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La pillola della felicità

di Carlo Gambescia - 01/08/2008


Alcune notizie lasciano di sasso. Sarebbe in arrivo una specie di "pillola della felicità"... Secondo un articolo apparso sulla rivista “Neuron" (
http://www.neuron.org/content/article/abstract?uid=PIIS0896627308005710 ) e ripreso e commentato sul quotidiano "La Stampa”:

“Gli studiosi dell’Università della California a Irvine e di Münster in Germania si sono concentrati sulle funzioni di una proteina chiamata neuropeptide S, scoprendo che è coinvolta nella cancellazione dei ricordi stressanti grazie all'influsso su alcuni neuroni che ne immagazzinano le immagini nell’amigdala. Quest’ultima è l'interruttore delle emozioni. Dopo un evento traumatico, nel cervello entrano in gioco corteccia prefrontale, amigdala e ippocampo, ma l'epicentro è proprio l'amigdala, nella profondità del lobo temporale. Il neuropeptide S è la staffetta delle emozioni: porta l'esperienza traumatica dall’amigdala all'ippocampo, scatola nera nella quale sono archiviate le esperienze, rimosse con la dimenticanza o riemergenti nella memoria attraverso i flashback. Il trauma è un fermo immagine che all'infinito si ripropone, richiamando l'episodio all'origine del brutto ricordo. Gli scienziati hanno sperimentato sui topi la possibilità d'impedire la consegna del «souvenir » cattivo da parte della staffetta biologica. Emozioni e memoria abitano nel cervello emotivo: viaggiano insieme e vengono depositate una accanto all’altra. Un farmaco ben congegnato potrebbe selezionare i ricordi da conservare e quelli da non registrare. Con effetti sorprendenti. ”
(
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/societa/200808articoli/35316girata.asp)

Tradotto: di qui a qualche anno potrebbe essere prodotta e messa in vendita una pillola capace di cancellare i brutti ricordi e renderci così felici per sempre. Insomma, una pillola in grado di aiutarci a vivere “serenamente”. Per potere produrre e consumare in santa pace e con grande soddisfazione dei padroni del vapore.
Ora, un uomo privo si ricordi, e dunque privo di una storia personale, buona o cattiva che sia, è ancora un uomo? Crediamo proprio di no. E facciamo perciò seguire alcune osservazioni, come dire, di "buon senso" sociologico.
In primo luogo, il ricordo, anche se cattivo, aiuta in qualche misura il singolo a non ripetere per quel che è umanamente possibile, gli errori individuali che, eventualmente, hanno favorito e/o accompagnato la dinamica sociale di esplicitazione del male.
In secondo luogo, una vita segnata da ricordi (parziali: solo buoni o solo cattivi), è una vita dimezzata. E tutto sommato falsa e artificiale. O se si preferisce: di plastica. L’uomo non è nato per soffrire, ma non è neppure venuto al mondo per godere. Dolore e gioia sono componenti “normali” dell’esistenza. E vanno accettate in quanto tali.
In terzo luogo, la cognizione del male, può peggiorare come migliorare il carattere individuale. E può rafforzare o allentare i legami sociali. Mentre restano tuttora ignoti i reali effetti di ricaduta sulla società e sull’individuo dell’assenza nel singolo di una cognizione del dolore e del male. E lo stesso discorso può essere esteso alla cognizione del bene.
Ci siamo limitati solo ad alcune possibili conseguenze. E non abbiamo volutamente affrontato il ruolo creativo, in termini di ricaduta individuale, del dolore e del male nell’ arte, nella letteratura e nella scienza. Quasi tutte le vite dei grandi artisti, poeti, letterati e scienziati sono state spesso segnate da eventi dolorosi. Esilio, gravi malattie, perdite di congiunti, eccetera.
Auguriamoci perciò che la “pillola della felicità” resti solo un gioco di scienziati. Anche se non ne siamo molto sicuri. Purtroppo.