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Sangue a Istanbul e tradizioni golpiste

di Aldo Braccio* - 31/07/2008



Chi ha compiuto la strage di Istanbul – a oggi, 18 morti e un numero impressionante di feriti? Tutte le ipotesi, naturalmente, sono ammissibili fino a prova contraria, e allora è forse bene – in questo momento - astenersi dal caldeggiarne alcune al posto di altre.

In base a esperienze storiche si può ritenere che un attentato del genere – eseguito fra l’altro secondo modalità particolarmente feroci e disumane – possa avere una funzione più stabilizzatrice che destabilizzatrice del potere istituzionale. Ma – qui è il punto – di quale potere, oggi in Turchia ?

In questo paese è in atto, come più volte sottolineato, un braccio di ferro estremo e per molti versi drammatico tra un governo regolarmente eletto (e anzi indiscutibilmente sostenuto da un vasto consenso elettorale) e un apparato giudiziario-militare che a questo governo si oppone, ripromettendosi la sua messa fuori legge in nome della tolleranza e dei principi di laicità della repubblica!

Sembra che la decisione della Corte costituzionale circa la messa al bando dell’AKP sia imminente – forse addirittura nei prossimi giorni, contrariamente alle prime previsioni che la davano per settembre – e che i giurati stiano compiendo un vero tour de force, con sedute di 12 ore di lavoro al giorno.

Vi è invece un’altra inchiesta che la decisione della suprema Corte sta ponendo in secondo piano: il caso Ergenekon, ovvero il presunto tentativo di colpo di Stato da parte di ambienti militari – un’inchiesta su cui praticamente nulla trapela, ma che è abbastanza rivelatrice della guerra dei nervi cui viene sottoposta la classe politica in Turchia.

Dunque, il potere reale nel paese sta pericolosamente scivolando verso uno sfuggente apparato giudiziario-militare che si contrappone alla legittima autorità politica: ciò in perfetta corrispondenza agli interessi euroatlantici (e non europei) che da anni spingono per un riallineamento completo della Turchia alla politica dell’”Occidente”.

Gli ambienti neocons americani si sono in merito espressi con la consueta chiarezza: Frank Gaffney, Daniel Pipes e Michael Rubin hanno paragonato il primo ministro Erdoğan a politici esposti nel “cattiverio” politicamente corretto quali Jorg Haider e Jean-Marie Le Pen, per non parlare di Vladimir Putin e di … Osama Bin Laden!
Richard Perle, personalità di spicco del Gruppo consultivo di difesa turco-statunitense (1986) e vero architetto – negli anni Novanta – dell’alleanza strategica turco-israeliana, già un anno fa aveva lanciato un chiaro segnale di avvertimento- nel corso di un incontro al Nixon Center di Washington era giunto ai militari turchi il suggerimento di mettere fine al “pericoloso” governo a guida AKP: “Lo sforzo delle forze armate turche di influenzare (sic) la situazione politica corrisponde alla tradizione turca”, era stata la conclusione, rivolta in particolare ai generali dőnme di Ankara.

Per qualcuno, le bombe potrebbero funzionare da scorciatoia, rientrando anch’esse nella “tradizione turca”?


* Aldo Braccio, geopolitico, esperto di Turchia, è redattore di Eurasia. Rivista di studi geopolitici