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Evo Morales si conferma presidente della Bolivia

di Enea Baldi - 18/08/2008

 

Evo Morales si conferma presidente della Bolivia



I mandati del presidente della Bolivia, Evo Morales e del suo vicepresidente Álvaro García Linera, sono stati riconfermati grazie al voto referendario di domenica scorsa. I risultati, ancora ufficiosi ma molto attendibili, danno la vittoria dei “sì” di almeno il 66% ( una percentuale più alta rispetto alle presidenziali del dicembre 2005, in cui Morales fu eletto al primo turno) rispetto ai “no”. I risultati dello stesso referendum riconfermano anche i quattro governatori dei dipartimenti della cosiddetta “Mezza Luna”, ovvero, Santa Cruz, Beni, Pando e Tarija che alcuni mesi fa avevano organizzato consultazioni locali (non autorizzate dalla Corte Elettorale boliviana) sull’autonomia dei loro territori, fermamente contestati dal governo di La Paz.
“Alle 20.30 di questa domenica, secondo la nostra dimostrazione statistica nazionale, i risultati riferiti al Referendum revocatorio del mandato presidenziale, ci permettono di stimare i seguenti risultati: a beneficio del ‘sì’: 66 percento; a beneficio del ‘no’ 34 percento”, segnala la nota di stampa di “Bolivia Transparente” (l’iniziativa cittadina di osservazione elettorale) chiarendo che tali percentuali sono indicative a livello nazionale, e rispetto alla consultazione sulla continuità dei prefetti questa entità stabilisce che i dipartimenti in cui ha vinto il ‘sì’ sono: Beni 64%; Pando 59%; Potosí 73%; Santa Cruz 66%; Tarija 61%. Quelli invece dove è prevalso il ‘no’ sono: Cochabamba 63%; La Paz 64%; Oruro 51%.
Il voto si è svolto regolarmente, sotto l’occhio di circa trecento osservatori internazionali. L’unico incidente rilevante si è registrato a Yucumo (Beni), dove è scomparso il materiale necessario alla votazione. Nel complesso, degli otto prefetti, i quattro principali oppositori di Morales, Ruben Costas (Santa Cruz), Ernesto Suarez (Beni), Leopoldo Fernandez (Pando) e Mario Cossio (Tarija), hanno ottenuto un largo consenso. Due sono invece i governatori che dovrebbero lasciare il loro incarico, Manfred Reyes Villa (Cochabamba), l’unico che si era rifiutato di riconoscere il valore della consultazione prima del voto, e Josè Luis Paredes (La Paz).
Gli ultimi due, Alberto Aguilar (Oruro) e Mario Virreira (Potosì), vedono ancora incerto invece il loro futuro. Per loro potrebbe infatti essere determinante l’interpretazione data da governo e Cne (Corte nazionale elettorale) alla soglia minima dei voti necessari per ottenere la conferma. Secondo la legge approvata dalle due Camere infatti per perdere il proprio incarico gli eletti avrebbero dovuto ottenere una percentuale di voti contrari superiore a quella dei consensi registrati nella precedente consultazione, mentre la Corte nazionale sostiene che la soglia sarà quella del 50 per cento più uno.
Anche se il conteggio definitivo si avrà solo tra qualche giorno, i primi dati forniscono un quadro abbastanza chiaro: il Paese è spaccato in due e il rischio che questo paralizzi qualsiasi processo decisionale, o porti a un’inevitabile e pericolosissimo muro contro muro, è molto alto. Primo presidente indigeno di un paese in cui la maggioranza della popolazione è di etnia aymara o quechua, Morales (lui stesso un aymara), sta tentando di gestire al meglio – superando la condizione di grande povertà della maggior parte dei suoi cittadini, un paese diviso tra le province povere dell’ovest e i territori orientali ricchi di risorse, soprattutto idrocarburi ma anche foreste. Nel braccio di ferro in corso tra queste ultime e il presidente, di grande importanza è anche una nuova Costituzione che Morales intende far approvare per un riequilibrio socio-politico del paese verso la parte indigena, la più sofferente della popolazione. Il presidente boliviano ha già indirizzato un nuovo invito ai governatori “ribelli” per la ricerca di intese rispetto al progetto di nuova Costituzione; i primi segnali provenienti dal fronte che gli si oppone, insieme agli scontri dei giorni scorsi dove hanno perso la vita due minatori, sembrano indicare però la possibilità che stia per aprirsi una fase del confronto ancora più dura.