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Senza fare nulla, Bashar al-Assad diventa un pilastro del Medioriente

di Robert Fisk - 18/08/2008




Il presidente Bashar al-Assad è sempre più uno dei "tre pilastri" del Medio Oriente. Ciò può non piacerci. George Bush può maledire il giorno in cui la sua invasione dell’Iraq ha aiutato a puntellare il potere del Califfo di Damasco. Ma l’ultimo viaggio di Assad a Tehran – solo tre settimane dopo aver brindato alla disfatta del Re di Francia accanto al presidente Nicolas Sarkozy – sigilla il suo posto nella storia. Senza sparare un colpo, Assad ha chiarito che chiunque voglia qualcosa in Medio Oriente deve parlare con la Siria. Non ha fatto niente – e ha vinto.

Agli europei piace pensare – o, almeno, a Sarkozy piace pensare – che Assad fosse a Tehran per convincere il presidente Ahmadinejad ad abbandonare il nucleare. Anche la Sana, l’agenzia stampa ufficiale della Siria, è stata piuttosto franca su questo punto. Lo scopo della visita di Assad era "consultare (Ahmadinejad) sulla questione nucleare e sul diritto degli Stati all’arricchimento pacifico (dell’uranio)" e "scambiare idee volte a far chiarezza sull’impegno dell’Iran riguardo a tutti gli accordi internazionali". Assad era l’uomo di punta di Sarkozy.

Ne è seguito l’inevitabile. Il presidente Ahmadinejad ha espresso la sua convinzione che solo la diplomazia possa salvarci dal pasticcio nucleare, lasciandoci con la dichiarazione di Assad a Sarkozy il 12 luglio. Alla domanda se gli iraniani stessero tentando di sviluppare una bomba nucleare, Assad ha detto al presidente francese di aver posto la domanda agli iraniani, e che loro avevano risposto negativamente e per lui questo era sufficiente.

Quello che è interessante è che Assad probabilmente ci crede. Di fatto, può essere vero. Tutte le persone le conosce sulla fiducia (o sulla mancanza di essa), e la principale conquista di suo padre in politica estera è stato probabilmente il mantenimento di relazioni tra Siria e Iran. A fronte di ogni appello per abbandonare Tehran, egli si è rifiutato. I colloqui del più giovane Assad con Israele attraverso la Turchia hanno suggerito a Washington che egli potesse stare abbandonando l’Iran e che la restituzione del Golan valesse di più per Bashar al-Assad che il ruolo onnicomprensivo di portalettere di Tehran. Non è stato così.

Per questo motivo Assad era a Tehran questo fine settimana, a lodare le relazioni reciproche tra Iran e Siria e parlare con Ahmadinejad della “cospirazione" israelo-statunitense. Il recupero da Israele di prigionieri di Hezbollah – sostenuto dalla Siria -  in cambio delle spoglie di due soldati israeliani morti, è stato descritto da Assad come "una delle conquiste della resistenza". Cosa che, in qualche modo, è stata. Gli alleati di Hezbollah nel governo libanese adesso hanno il diritto di veto sulla maggioranza di governo, e il potere di Damasco è tornato a Beirut senza il costo di dover spedire un solo soldato siriano.

In altre parole, la Siria ha mantenuto la calma. Quando gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq, il mondo si è chiesto se i suoi carri armati avrebbero svoltato a sinistra verso Damasco o a destra verso Tehran. Di fatto, essi giacciono ancora nel deserto iracheno, dove i generali Usa tuttora accusano l’Iran e la Siria di incoraggiare la rivolta contro di loro. Se Washington vuole lasciare l’Iraq, può chiamare in aiuto Damasco.

E il costo reale? Gli Stati Uniti dovranno ristabilire relazioni stabili con la Siria. Dovranno continuare a parlare con l’Iran. Dovranno ringraziare l’Iran per il suo "aiuto" in Iraq – gran parte dei membri del governo iracheno, dopo tutto, sono stati educati nella Repubblica islamica durante la guerra Iran-Iraq in cui gli Usa stavano dalla parte di Saddam. Dovranno accettare che l’Iran non sta costruendo una bomba nucleare. È dovranno impedire che Israele avvia un bombardamento spettacolare sull’Iran che distruggerebbe ogni speranza statunitense di mediazione. E dovranno anche lavorare per una pace giusta per il Medio Oriente. McCain o Obama, prendete nota.

E i tre pilastri? Bene, uno è Assad, naturalmente. Il secondo è quel pazzo di Ahmadinejad. E il terzo? Una volta era il presidente Bush. Chi prenderà il suo posto? Il presidente Assad devi essersi gustato il suo caviale iraniano.

The Independent

(Traduzione di Carlo M. Miele per Osservatorio Iraq)

L’articolo in lingua originale