polizia afghani erano stati uccisi “accidentalmente” in un bombardamento aereo statunitense nella provincia occidentale di Farah, sotto comando italiano.
Andando a ritroso di una settimana, troviamo ancora “danni collaterali” sempre nella provincia di Farah - 13 tra soldati e civili afghani morti in due diversi episodi - che danno la misura dell’entità che ha assunto la missione “pacificatrice” o “liberatrice”, mentre l’Alleanza Atlantica e gli Stati Uniti – tra cui anche il candidato democratico alla Casa Bianca Barack Obama- continuano a chiedere aiuti in uomini e mezzi fra gli alleati e a stanziare fondi per portare a compimento l’opera e mentre l’amministrazione Bush sta valutando lo stanziamento di 230 milioni di dollari per l’ammodernamento della flotta di caccia F-16 delle forze aeree pachistane, incaricate di agire al confine afghano contro i talibani. Il segnale chiaro è che gli alleati, oltre a deplorare gli incidenti e a chiedere di evitare vittime tra la popolazione (come fatto ieri dall’Isaf), non sembrano affatto intenzionati a modificare le proprie strategie militari assassine.